Pègaso - anno II - n. 9 - settembre 1930

!Jettera et Piero Parini sugli scrittori sedentari 341' ohibò, ·1a poesia didascalica _daparecchi anni non è più poesia; e dob– biamo dimenticarcene. V'è però un'altra forma di poesia che anche se non è misurata e allineata in versi, oggi colpisce e penetra iÌ lettore più d'ogni altra: ed è il romanzo. Come mai noi Italiani che abbiamo portato su tutta la terra il nostro lavoro e non soltanto il lavoro manuale e che da Mel– burne a Rio, da San Francisco a Marsiglia,, da Lima a 'Tunisi a,bbiamo dense colonie nostre, siamo i soli a non a.vere romanzi in cui i nostri costumi e la nostra coscienza sieno rivelatì-in contrasto con la coscienza e i costumi di quelli stranieri fra i quali siamo capitati a vivere a lot– tare, a soffrire, e talvolta anche a vincere ? D'Italiani, in bas~o e in alto, manovali o banchieri, minatori o medici, camerieri o ingegneri, muratori o mercanti, se ne trovano in ogni angolo del mondo. La letteratissima letteratura nostra li ignora, anzi li ha sempre ignorati. Se non v'è romanzo o dramma senza un progrediente contrasto d'anime, quale .contrasto più profondo e concreto di questo tra due razze, e la più antica delle due, la più ricca cioè d'usi e riti immemorabili, spa– triata e ridotta a vivere senza altro soccorso che quello della propria energia e resistenza ? Ricordo la speranza con cui accogliemmo vent'anni fa La Patria lontana d'Enrico Corradini. Chi ha seguito quel nobile esempio? Donne sopra tutto, da Annie Vivanti il cui ingegno impetuoso ha tratto dai casi d'una vita randagia l'oocasione di mettere in più d'un libro, l'una contro l'altra, italiane, inglesi e tedesche, fino a Clarice Tartufari e al suo Lampade nel Sacrario, sugl'Italiani di Tunisi, racconto generoso ma un poco ingenuo e antiquato, dove il dramma resta chiuso tra Italiani, e i Francesi e gl'indigeni non sono che comparse. Anc6ra Partigi di Viani ,è il libro più sincero e più caldo sull'Italiano che cerca pane, lavoro e stima di là dal confine_ Fuor di questi pochi volumi, per cono– ~cere gli stranieri non abbiamo che gli articoli dei giornalisti: Civinini, · Monelli, Fracchia, Calzini, Fraccaroli,'Comisso, Vergani, Appelius, dal- 1' Australia Sacchi, e adesso, dall'Eritrea, Martinelli. Raffaele Calzini, romand.co finto scettico, dai suoi viaggi in Spagna ha tratto racconti che sono tra i suoi più rapidi e sapidi, ma han sempre l'aria cli ricordi personali, veri o inventati: Calzini e le spagnole, che è molto ma è • anche poco. E su un viaggio negli Stati Uniti Fraccaroli ha saputo com– porre con la sua tranquilla a-bilìtà un romanzo gustoso e meritatamente fortunato. Lo so, Giuseppe Prezzolini e Concetto Pettinato hanno giudicato i Francesi in due libri pregevoli, quello più ragionante e teso verso una sintesi, questo più minuto, sciolto e cronistico. Ma il romanzo è un'altra cosa. Solo nel romanzo la _definizione diventa, persona, l'idea passione, " la persuasione commozione, la logica insomma si fa vita: e il lçttore si muta in spettatore, partecipe cioè del dramma. Guarda l'Inghilterra, da Stevenson che confidava a Schwob : « Io sono per sei decimi un artista e per qua,ttro cleci.JI1i un avventuriero•>, :fino a Conrad, da Kipling a James. La ragione è. forse che gl'Inglesi occupano metà del mondo? No, ché Conracl era polacco e James ame– i.'icano. E guarda la Francia dopo la guerra, da Morand a Mac Orlan, ibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy