Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

. La Stella del Nord 59 fusione, immancabiln;i.ente le cadevano alcune maglie che poi doveva faticare molto a raccogliere. Il novembre è U1I1 mese grigio, giustamente ,gode fama di essere il più triste dell'anno, ma, spesso, sulla nostra riviera, ha 00111 la malilllcooia deÙ'autunno tutte le dolcezze e i capricci della prima– vera. Spirano venti tepidi, nei quali i forti odori delle burraische ma, rine si mescolano al profumo dei giardini non 'ancora del tutto sfio– riti, un sole caldo tinge d'oro i colori della natura che appena illlco– milllciano a impallidire, e la stagione lentamente si consuma come un fuoco pigro illlun'aria inquieta. Non abituata a questo clima, la signora Celeste fu colta da strani lang.uori che essa chiamava ver– tigini, e di cui appU111to incolpava quel sole troppo caldo, qNell'arià troppo viva, l'odor del salmastro, il profumo di certe erbe aroma– tiche intorno alle aiuole. La vedevano a U1I1 tratto impallidire, sbat– ter le ciglia, stralu111ar gli occhi : e sarebbe 0aduta senza avere il tempo di gettare nn grido, se chi le era vicino non fosse stato pronto a ,soccorrerla prima che le forze l'avessero abbandonata del tutto. Questo accadeva di solito poco dopo che Massimo, il ciuffo run– cora umido d'acqua e la barba ben spazzolata, -tjso fresco, occhi ri– denti, misurando senza fretta i passi, aveva fatto la sua aipparizione mattutina, e tutti insieme uscivano un poco al sole, per go'dere di quel dolce clima in attesa che Serafina li chiamasse a tavola, - ,Ma tu non stai bene, amor mio, - le diceva preoccupa:to il maggiore Iupiter, mentre se la stringeva dolcemente al petto per sostenerla. - No, no, or,a passerà, non è nulla .... E, pronunciate queste parole co111 un filo dli voce, voleva che Mas– simo, non :fidandosi che del braccio di lui per salire le scale cosi anelante ed illlcerta com'era, l'accompagnasse su, nella sua camer·a, per un breve riposo. Ma giu111ti sul pianerottolo, ,sia la fatica della, salita, sia che la cogliesse una nuova vertigine, IIlon si sentiva di muovere neppure un passo di -più; e Massimo, ·prendoodosela in braccio come avr-ebbe fatto con una bambillla, doveva spalancare con un calcio la porta della propria camera, che era la meno lo[ltana, e deporla ,sul suo letto ancora disfatto. Coricata, voleva che egli nolll se ne andasse, che non le lasciasse la mano ; e stam.do così, gli oechi chiusi, il viso nascosto, fredda e inrunimata, l a signor a Celeste lot– tavw stroouaimente contro l'immagine di Marcello, cercando di al– lootanare da sè, con tutte le forze dell'anima, il ricordo di quei baci, la sensazione fisica di quelle villane carezze, che erwo la causa vera , dei suoi turbamenti. · - Oh, Massimo ! - sospirava di quando ,in quando,. come se si sentisse morire, ,strilllgoodogli con Ulll moto convulso la'mano che egli, seduto sull'orlo del letto, teneva abbandionata fra le ~ue. Che hai, mamma ? · BibliotecaGino Bianco

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