Nuova Repubblica - anno V - n. 41 - 13 ottobre 1957

8 S~UPORE E DI~PETTO - ... Gli scherzi del culturame ! L'IMPOSSIBILE HNISCE, Li\ Sl'Ul'IIIIT/\' 111~1/\NE SPUTNIK I N QUES'l 1 I giorn!, pare che quotidiaui e ri\iste ~i vadano trasformando, aJmeno per cet'te pagme, m pubblicazio!1.i •di fantascienza: gigantesche trottole in sezione, bianche [asce ellittiche 1 antenne a mo' di zjpoli, oQhmghe torrette, paclel lonj a raggera, trnsmettitori di telefono dell'epoca westérn montati su ~erribili morse girevoli, grovigli di pompe da giardino, meccani UPIM e tavole a colori di vermi-echinodermi-celenterati, mo– dellini di satellite che richiamano qnnlc:osa· tra la ma– schera di clown, il pesce luna e il pesce spada. Anche «Sputnik:. è nome ideale peK uomini e -ragazzini di fervida immaginazione: la violenza neorealistica e al tempo stesso ingenw;nnente onomatopeica· della pr~ma parte del vocabolo è temperata nelln sillaba successiva, gentile senza sdolcinaturo, anzi con un'acre accentuazio– ne esotica {pensate alla voi"garitù di un satellite che si chian_rnsse Sputnok! o alla pl'osaica sciattezza nostrana. di uno Sputnino). Ma, come ha avvertito con felic~ e.-:pressione Il Cor– rie1·e della Sera, « Ln fantascienza è (stata) superata dalla scienza>, mentre Bontempelli, dal canto suo, 11- vrebbe potuto comme nlitt'e che siamo orma.i in çlima di « realismo magico». C.er· lo è che la frase di Napoleone sull'impossibile, e il vocabolario, dH spacconata di gene– rale si trasforma in orgogliosa divisa dell'nmaniti1 prn– grediente in modo pilt deciso verso la scon6tta del « non– meno » (ciò che è relntivamente - e provvisoriamente - sconosciuto), e, dunque verso una men lontana nnifi. caziono del reale. ' Nè v'ha dubbio che delle questioni teoriche 1$arobbe– ro da farsi anche in dissenso con i comunisti. Scrive Pietro Ingtao nel fondo dell'Unità dul 6 ottobre u. s.: « è provato nei fatti che dall'abolizione dolio sfruttarner:i– to di classe pu0 sgo1·gal'e e sgorga uno sviluppo grandio– so delle forze produttive e 'una flo1·itU1"adella scienza. delJa tecnica, della cnltnra a1 livello più alto>. Vien da rispondere subito che qui si discorte di un rapporto inesistente: l'abolizione dello sfruttmnonto di classe es– sendo ancora un obiettivo (vicino o lontano, secondo -« i punti di vista>) piuttosto che una realtà effoltnale del sist.emo. sovietico. In regime capitnlis.tico il pJ'ogrcsso scientifico può essern egnalmente grandioso, corno in ef– fetti è negli Stati Uniti, anch'essi pur sempre alla vi– gilia della realizzazione dol satellite: ora, se il rapporto gradito e già popolarizzato dai comunisti - il satellite frutto della società socialista e riprova della veritù di quest'ult.imo. 1 - fosse r.ìgjdamente valido, il ritai-do non smentirobbe la determinante A, non inficierebbe la va– lidità del rapporto, con consegllenze piuadossali: quando gli USA raggiungeranno gli stessi obiettivi, ·qnesto do– vrebbe l'appresentare il risultato por lo meno di una fortissima attenuazione dello sfruttamonto di classe! Un figlio che nascesse dopo nove anzichè setto mesi - am– messa per comodità di (imperfetto) confronto una re– gola di sotto - smentirebbe forse l'autenticità della con– cezione e ci farebbe crndere nella cicogna? Ma il ritardo ha pure un suo va~to significato: non è un caso, non è per semplice e cattiva volontà di sin– goli che gli USA sono statj, e "di nuovo, seccamente ·bat– tuti, IleHa corsa diretta alla conquista degli spp.zi inter– pla.neta,·i. Le contese fra gli enti