Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930

208 v: Ojetti dante nebbiolina delle, orazioni che si tengono in uniforme davanti a Sua Maestà e che mettiamo si ripetono nelle pubblicazioni solenni con l'onesto propo~ito di pre;edere nientemeno il giudizio della storia, o almeno di non accaparrarlo. Accenno all'Enciclopedia, Italiana che deve dar notizia di noi agli stranieri e che per tanti altri versi è utili,;– sima ed esemplare, ma dove ho letto che Antonio Baldini è « un forbit-o scrittore » e dove a Riooardo Bacchelli si nega pur questo lauto agget– tivo e d/ Barilli e di Barzini non appare nemmeno il nome. Critica uni;ersitaria, direbbe Arrigo Cajumi. Si e no, perché in altri universi– tari, e non ~olo nel Volpe, ho trovato una squisita attenzione ve:rso scrittori vivi e vivissimi che mai e poi mai si crederebbero letti con tanta perspicacia, da un «titolare>> di greco o di latino, d'italiano o di storia. Colpa, elìa afferma, della critica corrente, di quella scritta da noi sulle riviste e sui giornali. Questa parla a denti stretti,. e l'altra, per non lasciarsi superare in sussiego, chiude addirittura la bocca; e così si diffonde sulle nostre lettere d'oggi (ella scrive) « un'opinione falsa e balorda, sen.za principio· di verità e di coerenza,. >>Parole grosse, quasi d'ira, d'u n ton o oggi, è vero, frequente, ma non in bocca, sua. Pure_ non mi" sembra che le cose vadano eom'ella dichiara. Vede: il Cajumi, ve– nendo al suo soccorso, ha diviso i critici in tre specie, ·anzi in tre razze: quelli delle Università, quelli dei quotidianì, quelli delle riviste i quali poi, quando possono, sono gli stessi critici dei quotidiani. Ma in Francia Albert Thibaudet, tentando anch'egli una divisione della critica, in tre classi, notava quella dei critici di professione, quella degli stessi autori, e quella des honnetes gens, cioè dello stesso pubblico, là quale critica è alla fine la vera Borsa dei valori letterari visto che là esiste un pub– òlico largo ed attento a seguire tutte le vicende della letteraturà. Ebbene, da noi manca proprio questa ultima critica: manca cioè il continuo e diffuso interesse del pubblico alla letteratura, sia pure soltanto alla letteratura amena; manca il rispetto per la fatica dello scrittore; manca, la persuasione o, se si vuole, l' illusione che questi compia opera d'importanza nazionale, anzi, i migliori, storica perché, come ella dice, « ogni anno e ogni giorno che passa ha ugualmente la sua letteratura, e così è sempre stato, e così '3arà sempre, ed è assurdo aspet– tare o pronosticare o invocare per domani ciò che oggi è. Ogni secolo; ogni porzione di secolo, ha sempre esaltato le proprie opere; è anzi stato portato se mai ad esagerarne l'importanza, la grandezza, il valore e la durata.>> Giusto, ma non in Italia, da quando la nazione s'è per fortuna unificata, da quando cioè i centri regionali. di gusto esperto e di pronta cultura, Firenze, Napoli, Milano, Bologna, Torino, Venezia e via dicendo, si sono pian piano disciolti nell'attesa, d'un centro unico e nazionale che ancora Roma purtroppo non è e, del resto, non è mai stata. Né i tempi dovunque ansiosi e farneticanti favoriscono per adesso la .formazione di nuovi centri della cultura, visto che la disattenzione dalle opere -del pensiero e dell'immaginazione cresce ogni giorno anche fuori d'Italia; e se pubblicassimo la vera tiratura delle riviste lettera– r~e straniere più note e dei libri là più originali, il diagramma di questa discesa farebbe stupire molti ingenui ammiratori d'ogni fatto e detto BibliotecaGino .Bianco

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