Pègaso - anno I - n. 12 - dicembre 1929

642 E. Pistelli focle (questa Elettra), tre d'Euripide sono ispirati al tragico fato degli Atridi; e i tre d'Eschilo, hanno luogo tra le creazioni più subliillli del genio umano. E dai greci ai latini, e, per i latini, spe– cialmente ,per Seneca, dopo il Rinasciilllento, a molte nazi0111imo– deme, da Eschilo a Vittorio Alfieri insomma, la famiglia degli Atridi è rimasta suJla scena, specialmente per l'ultimo episodio, il più tragioo, un matricidio, il più orribile dei delitti, che Oreste ed Elettra compiono come espiazione e oome opera necessaria di pietà, di religione e di amor ~liale. 06mpito oosì difficile e problema morale oosì intricato inon'poteva naturalmente trovar soluzione poe– tica fuori che in Grecia, dove il teatro tragico d'Eschilo e di.i Sofocle aveva il fine di risvegliare 111ell'animadel popolo le non mai spente e sacre tradizioni della stirpe, ed il poeta, con l'opera d'arte, si pre– sentava sacer,dote di religi0111e d'ellenismo. ,Mutati i tempi, il mito degli Atridi rimase sulla scena, né è qui il luogo di giudicare con qual fortuna. Anzi, se ricordo che in Francia singolamnente gli Oresti e le Elettre si sono numerati a dozzine, è soltanto per dire che io non ne parlerò. Fu scritto, ed io credo oon ragione, che in l"raIDcia, e possiamo aggiungere in Italia, troviamo Elettra e Oreste, Fedra e Ippolito, perché .... soiltanto perché li ,aveva avuti la Grecia. Studiamoli dunque in quel di.i.vinopaese che li vide disegnarsi nel suo cielo e nascer dal suo suOilo. Noi non sappiamo in quale anno fu rappresentata l'Elettra. L'Antigone 1 che è ass•ai probabilmente d!el 440, lia precedé senza dubbio, forse di poco. L'Elettra di Euripide invece è posteriore; il che iillipare indubitato anche per ragioni estetiche, e più per questa, che Euripide lllOill sarebbe riuscito così infelicemente in un bel so g– getto, se prima di lui Eschilo e Sofocle n0111 glli avesser,o mietq.to il campo. Ma pooo questa volta importano le questio111icro nologich e, tanto più che mancano 111el nostro dramma quegli accenni a fatti o uomini oontemporanei. E venia1ID0 alla tragedia. La scena è qinamzi la reggia degli Atrid1 a Micooe. È l'alba. Giunge Oreste, accompagnato dal veochio pedagogo, quello stesso al quale Elettra lo consegnò fanciullo e che lo trasse in salvo. È coil lui anche Pilade, ll'amico, fio-lio,di Strofio ma non parla· e il Poeta • b ' ' l'ha mtrodotJto soltanto per rispetto alla tradizi0111e. Il pedagogo nelle sue prime parole ci dà poeticrumente la topografia della scena. N0111 è un ,povero artifizio del Poeta che .voglia far sapere agli spet– tatori come debbano immaginare la scena. È invece cosa ben na– tura/le che Oreste, che è stato lontamo dieci anni, e d!ella fanciul– lezza non può serbare che memorie confuse e :incerte vedendo tem– pli e palagi, ard~ di riconoscerli. Il primo riveder~ la patria, la casa sua, è per lm un momen.to solenne· e solenni come il onomem.to richiede, SOillo le par ole del ve cchio; iÌ quale n~ dice q ui, rivol- BibliotecaGino Bianco

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