l’ordine civile - anno II - n. 18 - 15 settembre 1960

pag. 2 do a vedere, al di là delle espressioni verbali, la natura vera dell'azione sovietica. E primi fra tutti gli americani. Coloro ..che guidano, per prestigio e potenza, le nazioni· libere di fronte ai paesi comunisti, hanno subito, uno dietro l'altro, degli scacchi diplomatici da lasciare il fiato mozzo. E' più che mai nel giusto Emmanuel Berl quando scrive del popolo americano: « La politica ge– nerale ha per questo popolo un carattere astratto. Esso pensa poco perché soffre poco. Questo popolo non ha ancora compreso cosa significa un'alleanza. Esso crede sia una assistenza gratuitamente offerta da un protettore generoso. Ma ogni g1nerosità ha inevitabilmente le sue eclissi, i suoi ricorsi afla forza. E' pur necessario riportare in fa_niiglia il ragi1zzo-che si è· smarrito per la strada. Ma non si può farlo tutti i giorni. Si ha qualche volta il di– ritti>di àver fretta, e p~i non sì deve avere l'aria di essere • troppo interessati alle ragazzine ed ai giovinetti traviati. Hanno pur letto Lo lita ! Ed ecco perché vediamo questo popolo che lin~ia i negri sospetti, anche a torto, di aver voluto; anche invàno, violare una donna bianca, acco– gli.ere con calore i rappresentanti di quel Congo, dove centinaia di donne belghe venivano allora violate. I:rico- • • d ll l 1 • • scienti e a oro stessa incoscienza ... )). Considerationi amare, ma vere. A_ccettando gli ame– ricani la distensione nell'interpretazione voluta dalla URSS, hanno ;enza dubbio provocato un cedimento nei confronti del comunismo nei paesi europei che debbono fare i conti con forti opposizioni comuniste. Ed ora vor– rebbero forse che noi mostrassimo la schiena anche a Lumumba? Noi europei abbiamo tradizioni più anti– _che del popolo americano, e ciò ci dà una fierezza che è una maggiore coscienza e sensibilità dei problemi che ci travagliano. E' giunto il momento che gli Stati Uniti si accorgano che l'Europa non si trova più nello stato di prostrazione d~l dopoguerra e che da tempo è uscita dalla minore età; è giunta l'ora che l'Europa rivendichi dagli • Stati Uniti una maggiore autonomia tattica, sul piano di– plomatico e sul piano militare. Il Patto Atlantico ha ormai più di dieci anni, e le premesse su cui si fondava sono mutate : le nazioni euro– pee sono forti e trovandosi in prima fila a combattere il comunismo, è nel loro • diritto reclamare un' autosuffi– cienza diplomatico-militare. Di questa esigenza si è fatto interprete il giusto esegeta dell'attuale realtà politica, il Gen. De Gaulle. lnsistendò sulla revisione del Patta • Atlantico, prospettando la « vie nouvelle » dell'•« Euro– pa delle Patrie », Charles De Gaulle ha centrato il pro– blema·c!ell'Eui;opa e dei suoi rapporti con gli Stati Uniti. L'Europa delle patrie è la nuova prospettiva aperta dal premier francése, che non significa affatto rinunzia alla I integrazione dfll'Europa. • La caratteristica dell'azione politica di De Gaulle· è la gradualitp,; i.Zproblema dell'unione europea è ur– gente, mentre f integrazione non ha, a tutt'oggi, le obbiet- - . tive premesse f! condizioni per essere attuata. L'« Eùrope des Patries » e il pri.mo consistente passo. Le altre nazioni europee debbqno comprendere questa grande verità. Con– tro le tesi del gen. De Gaulle si è voluto obiettare che servono a rin~erdire la « grandeur >> francese, a disgre– gare l' alleanzb atlantica, infine a tessere alleanze più consistenti chJ sostengano la sua politica· in Algeria. L'opera Jzi De Gaulle non tende certamente a spez-. I . . zare l' alleanze atlantica, ma solo a - rin/ orzarla nel set- I . I l'ordine civile tore europeo; il che ci sembra cosa giustissima e dove– rosa. • Quanto poi alla perplessità suscitata dalla poli– tica di De Gaulle in Algéria, ci sembra del tutto gratuita e fuori luogo. La tesi di De Gaulle sul futuro della Alge– ria è nota ovunque : cessazione del fuoco ed inizio delle trattative con tutte le forze politiche algerine ivi com– preso l'F.N.L.; indi autodecisione del popolo algerino mediante elezioni. ll gen. De Gaulle non è per la im– provvisazione, né per sconsiderati cedimenti. D'altra parte il Belgio che ha improvvisamente ce– duto,· a ragioni sentimentali e a suggestioni di facilità, più che politiche, sta scontando e-pagando duramente il suo errore. La situazione del Congo che ha reso effer– vescente l'atmosfera africana probabilmente tarderà la so'luzione della questione algerina. ].]. Servan-Sch,reiber, direttore dell'Express, rin– faccia a De Gaulle che « plus de deux ans ont passé, le probléme, les memes, sont toujours là. En plus grave »; la responsabili.tà di questo stato aggravato di cose non può imputarsi a De Gaulle, ma a quanti, ansiosi di mo– strarsi « distesi » ed « anticolonialisti » hanno compiuto passi falsi. Ed ora il conto lo paghiamo tutti. Lo stesso governo italiano sembra che avanzi riserve, abbia dubbi sulla opportunità deZ.Zetesi golliste. Ma quale obiettivo più vero deve avere la politica estera italiana se non quello di contribuire al rafforzàmeno dell'Europa? Che cosa può farci irodietreggiare di fronte alle proposte di De Gaulle? Forse vl ti.more che una unione politica e militare dei « sei » porti ad una maggiore separazione dagli Stati Uniti? Forse non si ritiene che il Gel!,. De Gaulle abbia le capacità, il prestigio, la forza di rappre– sentare l'Europa in un eventuale direttorio _atlantico? Attraversiamo un momento particolarmente diffi~ cile; di fronte all'aggressività, all'arroganza sprezzante· del comunismo, non abbiamo oggi nulla di efficace da contrapporre. La volontà di pace di « H », le riafferma– zioni di principio di Eisenhower, non sono più sufficienti, non costituiscono più un argine valido. E' più che mai urgente subordinare ogni altra ragione sia essa econo– mica o di altra natur.a, alla ragione politica; e la ragione politica più efficace è oggi l'Europa delle patrie. « Voilà l'humble verité, un homme seul se mesure à enchevetremen d'intérets et de passions, a l'échelle na– tionale mais aussi européenne et planétaire » scrive Fran– çois Mauriàc di De Gaulle. • Il governo italiano, non soggetto a possibilità di ricatto sul piano internazionale, come quello tedesco, che il problema di Berlino condanna alle soluzi_oni unani- • mi, non impegnato così duramente come il governo belga, . potrebbe rompere l'isolament_o 'ael generale e avviare un corso della politica europea. L'integrazione atlantica, la fedeltà alla lettera del Trattato, è in questo caso una semplice mascheratura di un'altra fedeltà; quella determinata dalla solidarietà e dalle speranze della politica interna.· Ebbene sì, la grandeur avrà i suoi mali, lo confes– siamo, ma, cittadini, ci concedete che infine la medio– crità e la piccolezza sono la più tenace, la più sconfor– tante delle iatture? E che quindici anni di penitenza della nostra gran– deur dovrebbero bastare? Ahimé, no : la pi<;colezza co11,– tinua. (O. B.)

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