Pègaso - anno II - n. 1 - gennaio 1930

10'0 P. Pancrazi ucciso .... ». Questo è il consenso che gli piacque, di questo Zuccoli si fidò. Vorremo dargli torto? Diremo anzi che anche quando tanti al– tri variamente impazzirono Zuccoli non sollecitò mai malamente il favore del suo pubblico. Fu 'scrittore borghese, ma nel senso più onesto e sano della parola. Anche se restò fuori dalla polemica letteraria del ventennio (è poi un torto?), amò il suo mestiere e almeno fino a !'e _co~e più grandi di lui (ché forse, dopo, decadde) lo affinò sempre, lo m1gl10ro. Che cosa piaceva di lui al pubblico ? Quale fu . il segreto del suo successo ? Rispondere, è un po' definirne l'arte. L'intreccio, la trama non era il meglio né delle sue novelle né dei romanzi. Intreccio e trama potevano anche cadere nel convenzionale, come alla fine intopparono nel melodrammatico. Ma piaceva sempre la «condotta», il modo cioè come le figure e gli ambienti di Zuccoli eran trattati; e soprattutto piacevano le donne. Le donne, fossero esse personaggi di romanzo o let– trici, fecero la fortuna di Zuccoli. Che cosa erano le donne nei romanzi del ventennio ? Ecco una do– manda che potrebbe tentare un sociologo, se a questi lumi di idealismo ce ne fosse ancora uno vivo. Per vent'anni, molti romanzieri, le donne si contentarono di spogliarle, di pagina in pagina, con un'enfasi quasi _meccanica. Qualche ritardatario sentimentale le faceva piangere prima del peccato, e pentirsi e ripiangere subito dopo. Altri ne faceva un traguardo metafisico, ma cosi astratto e scarno che quelle donne somi– gliavano piuttosto le antenne della radio sui tetti alti delle case. Altri addirittura ne faceva a meno. Se tra cent'anni uno sfaccendato vorrà erudirsi sulle nostre donne e sapere qual' era la condotta nostra con loro, e allo scopo si metterà a leggere, che so, i romanzi di Da Verona o di Bontempelli, quel postero ficcanaso ne saprà troppo o troppo poco. Per brutalità o per astrazione (che poi è lo stesso), molta nostra let- teratura fu misogina. ' Amico delle donne, restò sempre Zuccoli. Nei suoi romanzi si con– tinuò a fare all'amore. È un'espressione volgare? Ma fare. all'amore un tempo non voleva dire abbrutirsi, e neppure speculare sull'eterno, né dannarsi, né convertirsi. Nel fare all'amore, entravano forse anche questi motivi o altri, ma accordati a un grado, portati a una sola, tonalità che era appunto l'amore. Nei romanzi di Zuccoli, donne e uomini ritrovano l'accordo. La sua sensualità' è malinconica ma non triste. Amico delle donne, Zuccoli ha tutti i doni, le abilità, gli espedienti della sua carica: non c'è figura o figurina di donna che non trovi grazia nella sua pagina: le pulzelle e le maritate, le fedeli e le peccatrici, tutte da lui hanno uno sguardo amorevole, una frase c4e le dipinge, un sorriso, un agget– tivo giusto. Zuccoli si spreca poco in analisi, in introspezioni. (Anche per questo, in certe novelle e specie novelle brevi, quasi sagome, mac– chie, egli riuscì eccellente). Le donne le ritrae dall'esterno; l'abito, il color dei capelli, il volto, i gesti, la voce; ma con tanto garbo ed espe– rienza, con tanto amore e studio della diversità di ciascuna, che da quei segni esterni gli è facile poi passare a dipingere l'animo, il sentimento. Dal noto all'ignoto. Forse, questa sua tecnica esteriore mantiene a molti ritratti suoi una tal quale graziosa animalità che non dispiace. Certo molte donne dovettero riconoscersi in lui, forse con una segreta Biblioteca Gino Bianco

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