Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

LA STELLA DEL NORD. (CONTINUAZIONE), XL. Questo fu il ritoMo di Massimo. Egli dormì quella illotte un sonillo bellissimo di quattordici ore :filate, al quale poi ne seguirono molti altri illon meno lunghi e profondi. Tanto gli piaceva quel sof– fi.celetto sotto il baldacchino :fiorito, che spesso vi rimaneva disteso anche da sveglio, guard8Jlldo gli uceellilD!ivolare nell'intrico delle foglie e dei viticci, e ripetendo all'infinito fra .sé i facili motivi delle canzoni di reggimento. - Dio lo benedica,: dorme •sempre, - diceva il maggiore Iupiter, illOnriuscendo a nascondere la propria coilltrarietà per quei lunghi sonni e riposi : - Grande eroe, ma anche gran dormiglioille . . Erano interminabili per lui le ore della mattina; e sebbene cer– casse di occupare il suo tempo in mille modi, sempre gliene avanzava troppo per giungere senza fanpazienza a ,quel sospirato momento in cui un rumore di passi, su, nella sua stanza, gli dava l'aamuncio ' che il ,gran dormiglione era sveglio. Risonavano :finalmente quei tonfi che facevano tremare il soffitto, una voce cavernosa attraver– sava lo spessore dei muri co111 l'onda ,di strane melopee, e tutta lia casa era piena per qualche tempo, dello' strepito di quei tardi risve– gli. Allora, mentre il maggiore J upiter scioglieva nel suo cuore un inno al sole di mezzogiorno, la .signora Celeste, fatta una breve sosta dinanzi allo specchio, toglieva ~a una cestina il gomitolo, i ferri, la maglia, a.:i. lana, che oramai lh.onavrebbe potuto servire se non ·per un'altra guerra, e andava .silenziosamente a sedersi nel vano di una finestra. Qui, nell'attesa che :Massimo, scendendo, la trovasse Ìilltenta a quel lavoro mo1to materno, gli occhi senza volere le andavano al giardino, alle betulle ormai spoglie, agli oleandri sfioriti, ai cespugli sempre verdi di cedrina e di tamerice, e così rivedeva in piena luce del giorno quella scena che si era svolta al buio. Quanti passavano per la via, mezzo nascosti dalla spalliera di ellera, le pareva che fossero Marcello. Abbassava precipitosa– mente il capo, il suo viso avvampava di vergogna e, Ìiil quella con - BibliotecaGino Bianco I •

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