Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

La film parlante 05 rola, o di musica,, come colei che parlava già un originalissimo lin– guaggio e resuscitava la spirituale armonia degli spazi. Quand'ecco, d'improvviso, la tecnica,, come una monella guastafeste annunciare ch'essa è riuscita, finalmente a dare la, parola, la parola ~aturalistica, veristica,, all'immagine. L'estetica, che era riuscita a creare un'autonomia artisti.ca , alla film sbarazzandola di quasi tutti gli elementi teatrali d i cui er a per molt'anni vissuta, vede il cinema ripiombare di colpo in piena volgarità teatrale. Questa parola naturalistica, veristica, di cui l'immagine non aveva più alcun bisogno, spezza d'improvviso l'economia spirituale cioè la musica intima della film e riapre tutte le porte alla brutalità este– riorizzante del teatro. Di fronte a questo malaugurato progresso della tecnica, gli esteti gridano oggi in coro : « Che avete fatto ? La .film ricade in piena barbarie.» 1 E proprio vero questo? E si ha, ad ogni costo, da prender partito tra l'infanzia, guastafeste della tecnica e l'intellettualità adulta del– l'estetica? Io non direi. Lo spirito creativo ,è oggi tutto immerso nella tecnica: e gli stili (vedi l'architettura modernissima in Germania e in Olanda) non sono più oggi che tecniéhe spiritualizzate. Pur dando ragione in molte cose all'estetica, io ho il sospetto che la tecnica del cinema, col suo empirismo infantile, veda più profondo nell'avvenire della film di quel che non ci vedano gli esteti. In questa tecnica, che sta diventando prodigiosamente complessa, è una coerenza, è una logica costruttiva, che mi persuade assai più che il lagno degli intellettuali, pigri misoneisti quasi sempre che, una volta chiusisi nel loro castel– luccio di idee, non vorrebbero più uscirne neanche con le cannonate. Fondata la festa delle immagini sulla gioia concreta dell'occhio, è lo– gico che la ,tecnica pensi di poter fondare anche una festa !1ei suoni sulla gioia concreta dell'orecchio. Il guaio è che questa costruttiva logica sensualistica, nel suo pue– rile ardimento, è sempre pronta a ferirsi con le proprie armi. Quel che fa, la debolezza della parola cinematografica è oggi, per l'appunto, la sua mancanza, di verità naturale e sensibile, in confronto con la realtà naturale e sensibile cui l'occhio cinematogra,fico s'è ormai abituato. Questa, e non quella lamentata dagli intellettuali, è la, vera, l'intima ferita. che lo spettatore riceve. Esso sente che la parola non è ancora così reale, così diretta come l'immagine; sente che la parola non parte dal centro di quell'immagine ch'egli ba così nitida, così viva innanzi a(Tli occhi: che la parola le è sovrapposta con un trucco ingegnoso. Al cinema la, .fantasia è troppo intessuta di realtà immediate per poter far cr:dito ad una suggestione mediata di cui senta il meccauistico trucco. L'illusione dell'orecchio vuol esser meccanisticamente perfetta come quella dell'occhio. Al teatro dei burattini, dove, per le magiche vie ù.ella suggestione teatrale, la fantasia s'.è già mess?' _su~e spese rega~ lando una statura e uno spirito umam a fantoccm1 d1 legno, tutti siamo naturalmeute disposti a far credito ~nche alla voce del ~urattin~ benché non aderisca affatto alla sua figura, benché venga dall alto n di traverso o dal basso. Ma al cinema dove io ho un'immagine fotografica della realtà, voglio che sia ben f~notipica la parola, che mi giunga BibliotecaGino Bianco

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