Nuova Repubblica - anno V - n. 18 - 5 maggio 1957

2 (UH) nu~11a repubblica ,_____ 1_· '1_ 1 A __L_I_A_P_O_L_I_T_I_C_A_..;.___I la ·finzione dell'unanimità, che in fase precongressuale mascherava la possib'ilità di un gioco, magari bizantino, ma dinamico, è oggi un Segno di irrequieto ristagno. L'uomo senza dubbio migliore del partito - ma falli– bile, come ogni altro politico - resta al suo posto per– ché non si osa né affrontare lo eh.oc del suo allontana– mento, né lontanamente immaginare chi mai potrebbe sostituirlo. Ma ~questa 1=ealtà scoraggiata del PSI, quel suo odiare al tempo stesso comunisti e socialdemocratici senza trovare un proprio traguardo da perseguire con lineare .passione, questa condizione amara e umiliata, scoprono un partito che è venuto oggi a trovarsi non meno lontano dall'unificazione, di quanto non lo ~ia i1 PSDI. MOMENTO GRAVE B ISOGNA avere la franchezza di riconoscerlo: il pro– blema dell'unificazione socialista è arrivato ad un così grave punto a·arresto, che diventa neces– sario, per un certo periodo di tempo, incominciare a prendere in considerazione l'altra alternativa: quella delle politiche che possano comunque proporsi i due partiti che vi erano interessati. La battuta d'arresto alla quale siamo giunti è do– cumentata dalla situazione nella quale sono· venuti a trovarsi, al loro interno, i due partiti. Vediamo, anzi– tutto, le condizioni del .PSDI. Dal punto di vista tattico, i forsè, nel suo complesso, il partito meno compromesso ..:lalla vicenda dell'unificazione. ,E si capisce. Mentre il P~I si lanciava, tormentato e discorde, sul.la via del– l'unità, H PSDJ, pur discorde, se ne ritraeva; pur di– scorde, è vero, ma con una chiara maggioranza anti– unifìcazionista, - capace di rendere sinora inefficaci le azioni delle meglio intenzionate minoranze. Molti hanno creduto, per lungo tempo, che il temperamento di Sa– ·ragat sia quello di un politico impulsivo ed irrequieto, incostante e malcerto. In realtà, se si guarda la « linea » di Saragat lungo dieci anni· di leadership, pochi gesti -suoi potrebbero essere ascritti alla tempesta del dubbio: forse solo la improvvisa reazione del 7 giugno, contro il destino cinico e baro. Nei fatti, Saragat ha mostrato sempre una fondamentale costanza nella difesa del suo f~rmalismo democratico, del suo ministerialismo, del suo anticomunismo feroce. Ogni volta che Saragat mi– nacciava di dimettersi da un governo, nessuno, a priori, vi credeva: ma questa p1 1 evisione non doveva interpre– tarsi come l'insinuazione di un pulcinellismo, bensì co– me H riconoscimento di un atteggiamento sclerotizzato, non compromesso da sussulti e da oscillazioni. Si è sempre parlato di impennate di Sa'ragat: la decisione in realtà era una sola. Questo spiega che Saragat si sja, da un anno a questa parte, dimostrato capace di sfug– gire ad ogni serio ~hiarimento dinanzi all'unificazione; che abbia, soprattutto, saputo eludere ogni sfida od ogni insidia, che al chiarimento dovessero, magari con qual– che violenza tattica, con qualche sapiente aggiramento, condurlo. Saragat ha saputo sfuggire l'unificazione come l'istinto ci fa sfuggire la morte. In questo; è un politico accorto e ponderato; non è punto formalista, a questi fini, nella scelta delle parole, nella condotta del dialogo alt'interno Q.el suo partito; nella selezione degli uomini. E' andato dritto allo scopo, e vi è riuscito. Il risult~to di. oggi? Non prevederemo il congresso del PSDI, perchè .non vogliamo chiudere la porta ad incognite eventualmente positive. Ma non ci facciamo i.Dusioni. La posizione di