Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

LIBRI. BENIDDETTO CROCE, Il Boccaccia e Franco Sacchetti. - Sangiovanni, Na– poli, 1930. (s. p.). '"""' Seguendo un procedimento e uno stile, ai quali ci ha da tempo abituati, il Croce distingue nel vasto corpo della critica boccaccesca alcuni problemi teorici, che gli paiono essenziali, e su quelli s'indugia, ad esaminarli e discuterli, a rivoltarne d'ogni lato le soluzioni, per ridurle in schietti termini logici, con quell'amore di precisione e di chiarezza che solo è suo. Prosatore o non piuttosto poeta dovrà dirsi il Boccaccio ? Per il Croce egli è poeta, nel pieno senso della parola, con unà su~ musica e un suo ritmo, che non si posson commisurare in alcun modo alla sin– tassi piana ed andante della prosa comune: onde ha torto chi rifiuta « certi lunghi discorsi, che fioriscon sulle bocche >> dei personaggi del Decameron, o magari li vorrebbe « più rapidi e variati e spezzati in dialoghi» : mentre invece converrà « riportarli piuttostQ ai modi del- 1' epica e della drammatica». Errato dunque il giudizio tradizionale contro la forma del periodo boccaccesco, se pur giustificato in parte dal sussistere, a fianco di quell'« apparente prosa che è poesia», d'un'altra forma di prosa retorica e umanistica, esteriore e decorativa, contro la quale, e più contro l'imitazione di essa, non eran senza ragione i la– menti degli spiriti pratici e antiaccademici. Senonché neppur questa maniera inferiore di prosa sarà da prendere alla leggera, ché essa valse in più casi con il suo es!èlmpioa restituire al ritmo del discorso infiac– chito o spezzato, presso i polemisti del '700, e i romantici, e i man– zoniani, un'andatura più sostenuta e complessa. Queste giuste osservazioni del Croce vengono ad incontrarsi con i risultati della migliore e più recente attività critica intorno al Boc– eaccio; i quali alla loro volta daUe nuove formule ricevono certo m;:i,ggiorprecisione e perspicuità. Già il Momigliano, nel '24, distingueva nell'eloquenza boccaccesca « un atteggiamento che è pura e pessima retorica (quello dei discorsi della novella di Tito e di Gisippo); un altro che è un tersissimo specchio dell'anima (per esempio delle se– duttrici) ; .... un altro che seconda la commozione grandiosa della mente dinanzi a fatti immani (la peste); .... un altro, infine, che ha un semplice ufficio decorativo, e appare nella cornice del libro». E più di recente un ,giovane critico, il Bosco, si sforzava di mostrare la serietà e nobiltà del proposito artistico anche in quei passi dove ap– pare più evidente il tarlo della retorica. D' altronde ogni lettore at- BibliotecaGino Bianco

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