l'ordine civile - anno II - n. 3 - 1 febbraio 1960

Il presidente e. Ora che l'artificioso incidente relativamente ai rapporti tra Chiesa e Stato, in occasione del viaggio in URSS del Pre– sidente della Repubblica, si è ·esaurito, si può consid~rare questo via,ggio nel suo specifico significato di atto della politi- ca estera italiana. ' , Che la costituzione non preveda alcuna competenza so– stanziale del Capo dello Stato in politica estera, ·ora qui non c'entra. I governi succedutisi _dal maggio 1955 hanno sempre ric<mosciuto una .certa iniziativa -in politica estera al Capo dello Stato, prendendosi piena responsabilità di quanto. da lui compiuto. Tale coinpetenza è andata gradualmente crescendo ed ormai il ·Capo dello Stato si occupa attivamente di politica estera. al di sopra del Parlamento e del Governo responsabile. Ad ogni modo, poichè la Costituzione assegna al riguardo chiare competenze al -Governo, ed in particolare al .Pr'esidente del •Consiglio, ovviamente sono essi i responsabili e degli atti politici del Capo dello Stato e della situazione costituzionale' che così ne risulta. ' Anche in questa .mate_ria dovrebbe ':alere il principio enunciato dall'on. Gronchi in materia di regioni: la Costitu– zione o la si modifica o la si applica. Invece qui si è proceduto seguendo l'antica via della mo– dificazione tacita. Prendiamo dunque atto che ormai nella nostra costitu– zione materiale il Capo dello Stato partecipa autonomamente alla determinazione della politica estera. • Ora l'atto, la presa di contatto diretta, pubblica e solenne, con i capi ·dello stato sovietico, che l'on. Gronchi svolge in ragione di questa sua ·partecipazione, aggiunge, innova, muta qualcosa della politica estera italiana? O essa rimane, come la persona del Re nello Statuto albertino, sacra ed inviolabile? La nostra politica. estera venne •costruita nelle sue linee fondamentali da ·De Gasperi e da Sforza, i quali non a caso furono gli uomini politici di questo. dopoguerra con cui Gio– vanni ,Gronchi si trovò ad avere rapporti peggiori, dal punto di vista politico. Gli assunti di questa politica erano due: I) che la realtà del comunismo sovietico aveva diviso il mondo in due blocchi e che era necessario un equilibrio di potere militare per garantire la pa-ce. Questo obbligava gli stati europei ad accettare una armonizzazìone ed un'integra– zione delle loro ·p_olitiche sotto la leadership àm~Ticana; ~ II) che in particolare era necessaria un 'integrazione politica sopranazionale ed in ogni caso uno strettissimo af– fiancamento politico con le nazioni continentali dell'Europa occidentale : Francia, Germania, Benelux. • Nei confronti di questa politica, l'on. Gronchi •tenne a - differenziarsi, mettendo in rilievo il fattore nazionale :· ma tuttavia, salvo nel momento della •critica all'adesione al Patto Atlantico, egli non giunse mai a proporre una vera alternaÙva politica. Le circostanze gli e.rano al riguardo del tutto avverse. Oggi l'avversità è meno evidente. Sotto un certo aspetto. · può anzi sembrl!re che gli assunti della politica estera di De Gas.peri e di Sforza stiano gradualmente· venendo meno. I rapporti tra blocchi sembrano diventare meno tesi: e sopratutto graduali prospettive di disarmo e di controllo degli armamenti si aff,cciano sul nostro orizzonte. Inoltre l'Europa delle patrie sembra aver preso il posto dell'Europa sopra-nazionale: ed essa sembra dominata da un vertice permanente franco-tedesco. Non è ·dunque giunta l'ora cbe l'Italia acqu'isti una sua maggior libertà di olitica estera? Non 1?l y~d~ ci;m11_'.