Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930

222 A.. Baldini di Monelli e sopràtutto da uno stato d'animo appassionato come il suo, se tutto e~plicito e condotto a fondo, sarebbe cert1;1,menteriuscito un capolavoro del genere. Così com'è invece combinato, il lib,ro fa l'effetto, passi l'immagine, d'un treno composto di vetture di lusso e di vagoni da tradotta. Al vagone di lusso vedi affacciato un Monelli che pare un milordo, tutto abbottonato e con la caramella, e ;nel vagone che vien dopo vedi un altro Monelli scamiciato e col fiasco in ,mano. Aspettando 'di veder ripassare un tr·eno di tutti Monelli in terza coi ,fiaschi e i canti della tradott~ e gl'improperi di volata ai capostazioni col fischietto in bocca, montiam6 a bucare il biglietto al milordo. Il biglietto è in perfetta regola. Paolo Monelli è l'articolista perspi– r..ace, informato, destro, denso, colorito e ben intonato che tutti sanno. Ha inoltre, che· non guasta, fondamento di studi e un abito di cultura che non è sempre facile trovare in un giornalista. Giornalista egli lo è fino in fondo, con tutte le parti dell'esercizio giornalistico; ed è anche, quasi fino in fondo, letterato. La spartiremo anzi così in quanto gior– nalista è ottimo letterato; in quanto letterato è ancora un pochino giornalista, vale a dire che non sempre gli basta l'animo di sacrificare certi effetti giornalistici. Questo egli ce lo sa per primo e con estri e cor– rucci alle volte molto pittoreschi se la piglia con la sorte che l'ha vo– luto giornalista e per contrasto, ma non si capis~e poi sempre b<;ne la ragione, coi letterati. Sarei curioso per esempio di sapere quali scrittori abbia in mente il nostro bravo Monelli quando si fa quasi un iroso vanto d'essere « in odfo ai letterati puri». Ch'io sappia, nessuno gli ha mai negato qualità di scrittore, eminentissime. In altri luoghi pare poi che egli si faccia un tormento del ritrovarsi nella categoria degli scrittori « senza lettori che rileggano». Ringrazi Iddio, vorremmo dirgli, in un paese distratto come il nostro d'essersi già piazzato così bene in quella che i lettori leggono, che non è fortuna da tutti.. .. Ce l'ha poi a morte coi letterati « che portano via il mestiere ai giornalisti». Ladri, dunque, crumiri e peggio, questi quattro meschini maneggiapenne che come il _povero-Saracin_o di cui è parola nel No1Jellino cercano d'intingere il loro tozzo di pane nel fumo grasso delle pentole di quei pochi giornali che dà la piazza ? Mi paiono accuse un po' gravi e gratuite. Far la- voce grossa del giornalista contro il letterato non è da Monelli. Se qualcuno nell'incontro, veramente soffre e ne va di mezzo coi suoi risparmi più gelosi non è il giornalista, ma semmai proprio il letterato. Il giorna– lismo, anche italiano, non è delicato al punto di non poter sopportare qualche vescicante letterario, mentre si può toccar con mano quanto siano pochi quei letterati che il giornalismo presto o tardi non abbia finito collo sciupare e ridurre, letterariamente, al lumici;no. E ringrlIBi magari ancora una volta Monelli il suo Iddio d'esser per suo conto così giornalista, pur 'col suo legittimo f~ndo di letterato, da aver potuto re– sistere meglio di tanti altri all'azione dispersiva e corrosiva del me– stiere·; e in ogni modo ponga mente se per avventura il suo pubblico _egli non se lo sia meglio conquistato ,con le sue capacità di letterato che con quelle di giornalista. . La questione è spinosa ed io veramente non ho voglia di pungermi. Ricordo d'aver dato anch'io, in altre occasioni, una mano a creare le BibliotecaGino Bianco

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