Pègaso - anno III - n. 8 - agosto 1931

SETTIMANALI. Viaggiare e descrivere. 5 luglio. Le descrizioni e i diari di viaggio dovrebbero essere pub– blicati dopo la morte dello scrittore, e anche ,II\olti anni più tardi, quando la faccia del mondo fosse mutata. Allora le descrizioni apparirebbero sempre veritiere e somiglianti. Lo stesso è dei ritratti. Finché vive H ritrattato, v'è sempre chi trova il ritratto pòco somigliante. Morto il ri– trattato e, meglio, morti tutti che l'hanno conosciuto,, un ritratto ben dipinto diventa in eterno ,somigliante. L'arte, pittura o scrittura, finisce per avere sempre ragi_one della confusa e mutevole vita: è il frutto d'una scelta e dura di più. · · Il favore insomma, dei cittadini per le descrizioni della loro città è in ragion diretta della distanza nel tempo. A secoli di distanza anche una, caricatura piace; se non, altro, ci p,rova che la nostra città s',è fatta, - merito nostro, più bella e più buona. La descrizione ;più rosea tracciata invece da un contemporaneo dispiace, quasi che lo scrittore ci creda dei gonzi capaci di cedere all'adulazione; e non si protesta collettivam~nte e pubblicamente solo per non mostrare di dar troppo peso all'intruso. Quel che più ci colpisce, è la ,superficialità dei giudizi. Lo scrittore non ha veduto questà casa, quel monUJ1Uento,questa processione, quell'ospedale esemplare; ha parlato di Tizio che è in rotta col potdestà e ha, taciuto del podestà; ha pranzato in quella trattoria che orm3ii è fuor di moda, e,non è andato alla messa delle undici e mezzo che raduna il fior fiore dei cit– tadini; s'è occupato del popolo e non della, nobiltà, o viceversa; ha detto che dal fiume alla, torre corre un miglio, IIllentre ognuno sa che corre solo un chilometro. « Tutti gli aneddoti raccolti in questi volumi sono veri, o almeno l'autore li erede veri))' scriveva Stendhal a, capo delle Pro: menade8' dans Rame. Perché non ha fatto le indagin,i nooessarie e non s'è procurato i documenti vidimati per p;rovare la loro verità ? ,Scrittore leggero. Così pei ritratti. Una volta a, Domenico Trentacoste fu commessa la statua d'una signora veneta, morta da poco. Vennero ,i parenti: - Sì, assomiglia, ma ìei aveva l'occhio più vivo, il mento meno aguzzo, le ore<'– chie più piccine. E i;wi aveva un neo sulla guancia destra. - Venne il vedovo, ch'era timido di natura, e lo scultore gli chiese dove fosse il neo della defunta. Titubò. Poi indicò dove. Un'ora dopo telefonò dall'albergo che iÌ neo veramente era un poco più in ba,sso. Una settin1a,na, dopo, per lettera, lo volle ricollocare un poco più in alto. Lo scultore trascurò il neo. Il vedovo si risposò ; infine morì anche Imi. La statua è senza neo. È come se quella brava signora non l'avesse mai avuto. Conclusione : la somiglianza non ,è di questo mondo. L'importante pel ritrattista, per lo scrittore, è d'essere in buona fede; e, che è più diffi- ibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy