l’ordine civile - anno I - n. 4 - 10 agosto 1959

l'ordine civile 11 potere del deputato non sorge più dal sovrano con– forto della volontà di un certo numero di elettori, ma dalle -operazioni che su questo presupposto punìmente formale ,svolge il partito e il gerarca, nelle cui mani si conclude la vicenda del « mandato» a distanza infinita dal primitivo orientamento impressovi dal popolo. Si delinea così una gra– òuatoria davvero sensazionale, in base alla quale si pesa il valore dei deputati, e lo si discrimina, attraverso le più inve– rosimili misure d'influenza del loro partito,- della loro posi– :zione (o corrente) nel partito e tutta una congerie di altre -<( qualità ii. Ma se il cittadino di Torino vale - elettoral– mente - quanto il cittadino di Siracusa, se il disoccupato di Africo quanto l'industriale di Busto Arsizio, questa parità ;di· valore-potere, dove se ne va, quando il rappresentante ,dell'uno <( conta J> perché è socialista, e il rappresentante -dell'altro non <( conta ii perché è, e. g., repubblicano (salva sempre la funzionalità della dialettica maggioranza-mino– .ranza, attraverso cui si attui l'esercizio tecnico del potere)? Una mutilazione terribile inferta al popolo è ravvisabile in ·-quel quoziente di elettori, che non giunge ad essere tale, .senza determinarsi in anticipo come quoziente o di borghesi -o di proletari, o di comunisti o di cristiani. Partizioni e partificazioni esercitano una forte presa pre– ventiva sul corpo elettorale e lo riducono con ogni mezzo alle •dimensioni della loro strettezza, angustia e rigidità -settarie. ·Per tutti i partiti e per tutti i deputati di partito un elettore vale infatti non perchè el,ettore - e in questo senso cc sovra– .no » - ma perchè seguace - e in questo senso soggetto, so– .stenitorl, succubo -. La vera potenza del deputato trae so• .stegno -dal partito, come quella del partito -della sua ca– pacità di imporre limiti - che sono catene - -id,eologici, organizzativi, programmatici a un determinato settore dello elettorato, per quindi sfruttarlo come un feudo. Da qui l'acuirsi di una insidia permanente al funzionamento delle istituzioni democratiche, le cui radici affondano sì nel po– polo, ma in quanto il popolo sia normalmente meno di se M aritainisrno 1935 Quei democristiani che avversano ogni intesa con le forze di destra amano richiamarsi al pensiero di Maritain come alla prima manifestazione di un antifascismo cattolico che non si riduca al prefascismo - l'analogo, in campo cattolico, <li quel che è stato l'azionismo nei riguardi dell'antico libe– n1lismo - senza indulgere insieme alle illusioni di una ra– pida e facile evoluzione del comunismo (e in questo senso il Maritain degli-anni '30-'40, ché quello del dopoguerra ha avuto una scarsa eco, è ritornato oggi presso i cattolici più attuale di Mounier dopo gli entusiasmi che il ·pensiero di questi aveva suscitato negli anni tra il '45 e il '56). E, infatti: se le origini della nuova politica dei cattolici, nettamente scissa dal clericalismo reazionario e dalle illusioni medio– evalistiche devono venir cercate 'in Humanisme intégral, può sembrare che la fedeltà alla tradizione antifascista sia per essa un valore talmente imprescindibile da imporre la rinuncia a qualsiasi utilizzazione delle forze di destra, anche nel caso che esse non presentino pericoli per il programma sociale (si veda per questo punto di vista, ad esempio, l'editoriale Le nuove maggiof'anze nel numero di luglio di Rinnovamento democratico). Questa asserzione ha un fondamento? Alcune precisazioni al riguardo mi sembrano necessarie.· * * * In H umanisme intégral bisogna distinguere due aspetti. Sotto il primo riguardo, strettamente teorico, è la proposta di una nuova comprensione cattolica della storia moderna, che mette in luce tutta una serie di problemi, a tutt'oggi non affatto esauriti. Nel secondo, ha il significato di tm atto pratico, la soluzione del problema dell'adesione dei cattolici al fronte antifascista, al momento in cui l'offensiva a e pag. 3 stesso, parte -e non tutto, organizzazione e non organismo. <( base ii e non n vertice i>. La situazione -di democrazie a maggioranza cristiana si presenta anche più delicata, con complicazioni anche _più preoccupanti. Intanto, questo nome assunto da una maggio– ranza politica, è tremendamente compromettente, e impone selezioni severissime. Teoricamente, nessuna democrazia più fortunata di quella che può contare su un numero di elettori e di eletti cristiani che le facciano da spina dorsale. Se basta essere popolo perché tutti coloro che ne fanno parte si guar– dino in faccia e si rispettino come uguali, questo sentimento ha da accrescersi infinitamente in persone tenute <( frater– namente JJ insieme dal sapersi cc popolo cristiano JJ. Ma que– sto deposito comune di credenze e di virtù introduce una efficace caratterizzazione politica al solo patto che coloro che lo accettano e lo professano, siano e si rendano, nel loro « mondo J> per vocazione soprannaturale oltre che naturale, veicoli sociali potentissimi di unità, di solidarietà, di coe– sione. di concordia. Votare da cristiano, per un cristiano, significa: a) accettare come una necessità di fatto la frattura differenziatrice e discriminatrice nei riguardi di elettori non cristiani; b) adattarsi con disagio a levare in alto come inse– gna di conquista politica un nome valido alla conquista del regno dei cieli; c) mandare finalmente al parlamento un frammento vivo del corpo mistico di Cristo, diviso sì, e indi. viduato, ma in quanto uno ed intero, di unità e interezza intangibili . Non esiste un cristiap.esimo di sinistra e uno di destra; non esiste un cristiano di maggioranza e uno di minoranza . Quando queste divisioni e suddivisioni insorgono, corre pe– ricolo tra i cristiani il patrimonio della loro unità, che è il più prezioso e il più difficile da custodire in un clima poli– tico, in cui la difformità e la contraddizione,_ l'urto e la lotta, l'odio e la sopraffazione si giustificano dialetticamente per il solo fatto d'essere esplosi nel campo della democrazia, e di tenerlo a soqquadro. - • • • IDar1ta1n1smo 1959 di Augusto Del Noce dei fascismi su scala mondiale stava per prendere inizio. Certo su un piano, diciamo così, esistenziale, i due aspetti sono strettamente uniti; non si può pensare che il Maritain avrebbe potuto procedere alla revisione della consueta consi– derazione cattolica della storia laica senza -aver vissuto la tensione morale e politica di quegli anni. Ciò non toglie però che di diritto i due aspetti debbano v·enire distinti: il primo può avere una validità sopratemporale, in quale misura non importa ora indagare; il secondo è del tutto relativo alle circostanze storiche di quegli anni - anche se allora era, almeno a giudizio di chi scrive, da approvare incondizionatamente - ed è del tutto vano volerlo ripro– porre in un clima del tutto mutato. Si è detto molte volte che il cc guardare al passato » è il fondamentale difetto dei cattolici che agiscono politicamente: mi sembra che in que– sto errore incorrano anche quei cattolici di sinistra che a parole maggiormente si vantano di esserne affrancati. Dico francamente che volere oggi « continuare la Resistenza JJ mi sembra un non senso, e ciò semplicemente perché il suo pe– riodo storico è trascorso, per la scomparsa dell'avversario; in conseguenza cli questo la Resistenza deve diventare oggi « og– getto di storia J> il che naturalmente non significa affatto volerne rinnegare gli ideali. Scomparsa dell'avversario. Qui si aprirebbe un lungo di– scorso sulla natura, a mio giudizio, parentetica del fascismo. Ma, anche a prescindere da ciò, appare chiaro come il M.S.I., _nonostante la sua composizione, non abbia alcuna possibilità di agire per una restaurazione del fascismo e non possa pra– ticamente articolare la sua. azione che nell'appoggio a quella che oggi è la più valida diga di resistenza al comunismo e che non è certamente fascista.

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