\to ha gli affari esteri di Domenico Petri giovato, sia al prest1g10 che all'economia dell'<Egitto, dell'In– dia, della Jugoslavia il neutralismo positivo? Senza spingerci a tanto una maggior iniziativa dell'ltalià, sia nei confronti della Comunità ailantica, sia nei -confronti di quella europea, non può divenire una politica estera redditizia, sia in termini di prestigio che di economia? A noi non sembra. Al contrario, ci pare che questa « li– bertà d'iniziativa )), questa sqrta di mediazione dall'interno che è la fata Morgana periodica dei no&tri governanti, sia. una politica non -solo' sbagliata, ma oggi impraticabile. L'Italia è uno dei pochi paesi a trovarsi nella incomoda categoria di nazione media: nè ricca, nè povera. Non così ricca da potersi permettere la sua bomba atomica, un suo con– sistente esercito, .insomma da valere in qualche modo come pi,ccola potenza militare moderna; non così povera da poter . beneficiare di quella -corsa alla conquista politica ed econo– mica da parte delle potenze ricche -che è oggi l'occasione poli– tica· dei popoli sottosviluppati. Naturalmente, ogni situazione negativa è il rovescio di una situazione positiva. Ed il principio è vero anche qui. Proprio per la sua natura di' media potenza, l'Italia è riuscita ad assicurarsi un peso politico nei consigli dell'Oc– cidente. Tale peso può essere moltiplicato in funzione -della costi– tµziop.e dell'Europa dei Sei. ,Cioè: l'Italia ha ricevuto un peso politico addizionale dalla sua inclusione nell'alleanza atlan– tica e nella comunità europea. Questo peso è destinato ad aumentare in ragione del •peso che la politica di Comunità . atlantica e sopratutto il principio di collaborazione ed integra– zione europea aumenta all'interno dei paesi aderenti. Il no– stro peso politico è oggi in funzione dell'attuale integrazione tra le nazioni o almeno tra le politiche dell'occidente. La via della nostra politica estera andrebbe dunque cer– cata, se quanto sopra è esatto, non nella mag-gior libertà di iniziativa, ma al contrario in una ma•ggior integrazione. Cioè, in -sostanza· adattando la linea di politica estera di De Ga-speri e di Sforza alle attuali circostanze, non abban– donandola: ,e l'adattamento in questo caso, vorreb~e dire un 'a·c-centuazione. 1 Non è nostro interesse nazionale che una generica ed in- , sufficiente prospettiva distensiori.ista sospinga gli Stati Uniti •a rilassare i loro legami con l'Europa e a fare chèvalier seul sulio scacchiere mondiale. Non è nostro interesse che i legami di integrazione ci.elle politiche e delle nazioni' europee ven– gano allecntati, •e che si creino delle sensibili divergenze ,poli– tiche nel continente. Non è nostro interesse, per,chè l'Italia, neutrale isolata, e blandamente neutralizzata, non avrebbe più alcuna -carta ·da giocare : nemmeno quella neutralista, che avrebbe, nell'ipotesi g"ià spésa per quel che vale. Ora a vantaggio di questa politica italiana sta l'incertezza e la difficoltà oggettiva della trattativa internazionale, che impone -di evitare ogni smobilitazione psicologica precedente ad un accordo sostanziale; sta la necessità di integrazione e di armonizzazione in cui vengono oggettivamente poste sia la Francia -che la Germania, e -che ha d·ato luogo alla stretta c~llabo;azione, che pareva così difficile, tra ·ne Gaulle ed Adenauer. • La linea· deÌl'iniziativa naziona1e si converte invece in una pressione inversa sulla pòlitica americana ( una press'ione in fàttò simile a quella dei pàesi neutralisti) e in una disgrega– zione· della ,cooperazione e. dell'integrazione europea. Essa :ha dunque oggi più possibilità .di quelle che non avesse negli anni di 'De Gasperi e di Sforza e quhidi può ve– :riì,re p~opost?, _p~rchè oggi fa politica e.ste_i:asoviè_tica la s9l-

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