Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

352 S. d'Amico all'esigenze nuove, che chiedevano la « tranche de vie» senz'orpelli, nuda e cruda; e scrisse, con uno stile per molti versi mirabile e subito as– sunto a modello dai successori, i suoi desolati Tristi amori. Ma, checché si dica, nello spirito dell'autore quella, fu una parentesi tutta volon– taria. A guardar da vicino la sua cosiddetta seconda maniera, ci vuol poco a ritrovarvi quasi sempre la nostalgia per un vecchio tema caro a tutto il basso Romanticismo, trattato dal Feuillet nel Rornanzo d'un giovine povero come dall'Ohnet nel· Padrone delle Ferriere, e in una quantità di romanzi, ohimé, della candida signora Werner: il tema del giovine povero, o nuovo venuto, o borghese, che conquista a forza la bella dama sdegnosa, la quale incomincia dal disprezzarlo e finisce col cadergli ai piedi. Era stato, come tutti sanno, il soggetto della Par_tita a scacchi e del 'l.'rionfo d'amore; è anche, quando si dice le combina– zioni, quello dei Mar·iti di Torelli; continua, a esser quello di Resa a dùicrezione; e chi sappia scoprire gli altarini s'accorge che è sempre quello di Come le foglie. Meno scaltro, più fecondo soprattutto negli abbondanti_ e significa– tivi romanzi, e tutto pieno di punti escla.mat.ivi, Rovetta si tra,disce anche di più. È vero che nella Trilogia di Dorina e, meglio, nei Diso– nesti, fa anche lui il pittore sobrio, «oggettivo», fotografico. Ma è raro che, al momento buono, la retorica non gli prenda la maJ'.!O; e allora, nonostante tutt'i divieti del nuovissimo dogma, siamo alle tirate della « scène à faire », proprio come piaceva all'esecrato Sarcey. Chi fu, dei tre, non il più artista, ma il più impassibile, il più intransigente, il più inesorato e sincero ? A noi non par dubbio, Marco Praga. E di questi giorni, com'era naturale, si son tornate a raffrontare le date, e s'è ridimostrata un'agevole verità; che quando Praga scrisse La rnoglie ideale, La parigina di Becque non era ancor nota in Italia; e che il suo Bell' Apollo precede, di sette od otto anni, Le rnarquis de l'riola di Lavedan; e che le sue Vergini sono anteriori, di molti anni, ,alle Demi-Vierges di Prevost. Dunque, meglio che imitazione dell'arte francese, affinità di temperamenti. ,Sarèbbe, è vero, difficile negare che l'atmosfera della sua casistica dell'adulterio sia quella di Parigi; e che i modelli del famoso stile «parlato», suo e dei suoi compagni d'arte, venissero di lassù. Ma l'italianità dei loro propositi non consisteva, crediamo, se non in questo : nel voler dare alla borghesia nostra una commedia, come Becque e i suoi ne avevan data una alla Francia. Le parentele n::1scevano, necessariamente, dall'identità degli assunti, come dalla somiglianza, almeno relativa, d~lle due società rappresentate. Qtianto a parlare del valore estetico dell'opera di Marco. Praga, esaminandone i pregi e le deficienze, è chiaro che adesso s'arriverebbe in ritardo. Si sa di quale vita respiri ancora, sulle scene, La moglie ideale, che oggi il pubblico seguita a trovar così fresca cQme apparve trentott'anni addietro, nella sbalorditoria interpretazione della Duse. E angoli, e« interni», e spunti d'agile dialogo; s'incontrano tuttora qua e là, nelle Vergini, nella Crisi, in altri suoi lav.ori minori, per i quali Praga ostentava da molto tempo un disprezzo, paragonabile a quello del padre burbero verso i figliuoli eh~ tratta male ma di cui in fondo BibliotecaGino Bianco

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