Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

A,PPUNTI SU MAROO PRAGA. Non dirò che, agli occhi miei, Marco Praga e Milano fossero la stessa cosa;' Ma senza dubbio per noi non milanesi, e portati almeno dal mestiere a bazzicare in teatro, Marco Praga era l'unico rimasto a rap– presentare, in questo dopoguerra, la forma mentis d'una certa Milano : quella che aveva trovato una dell'espressioni più tipiche nella com– media nostra fiorita tra il '90 e il '910, Fino a dieci o dodici anni fa, gli autori dei manuali e, di rimando, i cronisti, si son quasi sempre contentati di definire « verista ii tutto qùel teatro. Ma, se ogni definizione al mondo ha sempre il torto d.'eissere sommaria e perciò inesatta, poche volte s'arrivò all'ingiustizia di que– sta: che mette insieme l'arte d'un Verga (se non d'un Cossa; anche nel prologo del Nerone si parla di verismo!) con quella dell'ultimo Gia– cosa, di Gerolamo Rovetta e del nostro Praga. Dicono che, in sostanza, eran tutti figli di quel positivismo. filosofico nato dalla tranquilla soddisfazione borghese, la quale contava di go– dersi i frutti della grassa pace conquìstata con l'assetto europeo e nar zionale. Ma, senza fermarci a esaminare ciò che poi Verga doveva ai Russi, è ben certo che la sua verginità terriera s'incantava almeno va– gamente d'echi religiosi: in lui il dramma tendeva a tornare a un'es– senzialità primitiva; e la secchezza del suo stile nasceva, con dispera– zione di Ferdinando Martini, dal dialetto. Mentre Giacosa, Rovetta e Praga guardavano verso Parigi ; e, tra i caratteri del Théàtre libre, non tanto sentivano l'ansie sociali di Zola quanto amavano le distac– cate indagini psicologiche di Becque. Commediografi milanesi (anche se due su tre non eran nati a Milano) in questo senso, ch'erano interpreti della città a cui facevan capo : d'una Milano la quale non era già l'im– possibile capitale morale di questa Italia dove un unico centro spiri– tuale non s',è avuto mai, almeno sino a oggi; ma la capitale d'una certa borghesia, liberale e laicista e operosa: quella che dava mano alla co– stituzione d'un'industria e d'una ricchezza italiane, e che alle sette del .pomeriggio, chiusi gli uffici, si metteva l'abito da sera per pranzare al « Savini ii e poi andare al « Manzoni >>. Borghesia positiva, che ormai si vergognava di confessare le sue antiche predilezioni per paggio Fernando e per il dolce Medioevo di cartapesta dorata onde O'li anni giovinetti del nuovo Regno s'eran com- ' b • . piaciuti. Perciò il Giacosa delle «leggende» fu pronto a convert1rs1 BibliotecaGino Bianco

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