Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931

724 U. Ojetti - .Lettera a Emilio Bodrero per -la sua abdicazione taneve anni, qua,ndo venne a morte, lavorava alla.cappella dt{ Pazzi e alla, cupola di ,Santa Maria del Fiore e, se uno l'avesse ammonito che la sua esperienza era p~i giovani senza valore, sarebbe scoppiato a, ridere come se un manova1e gli avesse proposto di salir sui ponti della fabbrica i piedi a,vanti e 1~ testa in giù. È che, se non sbag'lio, tu scambi l'atto con la possibilità dell'atto; e certo chi ha anc6ra, cinquant'anni eia campare, ha più tempo e occa-• sioni per fare bene di chi non ne ha più che dieci o venti. Tu j.nsomma adori il punto interrogativo. Quello che invece importa, è soltanto, l'atto; e un dipinto di Tiziano a novant'anni mi piace più degli eterni tentativi di certi giovani pittori e scrittori d'oggi che, a forza d'es– sere giova,ni e niente altro, sono già sui quaranta ·e i cinquanta e noi s'aspetta 1 s'aspetta, s'aspetta, noi1 dico il capolavoro, ma un'operella punchessia da poter lodarè toto corde, e l'operella non viene e s"Onosem– pre bizze e vagiti. Tu dici: << È hn linguaggio che noi non comprendiamo - più ii. Ma no, caro Bodrero, non ti stillare il oervello: sono vagiti. Di gi9vani, invece, dei quali tu ed io e tutti i nostri coEJtanei con ab– bastanza cuore ed intelletto possiamo capire, ammirare e godere le opere, e ammirarle e goderle non con paterno sussiego ma fi'.aternarnente e cor– dialmente, a, tu per tu, ritrovando in esse il segno dei tempi nuovi, delle nuove speranze e anche delle nuovEJansie di questo mondo in tumulto, - di siffatti giovani, dico, ve n'è in Italia molti e molti. Ed è un gusto di– scutere con loro, aiutarli, se si può, a migliorarsi, ad approfondirsi,. ai farsi avanti; e dalla 101:0 sicurezza che d'anno in anno si fa più esperta e arriva anche a saper dubitare e titubare appena essi vedono che dura impresa, specie al tempo d'oggi, sia l'arte, anche. nof possiamo trarre calore e conforto: il conforto di sapere che la vita continua e che, se noi si muore, non morirà mai l'arte nostra. Per quel poco che mi riguarda, io so che da giovane preferivo ragionare con chi era più vecchio di me; e da uomo maturo, niente m'è caro qua:ç.to ragionare con chi è più giovane. Ohe è come dire che mi piace viaggiare le terre che non conosco e con– frontarmi con chi è diverso da me. Ma han da essere terre sode e uomi,ni vivi, non: fantasmi di terre, ombre d'uomini, palazzi di nuvole e pr'O– messe d'avvenire: vagiti, come sopra si di<:c,eva. Per concludere, amico mio, lodiamo pure i giovani, esaltiamo l'ado- · lescenza, adoriamo estatici magari la puerizia. Ma aspettando gli effetti di queste tante lodi e ammirazioni che sono di moda (ma lo sono un poco meno di ,cinque o dieci anni addietro), vorrei ci J'icorda,ssimo che gli uomini i quali hanno rinnovato il mondo, sono sempre usciti da scuole dove i c~prioci e gl'impeti della giovinezza erano corretti e frenati, e non i ragazzi agli uomini, ma ai ragazzi si davano per modello gli uomini e le loro stabili e pr'ovate virtù. La vite s'è sempr~ appoggiata all'olmo, non l'olmo alla vite. Insomma, io non abdico. Forse m'è facile perché fortunatamente· io · non bo troni; e così Dio mi conservi, gomito a gomito coi miei simili, giovani o vecchi, amici o nemici, che lavorano e credono n~l proprio lavoro, come fino all'altro giorno credevi tu. Di questi amici, lo sai, tu sei tra i più cari. . . UGO 0JETTI. BibliotecaGino Bianco

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