privati, l a v anesia ri– valità fra le tre a.rmi, e l'altrettanto vanesia fiducia nella propria supe1·iorità, tipica di una classe dirigente affetta da a.nticomnnismo visce1·alo («noi abbiamo fatto il 90 pe1· cento degli annunzi - riconoséeVa Sarca.stico.,.. mente un quotidiano statunitense - e i russi il 100 per cento dei fatti »), le persecuzioni e i sospetti che il mac– cartismo ha rovesciato sugli scienziati (è rilievo dello stesso Ne11; York llerald ~J.11·ibune) 'non sono ragioni so– lo c011giunturali, ma elementi ben legati a. tutto un si– stema politico-economico. D'altra parte s.i sa che, una volta toccati da brucianti esperienze, anche nel quadro di un sistema capitalistico si fa ricorso a piani e pro– g,rammi nazionali, ma con lentezze, incertezze, limit_a– zioni o contradizioni inevitabili proprio perchè « la strut– tura io me la son presaJ e guai a chi la tocca>. Al polo opposto, p1·ogrammazioni e piani indicano una misura di socialismo, ma non ancora o tutt'altro che la dispie– gata pienezza del socialismo: si potrebbe esemplificare a sazietà, e ~mllo stesso piano scientifico e culturale, per ricoi·dare eh~ il coordinamento delle energie e degli in• gegni nell'Unione sovietica si è accompagnato troppo spesso alla coazione e troppo spesso quindi ha impedito la piena produttività della ricerca, fino al punto che il coordinamento si rovesciava nel suo contrario: l'hnpo– siz°rene della teoria di turno e il silenzio - o peggio - per chÌ vi si opponesse. Ma non su qnesto ora si deve insi– stere, quanto sulla impossibilità di dedurre sic et ·sim– pliciter dalla grandiosa dimostrazione di potenza tecnica la prova di un benessere, di una libertà, di una democra• zia, in una parola di un realizzato socialismo. Essa •si– gnifica, e non è poco!, la vcllidità di quel « co01·dinamen– to » che è il passaggio obbligato del clivenire umano e sociaJe, e nella misura in cui quella, oseremmo dire, pianificata "esalta.ziono" degli strumenti e delle energie umane e materiaU c'è stata é si dilaterà sempre più ad alt1·i ciamp.i, l'Unione;; -...ovietica può offrire una le– zfone a se stessa ,e a tutto il mondo. Ma le sconcer– tanti contracli~ioni della società russa rimangono immu– tate, anzi si accentuano proprio in virtù dell'attnnle gi– gantesco contributo. .Queste cos-e, qui frettolosamente accennate, e molle altre, di più facile considerazione, certi va'lentuomini hanno ignorato o volgarmente frainteso per dar vit::i. alla, nuovissima categoria dei « fessi inte1· planetu.ri. >. E' ormai noto che i redattori del Povolo, orgf\no ufficialo della DC, dedicftrono alla conquista dello spazio poche cautissime righe di cronaca, men t.re sull'organo dell' Azfo. ne caltolica, Il Quotùliano, la notizia fu relegatft in ul– tirna p_.-tgina, maggior rilievo dovendosi dedicare a una confcron,rn, sta.mpa dell'avvocato Veronese. Invece, il se– natore Turchi, sul fascistà Secolo, trovò il commento pel'· spicuo, scrivendo a tutte lettere che « a Odente c'è An– ticristo >; e d.i rincalzo Filippo Anfuso, deputato della repubblica italiana, ha soggiunto, sempre dallè colonne del Secolo, che il lancio del satellite « è soltanto una nuova C clamorOsa riuscita dello schiavismo a simiglianza delle l)iramidi Faraoniche». Ma la palma di sciocco li1- nare ~e l'è meritata il contramoùraglio Bennet ciancian– do da una radio americana di e un grosso pozzo di ac. eia.io che quasi chiunque potrebbe lanciare >. Il qitas.i e sclude forse Pinteressato, affetto da pancetta nonchè da atrofia cerobro-rnuscolard'. Il