l’ordine civile - anno II - n. 12 - 15 giugno 1960

VANGELO SECONDO LUCA (XIV, 16-24). Seconda domenica •. dopo Pentecoste. « Un uomo diede una grande cena, e invitò molte per– sone. All'ora della cena mandò un suo servo per dire agli ', invitati di venire, che tutto era pronto. Ma tutti cominciarono ' a scusarsi. 11primo gli disse: ho comprato un podere, e devo uscire ,per andarlo a vedere: ti prego di scusarmi. ·un altro •• disse: ho comprato cinque paia di buoi, e vado a provarli : _ ti prego di scusarmi. Un altro ancora disse: ho preso moglie, e perciò non posso venire. Ritornato, il •servo riferì le risposte al suo padrone. Allora, sdegnato, il padrone di casa disse al servo: presto, va per le piazze e per le strade della città, e fa venire qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi. Ed il servo disse: padrone, ho fatto quel che mi hai or– dinato, ma c'è ancora del posto. Allora il padrone disse al servo: va ·per ·le strade, e lungo le siepi, e costringi la gente ad entrare, perchè la mia casa si riempia: Vi dico, dunque, che nessuno di coloro che sono sta'ti in– vitati asseggerà la mia cena ». VANGELO SECONDO LUCA ( XV, 1-1 O). Terza domenica dopo Pentecoste. I pubblicani e i peccatori si avvicinavano a Gesù per ascol- • tarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: costui acco– glie i peccatori, e mangia con. loro. E Gesù disse allora questa similitudine: « chi di voi, che abbia cento pecore, se ne perde una non lascia nel deserto le • novantanove, e non va a cercare quella perduta finchè non ìa ~,. trova? Quando l'ha trovata se la mette tutto contento sulle spalle, e, tornato a casa, chiama gli amici e i vicini e dice: ral– legratevi con me, perchè ho trovato la pecora che si era per– duta. Vi dico che, allO' stesso modo, ci sarà più gioia nel cielo per un peccatore che si pente che per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza. Oppure, qual'è quella donna che, avendo dieci dramme, se ne perde una n.on accende la lucerna, e non spazza la casa, e non cerca con cura, finchè non la trova, chiama le amiche e le vicine, e dice: rallegratevi con me, perchè ho trovato la dramma che avevo perduta. Vi dlco che, allo stesso modo, ci sarà gioia dinnanzi agli angeli di Dio per un peccatore che si pente». Nelle « parabole » Gesù Cristo ci offre nel modo più delicato la sua umanità, ci si presenta nel modo in cui è pm facile per noi comprenderlo ed amarlo. La cc mo-rale >> che si •ricava ,dalle similitudini con Je quali si rivolgeva alle folle è '~ il più delle volte una morale semplice e lineare, ,che non ha nulla del pa,radossale e del terribile che risultano da aJ,tri momenti della sua predicazione; come, ad esemp•io, dagli ardui discorsi ·pronunciati dinnanzi ai discepoli nell'ultima J cena, che nelle scorse settimane la Chies·a ha proposto alla nostra meditazione. E' certo che quel Gesù che ammirano anche ,gli incre– duli, che affascina tutti per la sua dolcezza, fino a trovare in uomini come Rénan parole di incondizionata e appassio– nata lode, è il Gesù ,delle parabole. Ma è •certo ·altresì che il Gesù deLle parabole, separato dal Gesù apocalittico teso al sovrumano evento risolutivo della storia, è reso accettabile V al mondo proprio •perchè è spogliato del suo significato più profondo. Non è inutile, quindi, cercare nelle più soavi ,delle sue parabole la potenza giudicante della sua divinità. IL VANGELO Nella parabola deWinvito a cena il regno di Dio è para– gonato a un banchetto, rifiutato dagli invitati e offer,to, in– fine, a..g•ente raccolta alla rinfusa e affrettatamente costretta ad entrare, per il· grande desiderio del padrone di ·casa di