Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

Note di un viaggio da Liverpool ad Ajaccio .585 tire in i,drovolante per Ajaocio, e ci soll1dovuto tornar di nuovo a , mezzogforll1o per ripartire Ull1aseco1Udavolta, ché la prima, più che un tentativo, la chiamerei un attoot,ato. Dài e ridài, dopo mez– z'ora s'era riusciti a decollare, ma nel cielo di Marsiglia successe qualcosa (l'olio di ricino era semplicemente entrato nel carbura,– tore !) per cui l'apparecchio per.se il respiro, cominciò a balz 1 are come Ull1 amimale selvaggio, s'illlabissò come un ascensore, si riprese, e _a ,salti e sbalzel1o1Thi tornò indietr-o, abbassandosi rapidalillente quasi rasentò una teleferica, e si fermò a breve dlistanza d•a un for– midabile ponte di ferro, inel bra;ccio d'acqua tra Port de Bouc e Martigues. Qua1Udo scendemmo a terra dall'algosa barchetta che ci era venuti a prendere, la guardia daziaria voleva visitar le va– ligie. A mezzogiorno le rive dello stagno sembravalll lì lì per decol– lare anch'esse, tanto delira.van dli cical,e. Questa volta si parti sul serio su un altro apparecchio. Ora i seni del giogo dell'Estaque, visti dall'alto, avevano il colore del rame ossidato, e il mare era Ulll riooo velluto blu mado1Una. Le isole davrunti a Marsiglia spiccavrun pallide, riarse, come una spoglia, di s•erpe seccata al sole. Si vedev-a - la vena della Oaimebière. La cima del Molllte ,Carpiagne arieggiava gli spa1dli d'una turrita r,occa. Per ultimo, il porto di Tolollle ba- lenò in 1'0ll1do alla rada. · Poi, per più d'un'ora, il mare reticolato come un marocchino a grrun 1 a di Levante, un mare senza l'incanto del mare, vis,to così dal– l'alto, e, sul capo, la cupola ·celeste sfumata ·alla base. Nulla è più monotono, si sa, di un viaggio aereo. Sole distrazioni, la vista del solco verderame chiaro orlato di spume candide che ull1lento vapore incide nel turchÌlllo oome un fuoco dl'arti:fizio, e la vista dell'ombra dell'aeroplano sull'acqua, di un, cupo color lapislazzuli come ull1 rumuleto egizio. Dopo un'ora e tre qual'lti Ulll cirro appare all'oriz– zonte, di faccia. Venti mimuti dopo si vedono le montagne che la lllube sovrasta. Si levano rosee sul mare, un mare dall'orlo verde come Ull1'illuminazione di cloro. AvvicÌllla1Udosi,la terra è color salmone, coperta di macchie. Si passa sul capo di Ferro, si sorvola un cimitero, e quella cittadi[la in quel golfo che.ti pare d'aver già visto m Iitalia, si chiama Agiaxiò. Presso lo specchio d'àcqua ovie l'idrovolante va ad ormeggiare crescono melano0ll1ici eucalitti. E Ìlllcittà ci solll pa:Lme,e case alte come in Liguria, e squallide oome a Napoli, e la gente pa,rla ita– liano. Però q·uando, in serata, nel piccolo e i[lfreqùentabile bagll10 della Plage St. Frrunç,ois dissi al ragazz,o del bagnino che avevo sen– tito parlar colll la maidre in ullla lingua per me più comproosibile del genovese: - Tu parli italiano - ; quello, di ripicc-o : - Un cunoscu l'italiano, eo un sò italiano, sò di Corti. MARIO PRAZ. BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy