Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

92 U. Ojetti 1 ,ivelet,r? ))) e quella, mettiamo, del signor Bedel 1928 che, facenilo lo ,;cettico in Italia, vorrebbe rifarsi della fama di credulo e di timido acquistata in Scandinavia col suo povero Jerome. Ella, ama, insieme l'Italia passata, nrn,gari, nonostante il vento ·e il freddo trovati a Peru– gia e ad Assiisi, l'Italia mistir.a del vecchio Gebhart, e insieme l'Italia d'oggi, fasei1:,ta. Anzi, se è lecita una critica ad un ospite che è tanto gentile da ammirare perfino il monume(llto a, Pio decimo in ,San Pietro, auei voluto che tra l'Italia del Rinascimento cara a Barrès, quella del H,isorgimento cara a, .Stendhal, e l'Italia della guerra e dei Fasci, ella, andando più profondo, avesse trovato quella continuità che, piaccia o non piaccia, è una delle ragioni del Governo d'oggi e della sua popolarità; o, se non voleva, andare tanto fondo e tanto lontano, ch'ella fosse risalito, di là da,lla, guerra, verso l'Italia addormentatasi nei corridoi del Pa,rla,mento all'inglese e magari alla frances~, dopo la lunga e sanguinosa fatica dell'indipendenza, e dell'unità.' Per comprendere, voglio dire, ei per accettare oggi il regime Fascista non bisogna solo pensare all'anarchia, e ai delitti del 1919, del 1920 è del 1921; ma alla, nostra stessa giovinezza quando ci eravamo foggiata un'idea della libertà tanto fatua che c'eravamo libe.rati per,fino della logica, e taluni di noi borghesi sognavano di capitanare il proletariato nel suo assalto contro noi stessi, e s'iscrivevano lietamente a,i Fasci del 1893. V'è à,nc6ra, un liberale che preferisca i Fasci del 1893 a quelli del 1929 ? Se c'è, bisogna che s.i risolva a ridere. Ma ella francese, di questi in– genui, vivi e vegeti e dominatori, può trovarne tanti a Parigi che la mia osservazione forse manca d'opportunità e convenienza; e me ne scuso. Libri come il, suo non sono solo svaghi e confidenze dell'autore; sono anche opere d'equanimità e di giustizia, e medicine contro le fe– rite o i torti che ieri un min.istro come Clémenceau in vena di fare il profeta, oggi un tribunale in fregola di pietà, domani un romanzierino in questua d'epigrammi possono farci, o meglio tentano di farci, sicuri che qualcuno s,i troverà sempre per applaudirli, tanti sono dal 1860 e più dal 1915 e più dal 1923 coloro che d'ogni nostra più lieve difficoltà godono, in quest'angusta Europa, come d'una loro personale fortuna. Invidia? Secondo Maurice Bedel, nel suo Fascisme an VII) niente si può invidiare aU'Italia; invidiabile è solo la Froncia. « Ohe dire del sentimento che separa da noi la nostra vicina,, se non che ha tutto l'aspetto dell'inv-idia? Arrivata troppo tardi nel teatro dell'Europa essa occupa un seggiolino volante accanto alla nostra poltrona.... Per quanto faccia e si agiti, essa resta sempre legata alla Francia come il gambo alla rosa, e deve subire, impaziente e spinosa, la serena in– differenza di quel fiore ricco di nettare e coronato di api: » Grazioso, non è vero ? A rigor d'immagine, tutti i !>ucchi e il vigore per dar tanto nettare a quella. rosa sembrerebbe che ,enissero da noi gambo. E questa sarel,be per noi sconsiderata superbia. Io non sono infatti di quelli italiani che, ricevendo sulla testa si– mili fiorellini e coriandoli di carta, rispondono .sul serio: - Tra l'ago– sto 1914 e il maggio 1915 lei, signor Francese, non parlava cosi. - Non lo rispondo perché non mi piace mescolare la commedia alla tragedia, e poi perché in qnei mesi di a.nsia noi che chiedemmo l'intervento lo BibliotecaGino Bianco

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