suo challenger è ttitta– via. ancora un italiano, l'onorevole Bettiol 1 le cui di– chiarazioni furono in tutta fretta diffuse e rnse noté alla nazione· italiana. Giustamente l'Avantj! ha commentato: « noi riteniamo che se ",il mondo libero" possiede ve– ramente "illimitate capacità tecniche " esso debba, pl'i– ma che del satellite artifìciale, preoccuparsi fortemente dell'onorevole Bettiol >. E chi avrebbe convinto la Radio italiana a disertare questa gara di astrali stupidaggini! Capitando per di– sgrazia, verso le ore 21 di sabato 5 ottobre, su una delle sue freqnen:'.e d'onda, abbiamo udito un_o sproloquio •ti– picamente "bettioliano" snll'"incapacità dei regimi tota– litad cli far qualcosa. di buono nel campo sciéntifico: l'apparenza non inganni: basti pensare alle illusioni suscitate dalla crociera di Italo Balbo ... A questo punto, era opportun? girare subito l'interruttore. Ogni popolo ha, i dirige~1ti che si merita? · IUERCUZIO (184) nuova repubblica LA FILOSOFIA PUBBLICA (continuaz. da pa(f.• 7) lettoratÙ un giudizio periodico sull,a loro politica, me– diante consultazioni elettorali; hanno invece avuto biso– gno di ottenere un appoggio continuo, cfoè ]'accettazione di sacrifici anche gravissimi. E quasi sempre, per ren– dere accettabili questi sacrifici, si ·è dovuto abbandonare la politica razionale per stimolare i sentimenti e le passioni delle masse. Così, durante lè guer-re, i nemici sono stati rappresentati come l'incarnazione del male, il che ha reso impossibili paci negoziate, che non recas– sero in sé il germe di nuovi contrasti. E, più in generale, si sono gettate le basi di una funesta confusione; si di– chiarava ai popoli che essi non avevano soltanto il diritto di eleggere un parlamento o un governo, ma di dirigere essi stessi la politica dello stato; questo senza tener conto che l'opinione pub.blica, per sua stessa costituzione, è forzatamente in ritardo rispetto agli avvenimenti. L'esem– plificazione che il Lippmann porta a sostegno delle sue affermazioni è anche troppo convincen.te: basta pen~are alla poJitica estera delle grandi democrazie occidentali dal 1914 ad oggi. A questi dati se ne aggiunge un altro: la lenta cor– ruzione del1a classe dirigente, che teme di pagare con la morte politica un atteggiamento troppo franco: ,, I po– litici democratici sanno che raramente pOssono permet– tersi il lusso di dire tutta la verità al popolo; e perché il non dirla, per quanto prudente, è scomodo, finiscono per trovar più facile evitare- essi stessi di ascoltare troppo o troppo spesso le amare verità·... Con eccezioni tanto rare da poter essere considerate miracoli e mostri di natura 1 gli uomini politici fortunati in democrazia sono esseri malsicuri e intimiditi». E' qtlesto indebo– limento degli organi e dei dirigenti dello stato democra– tico che, secondo il Lippmann, provoca le « controrivo– luzioni totalitarie » coinuniste o fasciste, le quali sono tutte egualmente caratterizzate dal prevalere dell'ese– cutivo e dalla soggezione di fronte ad un capo cari– smatico. L 'AVVENTO di. uno « stato forte» per opera di un par– tito che approfitta della debolezza di uno stato de– mocratico è già stato descritto da tutti coloro che si sono occupati delle crisi politiche dell'Europa o dell'America latina. Lo schema quindi non è nuovo; merito del Lipp– mann è semmai quello di avere mostrato in questi pro– cessi la particolare incidenza della politica internazionale. Secondo il Lippmann a fondamento di questo attacco contro la democrazia liberale sta