Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931

Oase 51 molle di sudore, un po' lacera, quasi le vien fuori la spalla, grassa, azzurrognola. Più che le parole, dev'essere quell'odore di donna riscaldata che riavvelena l'uomo, mentre la bambina, piangendo perdutamente, cerca di tenerli distanti. - Guardate! - grida la donna, mentre si beve le lacrime che le escono a :fiotti e poi le si riasciugano, all'improvviso, come bruciate da un riavvampare di rancore. Si batte la carne del petto con un gesto delirante, ha la bocca leggermente schiumosa, come se stesse per cadere in con– vulsione. Forse ha pietà di se stessa, vuol far vedere, chi sa, la faccia ormai sciupata, le mani tagliuzzate e scottate dai fornelli e dai bucati, i seni grossi ormai cascanti, la sua carne scorata, pe– stata. - Guardate ! Guardate ! Ora, a lui gli hanno messo in testa il cappello; il cavaliere lo conduce via, per le strade ormai buie, fra enormi casoni d'affitto, le cui :finestre cominciano a illuminarsi. Il cappello gli sta in capo con quel che di sgraziato, di tragico che hanno i cappelli rimessi in testa agli uomini colpiti da malore per la strada, quando li portano in farmacia, tenendoli di qua e di là. Il cavaliere gli dice che è un peccato, un uomo come lui, anc6ra giovane, istruito, accapigliarsi in famiglia a quel modo, ogni tre giorni, far correre la gente, perdere il rispetto, spaventare la bambina. E perché poi? Senza motivo, per nulla. Per rifar sùhito pace, e poi ricomin– ciare da capo, e cosi via. Intanto lo fa sedere ai tavoli d'una bot– tiglieria, pensando con rammarico che toccherà a lui pagare. Valtro scuote la testa, per dire che non c'è nulla da fare, non si può mica essere sempre di buon umore, si sa. È stanco ; pensa, quasi con sollievo, che tra poco sarà vecchio, sarà vecchia anche lei, buonanotte. La vita .... ce.rea una definizione, ,per dire che è una cosa brutta. -_ Ohe invenzione! Ohe bellezza! - esclama il cavaliere vol– tandosi verso alcune :finestre illuminate, donde è incominciata la musica d'una radio. - Questa è capace di venire, che so io, da Berlino! - Bisognerebbe, - aggiunge dopo una pausa, - essere al mare, a quest'ora; oppure in campagna, sentire i grilli. L'altro si sente d'un tratto gli occhi inumiditi. Guarda sul tavolo la sua mano, che ha lavorato tanto. Eccola li, col polsino della camicia già sfilacciato di nuovo. Pensa alla donna che ora starà curva, in cucina, raccattando su i cocci dal pavimento sporco. Accanto a lei sarà la bambina. Si sente una gran compassione, ecco tutto, una gran compassione; e intanto con la testa accenna il tempo di quella musica, che viene chissà da dove, forse da Berlino. UGO BETTI. iblrotecaGino Bianco

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