Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

/ 1 tetti rossi 57 è pur viva in ogni angolo. Artista: sculto11e. Non grande, non ee– lebre. Statuario convenzionale dai temi e dalla maniera accade– mici, ma rispettato ed accolto in tutte le mostre del suo tempo bonario. Sulle fotografie ingiallite impallidiscono le scritte<< Austel– lung >> <<Esposizione» che dovettero scaldargli il cuore e la testa. Morto, nella 1piena maturità. E, con la sua morte, la miseria e, dietro a questa, la follia. In un angolo della camera, presso una :finestra sta rinchiuso in. una cornice uno scritto sbiadito. È un sonetto mediocre, ma schietto d'un celebre poeta del suo tempo ispirato da un suo lavoro. Tutto il mondo dovette certo sorridergli quel giorno e la sua donna crederlo un dio. Faccio gridare alcune domande alla sorella e le porte della sua sordità s'aiprono di colpo e m'illuminano il passato felice dell'umile' famiglia. Poi si richiu- · dono e la realtà d'oggi emerge spietata dal parlottare ansioso della demente che s'è avvéduta del nostro discorrere del morto ·e ce :ne dissuade seccata richiamandomi con cieco egoismo alla urgenza dei suoi delil'i. - << Non vuole più rimanere nella sua casa; la sorella è la sua carnefice; dovrà ucciderla, se continua così; vuole un aperitivo; sì, ha tentato di strozzarla, l'altra notte, ma non ha im1Portanza; ci vuole una polverina per il suo stomaco .... » Là vicina commenta e m' informa che di notte deve spesso sa– lire, richiamata dai tonfi d'una lotta che si svolge al buio e in un silenzio per esse ancor 1Piùprofondo. Ma oggi son distratto e non odo, quasi, le tragiche fole dell'inferma né i commenti della pia donna. Il morto ha una voce più forte. Voce disperata e impotente sulla ,quale mi sembra rotolare l'implacabile ingranaggio della vita. Ma non tanto ch'io non l'oda !Piangere sul delirio della sua donna e sull'oblio del suo nome. « Vivo, sembra dirmi, traevo pur pane e gioia dal mio lavoro amato .. Morto, nessuno m'ode né m'aiuta. E 'la mia donna patisce ed io non voglio. Soccorrila, aiutala, col mio lavoro, ancora. Qualcosa di buono v'era se un poeta poté iS1Pirar– sene ! Cerca, fruga fra le mie opere incompiute : la tua pietà le farà complete. Aiutami. » L'ho ascoltato. Ho scritto all' « ufficio competente»· che l'inferma aveva bisogno d'essere soccorsa. E ho aggiunto: non fatele una elemosina. C'è un morto che ha lavorato tutta la vita per lei. CoffiiPerate qualcosa di suo. Potrà adornare la sala del << signor presidente» o figurare come vostro dono in qualche lotteria. Ma questa volta la prolPosta si è infranta contro un sorriso am- ministrativo. CORRADO TUMIATI. BibliotecaGino Bianco

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