l'ideologia giacobina: essa non ha predicato l'inserimento degli uomini negli ordinamenti esistenti, ma la radicale distruzione di questi; e quando le speranze di un totale rinnovamento della società, che essa aveva suscitato, non sono-riuscite a realizzarsi, il loro posto è stato preso da uomini che « si sentivano i messi della storia o della natura» e che con la vi6lenza ed il terrore s[ sono impegnati a rea– lizzare la società ideale. Essi sono stati invero ·ravotiti in questa opera dalla «solitudine» dell'uomo moderno,. che non si esprime soltanto sul piallo dei rapporti umani, ma anche su quello delle idee e delle fedi. L'uomo mO-: derno non ha più fede in una verità universale o in un ordine razionale della società umana. Le dottrine di tol– leranza e di giustizia che erano state_ alla base della rivoluzione inglese del 1688 e di quella americana del 1776 non erano indifferenti nei confronti della verità e , della ragione. Su questi principi, anzi, esse avevano co- struito le istituzioni politiche dello stato liberale, istitu– zioni che ancora oggi sono in uso, ma ridotte ormai a cc conchiglie vuote», vuote di quel contenuto ç_he le ren– deva forti e vitali, ed incapaci quindi di regolare ulte– riormenle i rapporti tra gli uomini. La salvezza dell'u– manità dalla decadenza si potrà avere soltanto se Je istituzioni pubbliche saranno ancora fondate 'sui principi ·del diritto naturale, cioè della filosofia pubblica. Tali principi C( sono leggi di. un ordine razionale della società umana, nel senso che tutti gli uomini, quando sono sin– ceramente e lucidamente ragionevoli, Ji considerano evi– denti per se stessi». Il lettore europeo è Portato a muovere alcune riserve nei confronti delle tesi del Lippmann. Per quanto ri– guarda la critic~ al giacobinismo, che si ispifa ai classici giudizi del Burke e del Tocqueville, si può infatti notare che questo concetto è un po' troppo allargato 1 tanto da non cons·ervare più i suoi tratti caratteristici. La politica di Hitler, pt:r es., più che dalle teorie giacobine, discende dalla tradizione del romanticismo politico, la tradizione della' nazione, del sangue e del suolo .. E dalla polemica degU. ultimi anni del regime staliniano contro il cc cosmo– politismo» si è indotti a pensare che anche nell'Unione Sovietica l'originaria spinta giacobina sia stata via via soppiantata da un ritorno di quella tradizione panslavista contro la quale i rivoluzionari russi del secolo XIX e lo stesso Lenin avevano violentemente polemizzato: Del resto l'esperienza europea degli ultimi 150 anni ci avverte che la mitologia giacobina. pur con tutti i suoi limiti, fa appello ad alcune virtù quali il civismo, l'impegno per– sonale, lo spirito critico che è assurdo non riconoscere. I giacobini, in Francia come in Russia, sono stati spesso i P.rimi ad essere colpiti quando si è affermata la dittatura. Inoltre, quando il Lippmann attribuisce tanta impor– tanza ad una nuova instaurazione dei principi della filo– sofia pubblica, è lecito un certo scetticismo; non per quel senso di superiorità che spesso gli intellettuali euro– pei os.,tentano' nei confronti dello spirito apostolico e pedagogico e di quella grande fede nell'euducazion~ che sono tipici di tanta parte del pensiero americano, ma perchè proprio la storia degli stati europei dei secoli XIX e XX, con il fallimento di tutti gli sforzi per instaurare un'etica statuale, ci fa avvertiti delle difficoltà di un simile proposito. CLAUl/10, CESA

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