Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

LETTERA A SENATORE BORLETTI. Caro· Borletti, v'è un Comitato Italiano per l'arte e per le industrie dell'Abbigliamento,, si chiama più rapidamente Cia, ed ella lo presiede. Scommetto, tanto il nomignolo è leggiadro, ch'ella lo ha anche bat-• tezzato. Venne u,na donna, .e disse: Io son Lucia, Lasciatemi -piglia,r costui che domne.... Ho appreso queste notizie da un opuscoletto bislungo, giuntomi stamane, col titolo L' Industr·ia Italiana di fronte al problema della moda; e ciò che si dice nell'opuscolo è tanto chiaro,' grave e sensato che vorrei intrattenermene con lei. Prima di tutto ho avuto il piacere · di leggervi che « dagli scopi del Comitato esula quello di crea~e una moda strettamente nazionale>>: oggi e sempre vana speranza di sogna-. tori più desiderosi di far romore che di far bene, tanto più vana oggi che la moda si forma a Nuova York meglio che a Parigi. Poi vi ho tro– vato questo assioma, presentato in corsivo come una rivelazione: « La crescente frequenza delle variazioni della moda bisogna rict,rcarla nella crescente pressione delle merci sul mercato.>> L'assion;ia è vecchio, per– ché nello Spirito delle leggi Montesquieu già dichiarava, quasi due se– coli fa, l'importanza economica delle mode, visto che a forza di ren– dere frivolo lo spirito moltiplicano i rami del commercio. Ma, pur es– sendo vecchio,· l'assioma non è diventato tutto vero. È vero per quanto riguarda la produzione dei tessuti e dei loro colori e disegni, ma non per quanto riguarda i modelli delle vesti (parlo, s'intende, solo della moda femminile). I tessitori, certo, devono accordarsi coi tintori, e que– sti con chi fabbrica le tinte, e tutti, compresi i sarti, coi pellicciai, coi cojai, coi bottonai, coi merlettai e via dicendo : éhe alla fine fanno una bella potenza. Ma non è anc6ra l'onnipotenza. E che tutti costoro possano col loro accordo imporre, per esempio, o abolire lo strascico, la crinolina, il corsè, questo è da porre in dubbio. Siffatte novità e ritorni dipendono, come quelli dell'arte, da fatti morali e sociali più profondi delle deliberazioni degli uomini; dipendenza che appunto fa della moda una cosa seria, e quasi, per chi ha occhi, una pubblica confessione di quei fatti segreti. Se la moda dipendesse solo dai tessitori di sete, lane, tele e cotoni, crede lei che questi avrebbero mai permesso, contro il loro interesse, le gonne corte e i vesti-ti fatti di niente o poco più ? Ella che fabbrica lini e adesso anche sete, pensi aUa fortuna delle seterie di Lio_ne quando le Bibliòtec~ Gino Bianco

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