Pègaso - anno III - n. 2 - febbraio 1931

SETTIMANALI. Il diario del Bersagliere Mussolini. 4 gennaio. Supponiamo di leggere questo diario senza saperne l'au– tore. Dopo poche pagine, ci appare diverso da tutti i libri di guerra letti in questi anni : prima di tutto, per la semplicità dello stile, tanto nudo e scolpito che passano pagine e pagine senza che ci s'imbatta in un aggettivo; poi, per la stoica fiducia nella necessità e bontà della nostra guerra, anche alle ore più insanguinate; poi, per lo studio dell'animo altrui prima che dell'animo proprio (« Oggi per la prima volta ho corso pericolo di vita. Non ci penso >>) ; infine, per la solitudine dello scrit– tore anche nel folto del suo reggimento, anche nella, clausura d'un ri– covero dove il posto era a stento pe,r due e vi si raggomitolavano in cinque. Questo solitario che non dubita mai e non si lamenta mai, il con– forto se lo cerca soltanto nella natura attorno : -cielo, sole, clima, ve– duta lontana. Si direbbe.anzi che, se qualcosa può non dico scoraggiarlo ma stancarlo e quasi indurlo a una tacita rivolta, questo è solo nella natura: il gelo, la sizza, la pioggia, il fango, quando s'accaniscono sui nostri soldati, gli sembrano iniquità. Di chi ? Non ho trovato nel libro la parola Dio. Ma, che dal cielo rasserenato il sole o le stelle guardino ~ e proteggano questo italiano, tanto genuina dolcezza trema subito tra le righe che quella parola è lì nell'aperto felice respiro, anche se le labbra non la formulano. La prima .notte sotto il fuoco : « Ci stendiamo tra. i macigni all'aria aperta. Non fa freddo. Notte stellata, plenilu– nare>>. Tre giorni dopo: « Il vento della sera porta in alto il freddo e il fetore dei cadaveri dimenticati. Notte chiara, di stelle>>. Altri cinque giorni: « Luna velata da nubi bianche. Veniva dal burrone il tanfo dei cadaveri dissepolti. Il bel tempo è finito. Ieri, anc6ra il sole, un po' stanco, del settembre; oggi la nebbia, la pioggia, il freddo dell'in– verno. Turbinio di foglie che cadono con .rumore secco sui nostri teli da tenda». Il sole lo rinnova tutto: « Sonno dolce, profondo, ripara– tore. Stamani, grande sole>>. Sul Carso, nel dicembre del 1916 dopo una ,notte nel ricovero allagato dalla pioggia: « Finalmente l'alba. Verso Aquileia un vasto tratto di sereno, ma dietro a noi, verso l'Austria, il cielo è cupo. Se venisse il sole!>>. « È già notte. Nel cielo è un pun– teggiare timido di stelle. Io le guardo con la trepida adorazione di un innamorato. È il sereno? Tornerà il sole?>>. Ad ogni pagina, dopo la concitata narrazione d'una notte in vedetta, d'un'ora d'assalto, d'ore. BibliotecaGino Bianco

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