ve– dere riempita la sua casa. La morale della parabola è tratta, questa volta, da Gesù stesso, e può quindi servirci come mo– dello 'per le numerose voJte in cui la ricerca del significato è lasciata à noi. La similitudine dell'invito a cena si preste– rebbe ottimamente per trarre una mo11ale intessuta di dol– cezza •e di misericordia : Dio è ,come un uomo che, per il desiderio di vedere riempita Ja sua casa va a cercare ospiti ovunque, comunque si1mo, ,compensando con. il suo grande desiderio di stare con gli uomini la mancanza di desid ,er.io che gli uomini hanno di stare con lui. Sarebbe stata una bella parabola .sull'amore di Dio per gli uomini, reso attra– verso l'immagine della sua casa che •ci attende, del suo \:Uore che ci. cerca. Ma Gesù trae una morale diver,sa: « vi dico, ·dunque, che nessuno di coloro-che sono stati 'Stati invitati assaggerà Ja mia cena ». L'accento non è posto sul banchetto, degli ospiti affrettata'mente raccolti all'ultimo momento, ma sull'esclusio• ne ,dal banchet,to di coloro che •erano ·stati invitat,i fin dal primo momento, di coloro che ritenevano di avere tutti i titoli per •parteci'parvi. Dinnanzi alla cc interpretazione au– tentica » offerta da Gesù stesso, non potendosi più proporre una moi::ale meno drastica, si ricorr-e spesso ad una limita- , zione, nel tempo e nello ·spazio, ,del significato della parabola, applicandola al popolo ebreo che ha rifiutato l'invito del Red·entore. Così, facciamo come se le parole di Gesù, le pa– role di cui <e non perirà neppure uno iota », non fossero state pronunciate per noi, come se ,la loro durezza fosse ri– volta ad altri, i più lontani possibile dalla nostra vita quo– tidiana. Ma il <e nessuno di coloro che sono stati invitati assag• gerà la mia cena » è anche troppo chiaro. Il regno di Dio sarà riempito dai poveri, dagli storpi; dai ciechi, dagli zoppi, da gente stanca ·e vuo-ta che, raccolta per le strade e lungo le siepi, è forzata ad entrare, confusamente, disordinatamente, a.ffrettatamente. Il regno, potenza di Dio che giudica i'l mondo, è questa realtà inerme e improvvisa, imprevedibile, alla quale si ,giunge attrave11so la solitudine, la stanchezza, la sof– ferenza, il ,disprezzo; Una realtà che è negata a coloro ·che .si ritengono già degni di lei, aUa pari, regolarmente mµni,ti di biglietto d'invito, e quindi nella po.ssibilità di accettare come di rinviare ,ad una occasione più :propizia, per non do– ver trascurare i loro affari, che hanno pure una rilevanza, non indegna di essere contrapposta e affiancata a quella di Dio. La parabola dell'invito a cena propone dunque, anzi- . tutto, un giudizio ,sul mondo, un ri,baltamento dei valori sui quali il mondo si fonda. Le due similitudini che formano il secondo dei passi e,vange.lici riportati ripr~pongono la stessa verità. Alla figura di coloro che si ritengono a posto dinanzi alla realtà di Dio, invitati degni di figurare alla sua mensa, fa ris•contro qui la figura di chi ,dovrebbe esserne escluso~ del peccatore. La parabola è detta per i fari,sei e per gli scribi: alla loro inu– tile stiffieienza è contrapposta l'insufficienza del peccatore, solo e vuoto come una pecora dispersa, per la sorte della ·quale il ,pastore trema e sta in an:sia. GIORGIO ZUNESI Direzione, redazione e amministrazione: Roma • Via di Porta Castello, 13 • Tel. 561.279 Direttore: GIOVANNI BAGET-BOZZO - Redattore reapomabile: DOMENICO DE SOSSI iblio Autorizzuione del Tribunale di Roma n. 6923 del 30 maggio 1959 ABBONAMENTI: Annuo: L. 2.000 • Sem.: L. 1.100 Trim.: L. 600 Tip. Aas-GllAF . Roma • Via Banohi Vecchi 12 • Telef. 652,S76

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