Pègaso - anno I - n. 12 - dicembre 1929

ll Tombane di San j}J arco 689 vidiata, fu la prima or1grne del suo falJlire e di· molte traversie che conclusero al postribolo. Un altro, che ter.mi1I1ava,come tutti quegli oroscopi, con quat– tro numeri sicuri, indusse u111 impiegato a entrare per la prima volta in un botteghino del lotto, che fu la lenta e tenace rovina sua e della famiglia. Non c'è bene senza maile. EPILOGO. Ed ecco ripens-o a quest'acqua, che conosco e che mi fa tanta · compag,nia coi suoi immondi splendori ; e fermo, ecco, gli occhi sul ponte. Mi piacciono i ponti,. che son per me la più dilettevole immagine di quel che sia la vita. Sparirà il ponte, il canale diventerà una fogna. Presto, sento dire, copriranno anche questa parte di Naviglio ; e già han co– minciato con quella Via del Seinato ch'era il mio ristoro nei cre– pusooli estivi; coo quel~a Via Molino delle Armi che mi ricondu– ceva alle letture prime dei Promessi Sposi per il suo stile di vec– chia Milano; con quella Via Francesco Sforza dalla quale mi pia– ceva andar a vedere le neglette eleganze della Cà Granda. Non ho più vog(lia d'arg,omentare e l'idea solo di sdeg,narmi mi fa sorridere. Mi piace, ben chiusa dentro di me, UJilamelan-' conia assettata, ben mia. Forse sono un poc-o stam.oo; certo mi pare 'd'aver buon tempo: ben altro che un canale in que sto nostro mondo mortale è destinato a decadere e sparire ! Ed io poi rifletto che non so dare :funalmente del mondo e di me altra causa d'esser nato se nO!Ilquella d'aver a morire. Ho buon tempo. Ma queste labili ed umili ap,parooze d'el Tombone di San ,Marco mi hanno fatto compagnia e date queste prose; e ora il mio ,affetto muta in queila che è la più· nobille fiffle dell'amore; voglio dire, in grati- tudine. · . Mi è grata quella melanconia vaga. Se non le sapessi destÌlilate a sparire, tali apparenze, l'aoqua è il ponte, non avrebbero per me questo aspetto di adesso, il ,più caro e più penetrante. Così possiamo angosciarci della sorte 111ostrae universa, noo pensarne una differente d'Ulll punto, e neppur de.siderarla. Se è dato d[re modestamente una cosa pari in superbia a qua– lunque maggiore orgogli-o, - e forse superiore, perché è l'unico orgogilio che basta a sé stesso, - c0111cludodicendo che questo si chiama essere poeta. E io sono u111 poeta. Addio. RICCARDO BACCHl!JLLI. 4.4. - Ptqaao. BibliotecaGino Bianco

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