l’ordine civile - anno I - n. 5-6 - 15 settembre 1959

OPINI ON I E D I·BATTI TI In questa rubrica riportiamo quelle libere opinioni di collaboratori e di lettori, che riteniamo di interesse per tutti e su cui auspichiamo l'intervento di altri. La Direzione della Rivista si propone di intervenire, eventualmente, alla fine del dibattito. Un "movimento Caro ·Cavalli, la tua lettera che quanto mai opportunamente vedo ospi– tata sulle colonne de « L'Or,dine civile », mi ha francamente colpito. Ciò non tanto per il carattere e la natura delle de– nuncie in essa contenute o per gli inquietanti e insieme pe– rentori interrogativi che la chiudono, quanto piuttosto per il suo tono. Il tuo sembra essere l'estremo appello profondamente sentito e drammaticamente lanciato sull'orlo di una situazione che sembra inevitabilmente maturare « il nuovo mattatoio della guerra civile ». Parole grosse, come si vede, che l?uttate già d'impeto fan– no indubbiamente l'effetto di una violenta doccia fre;}da sul volto di un dormiente e che quàlcuno ha definito prosa « or– nata e trucolenta ». Ora, con tutta sincerità, senza negare la sostanziale va– lidità che il tuo « grido d'allarme » contiene, vorrei essere meno pessimista di te proprio perchè ... mi sento ancor più pessimista circa il futuro del nostro Paese. A farla breve :c non credo - come tu ·scrivi ~ che l'Italia, sia pure seguendo il drammatico itinerario da te descritto, giunga ad essere « in un fiat travolta dal grande Maelstrom ». Non lo credo perchè anche per muovere incontro al proprio suicidio è necessario, comunque sia, muoversi, rompere una certa barriera, com– piere insomma un disperato quanto assurdo gesto di protesta. Ora in un Paese come il nostro dove è possibile affermare con tri,ste ironia che << la situazione è grave ma non è seria », temo proprio che gesti simili non abbiano nessuna possibilità di verificarsi : affrontare un rischio, caro Cavalli, è già un atto ,di coraggio e il nostro Paese ha da tempo rinunciato a compierne uno. Ci siamo messi in pantofole, mugugnamo, imprechiamo ma ci ritroviamo tutti, senza distinzione di par– te, a « fremere d'ansia » davanti all'Italia di « Lascia o Rad- doppia». • Detto questo, ripeto, le tue denuncie e i tuoi mterroga– tivi restano. La mia lettera è già un assenso e tanti altri as– sensi di giovani ti potrebbero giungere. Ma proprio qui dob– biamo fermarci un istante a riflettere: assentire non basta, essere d'accordo, in casi come il nostro, è ancora poco, quanto poi a volersi rimboccare le maniche, allora l'imbarazzo au– menterebbe paurosamente. La crisi tocca tutti gli strumenti che abbiamo a disposi– zione e non siamo, per converso, ,disposti a nessuna forma di gandhismo politico. Con l'ordine esistente abbiamo già rotto e in maniera completa, definitiva. Ci troviamo ora ai margini, ci troviamo a dover rosicchiare la speranza attraverso fogli e scarsi cir– coli di . giovani amici che parlano di crisi e che cercano di ordinare scientificamente le ragioni della loro protesta. Ma a lungo andare queste posizioni si sfaldano : allora o ci si' abitua o si diserta sconfinando nell'anarchismo. Che fare? Non ho mai preteso di avere nel taschino della giacca soluzioni più o meno miracolistiche così come non ho in serbo messaggi o proclami da lanciare alla gioventù che pro- 110 elJay n 01anco dl . . ? coscienze,, . . testa. Ma qualcosa, io penso, è pur consentito fare. Anzitutto comincerei dalle tue aperte domande. Ognuna di esse ha bi– sogno di essere radiografata perchè ognuna di esse nasconde un male che non si può ,curare se non si conosce. A diagnosi avvenuta la terapia dovrebbe potersi dare come conseguente. Il nostro maggior torto è •quello di voler fare sempre e - di tutto « tabula rasa » senza, in genere, fare mai i conti con il materiale umano a nostra disposizione -e, quel che è peggio, con i mezzi di cui, in proprio, disponiamo. A questo proposito tu accènni addirittura aUa necessità di « ·agire in fretta per suscitare un "movimento" che dia altro corso agli eventi ». Sono d'accordo, purchè tu voglia alludere ad un movi– mento di coscienze che abbiano anzitutto chiara coscienza di ciò che mettono alla sbarra, del per,chè di questo « gran rifiuto » nei confronti dell'ordine esistente e infine abbiano chiara coscienza di ciò ·che vorrebbero sostituire. Mi fermerei volentieri qui: ecco perchè una Rivista è già uno degli •strumenti idonei ad operare questo primo passo verso un ordine nuovo. Ora non so fino a che punto « Ordine Civile ,, intenda essere questo strumento e fino a che pun~o intenda prestarsi all'operazione che tu invochi. Quattro fa. scicoli sono pochi anche se suggestivamente sintomatici. Pur– troppo c'è da dire che le riviste del tipo « Ordine Civile ,, non sono -mancate nel passato e Antonio Cortese ce lo dirà parlando della sfortunata e rinunciataria parabola di « Terza generazione ». Alla fine, caro Cavalli, non dimentichiamo le forze che sono affini alla nostra protesta cristiana. Le Acli, in modo particolare, hanno fatto già da tempo sentire •la loro voce denunciando quelle situazioni patologiche che anche tu sot– tolinei e che si chiamano miseria, analfabetismo, reddito in– credibilmente basso, paternalismo, burocrazia, illegalità e ri– catti neUe fabbriche e negli uffici. Come vedi non possiamo dimenticare queste denuncie. Ciò che invece ci mortifica e ci contrista è che spesso non sappiamo andare al di là della denuncia: nè noi nè le Acli nè tanti altri che pur hanno il coraggio di mettere il dito nella piaga. Così facendo ci ren– diamo paradossalmente complici -dell'ordine esistente o, me– glio ancora, per dirla con Mounier, del « disordine stabilito » e perciò responsabili di tutto il male che denunciamo. Bisogna andare al di là della denuncia attraverso una organizzata azione di resistenza e -di testimonianza consci del fatto che « solo chi cambia può cambiare ,,. Allora, ma allora soltanto, potremo lanciare agli altri il nostro « J'accuse ! ,,. Pensa alle prediche di Gesù senza la sua m·orte in croce. Chi mai avrebbe dato un capello per un profeta che al mo– mento giusto approfittando della confusione nella notte del– l'Orto degli Ulivi se la fosse svignata? E' solo sulla croce, caro Cavalli, che anche noi possiamo chiedere un soldo di fiducia a quello che andiamo ancora chiamando « il nostro prossimo ». A questo punto la morale ce l'ha offerta il samaritano che, come sai, non è « uno dei nostri i>. Possiamo noi essere meno di lui? Cordialmente. FRANCO MoRANDI

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