Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

Lettera a Senatore Borletti 609 Ma per arrivare tra i primi e comandare, occorre innanzi tutto una qualità che è superiore alla bu011a 'volontà e al buon mestiere: occorre l'intelligenza capace di osservare la vita. Bisogna cioè saper studiare i costumi, i desideri, le ambizioni, oserei dire, le virtù e i vizi di moda, e saperli tradurre in stoffe e fogge convenienti alla donna di quel dato anno. È quel che fanno, e meglio facevano, i sarti parigini, posti per fortuna loro in un osservatorio da dove si scopre mezzo mondo e, in quel continuo osservare interrogare e confrontare, aiutati dal teatro, dai romanzi, dai giornali, dai dipinti; e sul punto di çoncludere essi badano più all'animo che al corpo. Sanno infatti che questa è la sin– cerità delle donne: mostrare con l'apparenza della loro persona l'animQ che esse vorrebbero avere, e solo alla fine, con l'aiuto dell~ vesti, delle a{)conciature e delle pitture, riuscire a possedere veramente quell'animo desiderato. Se la voga dell'anno dopo sarà per un animo diverso, esse muteranno subito le vesti pur d'illudersi di possedere l'animo nuovo. Sincerità successive, spesso non raggiunte, ma stimabili, ·se non altro come uno sforzo per imitare que}la stabilità del carattere e quella con– cordia tra sostanza e parvenza che taluni moralisti affermano sia il proprio di noi uomini. E poi, come consolazione, si può aggiungere (l'osservazione è di Mademoiselle de l'Espinasse) che una dorina sa– rebbe disperata se la natura l'avesse davvero fatta come la moda la accomoda. Soltanto s'ha da andar cauti nel congetturare quali sieno le vesti più adatte a indica-re, mettiamo, la purezza del costume e un · cuore sentimentale, ovvero il desiderio sfrenato e l'ostentata licenza. Oggi chi osasse affermare che la moda francese, sotto il Direttorio e il Consolato e l'Impero, della nudità statuaria era la prova della corru– zione, e le crinoline del Secondo Impero erano invece la prova dell'one– stà femminile, sarebbe un bell'ingenuo. Tutti quei nudi e seminudi alla greca, di centotrenta o centoquarant'anni fa, erano addirittura venuti dalla puritana e britannica adorazione per la semplicità della santa natura, erano l'ultima pastorelleria dell'arcadia cara al Rousseau e descritta nell' Émile. Le mode, in fondo, si riducono a due: o il vestito vuol rivelare il corpo della donna aderendogli, o il vestito lo vuol nascondere magari deformandolo. Ma non è detto che quella sia la moda impudica, e que– sta. la moda· casta. Che bisognerebbe altrimenti pensare dei nostri pa– dri i quali tanto ammirarono la rotonda foggia_ chiamata bonagrazia, poi per anni raccolta solo sul dietro col « sellino >i ? Bisogna, ripeto, badare a quello che le donne desiderano d'essere, non a quello che sono o che a noi sembrano; e questo è il punto per l'acutezza di chi governa le mode. Che venga un poco a piegarsi la presente risolutezza e spaval– deria della donna, come già si vede dall'allungarsi delle sue vesti da sera, e tutti i pronostici de_isarti provinciali e dei giudici superficiali sulle necessità ormai imposte per sempre anche alla donna dalle sue nuove abitudini sportive; svaniranno in un soffio; e le gonne cortissime resteranno nella guardaroba femminile, come le brache da cavallo o da montagna nella nostra, solo per dati giochi ed escursioni all'aperto, più vicine alla divisa che all'abito comune. In conclusione, caro Borletti, mi sembra che la sua utilissima Cia 39. - Pégruo. i3ibl·iotecaGino Bianco

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