Saragat e della destra (che I.a tuteuno) si rafforza con la preparazione congressuale nelle mani di Tanassi; e non -Si presume troppo, attri– buendo a questo complesso, in partenza, lq maggioranza UNA SCONFITTA PERTUTTI (continuaz. da pag. I) dalla lotta di libel'nzione. I.o stato .semb,'a ~vere come suo 001npito principale quello di_ limitare i suoi diritti (che poi non sono altro che i diritti della cornunità nazionale) a favore dei privilegi di pochi, di coloro che direttamente o no detengono il potere. Anche la politica scolastica va vir;t.a nel quadro di questa b'iste verità: il nostro stato non è democratico perché non fa.. una politica nazionale, gli or– gani pubblici sono, per così dil'e, privatizzati nel loro uso. ln fon-do è sempre lo stesso problema si tratti del rapporto tra. scuola, statale e scuola non statale, delle concessioni tol~Coniche, ~ello sfruttamento delle forze endogene, delle tar1He elettriche, del rappor;lo tra industria privata e il complesso IRL Cioè lo stato abdica ai suoi di ritti per farsi strumento di interessi cli parte. Ma l'abbiamo già detto: noi dall'on. Rossi non pretetF deva.mo mira~oli o atti rivoluzionari ma solo che non si 11restasse a dare un contributo (in -un settore particolar– -1nente delic~to) a. una preoccupante involuzione politica. La colp:\ sua e dei suoi compagni di pai·tilo - al governo e luon - è di aver ignorato che la buona volontà e il co– raggio anche nel nostro paese sono cose che contano; e che nel nost.ro paese esiste un enorme potenziale politico che è l'opinione pubblica laica e dem0cratica. e che inoltre il I>SJ da tempo si muo\·e in direzione di un corrodimento co– ~truttivo del centrismo . . Diciamolo francamente: è llÌente altro che jmpro11titu– d1ne o sommo disp1·e~;-.o della intelligenza comune conti– nuare a chiedere prove e garanzie· di assoluta fedeltà de– mocratica al PSI quando si è così solleciti ad abbracciare una causa che sarebbe sembrala reazionaria ai liberali n~o– Jerati del Risorgimento. Procuri il ministro Rossi di legare H suo nome - in questo scorcio di govemo cenhista - a qualcosa che faccia eap_ire a tutti, anche all'uomo della stradii, che egli è un ooc1a~democrntico e non un figlio adottivo dei clericali. FRANCESCO DE BARTOLOMEIS assoluta delle deleghe. Le incognite che ammettiamo, sono dunque riposte nel gioco congressuale stesso; negli spostamenti che potranno avervi luogo. Ma un altro vantaggio in partenza di Saragat è la divisione delle altre forze, e jl poco conveniente intreccio delle loro combinazioni. In questo caso, va osservato: 1) che la crescita della posizione di Matteotti va solo a scapito di quel 30 per cento che suole attribuirsi alla sinistra; d'altra parte, le forze - per ora non pon– derabili - che si attribuiscono a Romita, non sono a priori alleabili ad· una eventuale « intesa » concordata di Matteotti e della sinistra, in quanto, come il passato insegna, la posta di Romita consiste nel dividere, in qualche misura, la lender_sldp di Saragat, non di con– trastarla in una propria alternativa. Il Congresso di Genova insegni; 2) non vi è continuità programmatica fra le tre po– sizioni. Esse si collocano, a un dipresso, nel modo se– guente: a) la sinistra chiede l'uscita dal governo come pe– rentoria premessa cli una attiva politica di unificazione: ed ha ragione. · b) Matteotti chiede- l'uscita dal governo, senza nes– sun passo reale verso l'unificazione: passo, o passi, dif– feriti al periodo postelettorale. c) Romita chiede nuovi passi verso l'unificazione "(rilevandone alcuni progetti dalla sinistra), ma non