Pègaso - anno II - n. 9 - settembre 1930

I 324 A. Aniante 111ientebene. Così che mia madre può dirmi ap1Jena ritorno a casa · che ho ,perduto il mio tempo, e non le posso rispondere che h~ torto perché le mie scarpe s,ono s,enza tacchi. Ma io fremo ; vorrei che si ricr,edesse lei con i parenti tutti, sul mio conto, perché se io fossi ,quello che pensa la famiglia.non riceverei gli elogi di Guido Mazzo111i, che è un senatore del Regino e sta a, Firenze. Le abitudiini di quest,a città mi conquistaino a poco a poco, run– oora una volta, e me ne 31e,e,orgo quatndo guardo i miei ritratti ese- · guiti dai pittori di Montparnasse. Bisogma che io sia indulgente verso me stesso, guai se mi piglio di pllillta: ho il dovere di esser cafone, altrimenti sarei un giovanotto ridicolo agli occhi di tutti, e far,ei la fine di Mario Rapisardi. Salga pure fino a me il parrucchiere del borgo, faccia di me ' carneficina,~ viva tutta la sua vita ooo il peso delle mie mal,edizioni. Il ,suo taglio di capelli è il dernierr cri degli a,grumai. fo non dioo niente, ,chino la testa, rassegmato, e mi lascio sforbiciare. Altret– tanto avvieine oon il sarto e il calzolaio. Sarei rimasto volootieri nei prunni di mio gusto, ma sono veochi, indegni di un ragazzo di– stinto. Si sa che al ritorno da U111a città oome Pairigi si deve appa– rire dinnanzi ai propri concittadini, piuttosto eleganti e puliti. Pur di non farmi vedere me ne sto in casa una intera settimana. Ma il lunedì ma,ttina di buo111'orascivolo sulla strada, principale. Ho fumato llll1 intero pacchetto di macedonia, ho mrungiato due cau– noli di ricotta e una cassata, ho bevuto due gazzose di sci_ampagmino e son rincasato al t,0000, senza appetito. C'è a tavola che mi aspetta un ·piatto g,onfio di sottilissima pasta al burro e al fo:['.maggio, oome al solito pooo condita. Gli a,mici m'hrunno ,d:atoappuntamento alle tre, certi tipi pr,epo– tenti che hanno molte amicizie femminili, nelle .strade della mafia. La sera, raccogHoodomi in questo ang,olo della mia camera ove un tempo consumavo le ore traducendo dal greoo e dal laitino ed ero giaio e triste ma pieno di speranze, senza voler lo sento ·e vedo che il contrasto tra 1a mia vita ,presente e passata a,ffiora e :Ìni fa male. Non passa_giorno che io 111001 mi proponga, andando a letto, di mu– tar vita, da domattiina, sebbene l'attrazione della città mi allon– tani sempre di più dal lavoro.' Ma wppena son fuori, sulla strada del centr,o, le pasticcerie son le prime ad attirarmi, ed io mi porto oome llll1 sonnambulo sul banco delle cassatene e sperpero subito le tre lire di •mia madre. I dolci, il caffè e il fumo mi dànno in un primo momento come una piacevole ubriacatura, ma ,più tardi mi intristiscono e mi pro– ducono una stanchezza alle gambe che me le sento oome di piombo, oome se avessi peroorso molti chilometri, e siccome è troppo presto per riincasare, seggo aUa ter:razza di un oaffè, aocanto a un amioo , .BibliotecaGino Bianco

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