vuole l'uscita dal governo come pregiudiziale, mentre, agli occhi di tutti, lo è (anche agli occhi di Saragat, che, appunto per questo, dal governo non vuole uscire). LA CONSEGUENZA è che (a parte le pesanti riserve già ricordate a proposito di Romita), se anche queste tre forze si congiungessero, esse non avrebbero una au– tentica, comune alternativa politica da far valere in congresso contro Saragat. In queste condizioni, non scontare la vittoria di Saragat sarebbe imprudente .. Re– sta che ci si domandi che cosa possa mai produrre di efficiente la linea che egli ha prescelto. Noi riteniamo che, per il socialismo italiano, essa non possa dar esito. ad alcun risultato. Ma questo non toglie che, se. si sor– vola su questo aspetto della cosa (e non è colpa nostra se il PSDI lo ha sempre pretermesso),' w~a, funzione il PSDI la eserciti ancor · nello schieramento politico ita– liano: quella dl sostegno tattico, a quanto resta della· sinistra DC. Non già, è vero, in quanto valga a spro– narla, giacchè la sinistra democristiana è più avanzata dell~,~ocialdeinocrazia; ma in quanto l'esistenza del PSDI Consente sinora (e vedremo per quanto ancora) al centrismo (Fanfani) di respingere, a colpi di « oneste intese», i successi di prestigio - prescindiamo dal con– tenuto - delle richieste liberali. A questa conclusione realistica si deve pur perve– nire. Poi Può benissimo verificarsi che il PSDI si spàc– clii; che una parte della sua siriistra confluisca - ma con risultati poliUCi e quantitativ·i di relativa impor– tanza - nel PSI; può accadere egualmente che una DC vittoriosa e non più bisognosa di essere assistita a si– nistra, consumi più o meno~lentamente l'esistenza del PSDI. Può all'opposto che ft" stesso Saragat, miracolato nella vista, si ribelli al corso miserabile di questa vi– cenda. Ma chi non vuole essere imprudente, deve pre– vedere il peggio. Veniamo ora al PSI. E non illudiamoci che la sua condizione sia allegra. Dal congresso di Venezia ad oggi, il partito ha subito qualche colpo elettorale, che lo ha profondamente demoralizzato: Vi sono stati nuovi sussulti di frontismo, giustificati dal fatto che il Partito mentre credeva di aver messo Saragat con le spa1Ie aÌ muro, si è visto a suo volta respinto senza esitazioni e dissimulazioni nel suo sforzo volenteroso di pervenire all'unificazione. Siamo al punto, che ogni iattanza del PSDI vie~e mestamente, ma non decisamente, rintuz– zata dalla stampa socialista. Siamo al punto, che ser– peggia nel partito un vivo malcontento verso Nenni da parte dei suoi, che hanno ragione di rimproverargli di non aver presentato a Venezia una sua mozione, e da parte .. degli altri, che lo ~ccusano dì aver sbagliato enor– memente almeno due volte: a Pralognan, la prima; e, la seconda, a Venezia, impostando il congresso sull'uni– ficazione, anzichè, unicamente, sull'autonomia. Peggio: A queSti fatti si vorrebbe poterne còntrapporre altri, pure ben visibili, e che costituirono, del resto (a quel che si ha ragione di credere) la pàrte positiva dei rilievi di Gaitskell. I due partiti sono ravvicinabili , si dice sia nel programma di politica estera; sia nell 0 a convin~ zione. della democràticità dei mezzi e dei fini politici; sia nella persuasione, che si fa strada, che 11 problema sindacale vada malauguratamente risolvendosi da solo: questione solo di tempo, e tutto dovrà essere ricomin– ciato o per lo meno riconsiderato. MA AN<?HE 'questi ire elem~nt~, _se analiz~~li più a •fon- do, nvelano le loro amb1gmta. In pollt1ca estera, il PSI ha creduto di « svoltare », accettando mercato ·co– mune ed euratom; in realtà, la convergenza con il PSDI sarebbe sensata, se, da parte sua, quest'ultimo desse davvero qualche serio sostegno ad un progetto di regolamentazione della coesistenza ((ascia neutrale, tra l'altro). Ma il PSDI non può obbiettivamente per– venirvi, senia uscire dal governo: il che, nella sua mag– gioranza, non vuole. Fini e mezzi democratici: qui il consenso è formalmente corretto .. Sta però il fatto che Saragat è già al punto di pensare che la democrazia coincide con il mantenimento dell'ordine; e che di que– st'ultimo, il suò partito ha funzione di custode~ E' dun– que sostanziale, su questo Punto, il consenso fra i due partiti? Infine, la questione sindacale: qui regna nel PSI una notevole confusione; si deve riconoscere che in que– sto periodo è la UIL che ruba forze e voti alla corrente socialista della CGIL; che la UIL sola ha l'iniziativa - e non è neppure il caso di sape1•e se questa iniziativa giovi o meno al socialismo,, data la confusione ideologi– ca che è. alla radice di questo sindacato. Il fatto, tut– tavia, resta; e il risentimento dei socialisti cigiellisti, comprensibile, ne paralizza un'azione di rivalsa, di pres– sione opposta sulla UIL. Questa descrizione, che crediamo niente affatto ca-, ricata, ci porta a concludere che il corpo tanto più mas– siccio del PSI non sia meno insidiato che quello' secco e in parte disarticolato del PSDI. A.... rigore_dl_dìagnosi dovremmo anzi dire che v'è più da aUarmarsi per il PSI, nella· misura stessa in cui vi è più rischio per chi si muove, sempre, che per chi sta fermo. Aggiungiamo ora che siamo 'gli ultimi a voler ras– segnarci ad un « nulla da fare». Ma questo non toglie che, se il PSI non pone mano subito a dare un conte– nuto d'azione al suo autonomismo, ogni pessimismo di– viene giustificato. Non ci si illuda nella speranza che, battuti eventualmente ambedue nelle «politiche», i due partiti vengano finalmente a fondere le loro lacrime. E' piuttosto da temere che ciasèuno dei due le na·sconda nel seno di più lontani e provati amici, o che finisca con il rinchiudersi in una macerazione che, solitaria, diviene la strada fatale della consunzione. Al,ADINO * 0 L'INQUISITORE d'America, l'eletto ctel cat.t.olici reazionari del Wisconsin, è morto all'etiL di 47 a11t1i, di -epatite ncuta. Mc Cart1111 passa, il maccartismo rima11e. E t10;, solo a ove.i;t. * :l~~~~n DP~:~,i:1~oat;::eir~i!o:tiK:c;~t:.o~i 0 ::::::::: sèe;t:::. di t< crimini contro lo Stato». Tibor Déry stese, Il 18 aprile 195.'i, Rakost imperante, il memorandum dell'Associazione degfi scrit– tori vngheresi al CC del Partito, in' cui si denunciavano • le .brutali intrusioni (della burocrazia comunista) nella vita lette– raria». Sulla Gazzella del 2 novembre (v. ora il vol. cli LaLerza), egli si rivolgeva cosi agli. amici: « Come tante volte ho desi– dùato, una nuova gioventù s'è rivelata nel 1956, degna di quella del 1!48. Ad essa mi rivolgo a11zltutto, poiché nelle sue mani è la rivoluzione. lo sono vecchio - se.ssantactue anni pauati -, ho preMo parte a due rivoluzioni sconfitte. Nel 1945 pensavo. r'1e gli operai e i contadini... avessero trovato u11a nuova patria. Ma, per dieci anni, pezzo a pezzo, ci hanno rubato il nostro Paese. Credevamo di edifico.re il socialismo, quando ci rinchiu– devano dietro quei muri di prigion,e impregnati di sangue e dt men2ogne ». IMMINENTI NEI QUADERNI DI "NUOVA REPUBBLICA" DOCUMENTI DI VITA VALDOSTANA I - Dal riparto fiscale alla zona franca E. KARDELJ: LE RAGIONl DELLA CRISI UNGHERESE

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