Nuova Repubblica - anno V - n. 17 - 28 aprile 1957

8 nella elaborazione degli spunti più vivi del messaggio neo– testamentario, il lavoro del Bultmann pone .problemi dall'esame dei quali non si può sfuggire. In un ambiente così poco educato alla critica religiosa come quello ita– liano anche colto, in un periodo in cui è doveroso allar– gare le proprie vedute sul piano della cultura europea, per uscire tra l'altro dal chiuso del pensiero ufficiàle catto– lico che esclude alle volte, nelle sue limitazioni rigide, più vasti e fecondi campi di osservazione e di ricerca, siamo grati a Miegge di aver offerto a quanti vorranno avvici– narsi al suo lavoro l'occasione diretta di un incontro con un campo di studi e di pensiero eh.e, senza esser ristrettO a mere indagini teologiche, conduce il lèttore a spaziare nei più elevati problemi dello spirito, dove la cultura, unita– ~ente al penSiero e sopratutto alla fede, diventa vita ed impegno diretto per l'uomo presente nel suo tempo. « Ogni espressione oggettiva, ogni forma di linguaggio che traduca Dio in una forma di oggettività ànaloga a quella delle cose, degli oggetti naturali, ogni teologia che natu– ralizzi Dio, è formalmente inadeguata: si direbbe, altret– tanto quanto la fantasia mitica e allo stesso titolo di essa. In• questa esigenza profonda è possibile vedere la radice sia dell'esistenzialismo di Bultmann, sia del suo tentativo di demitologizzazione dell'Evangelo. Questo aspetto della opera di Bultmann dev'essere apertamente riconosciuto» (pag. 159-160). Non sapremmo a nostra volta congedare il volume del Miegge senza concludere con lui nel senso che è neces– sario << affermare molto più fermamente la verità e la realtà oggettive dell'avvenimento storico e sovrastorico che si riassume nel nome di Gesù Cristo crocifisso e ri– sorto» (pag. 160). Qui è infatti il centro, la base unica della fede cr,istiana, che a nostro avviso nel pensiero del Bultmann, n~on solo non è punto negata# ma anzi riaffer– mata in un invito che non sempre appaga di ripensarne le, fasi in termini a cui non si è d'ordinario adusati; e cioè fuori dì_ ogni categoria riconducibile al mito. GIORGIO PEYROT LETTERE AL LA COS,CI ENZA DI UN COMUNISTA Riteniamo doveroso di. pubblicare la seguente lette– ra, che testimonia la crisi di coscienza latente in molti militan~ì comunisti, di fronte- alla manifesta impossibi– lità dl democratizzare l'apparato del partito: ROMA, 13 aprile 1957 Sjgnor DireUore, subito dopo le gravi rivela.~ioni fatte da Rr;1sciov snl conto di Stalin, in una riunione di sezione del PCI 1·t sottoscritto, avvalendosi del suo diritto di critica, chia– mava in causa il gruppo di-rigente del partito p er le stie passate innegabili responsabilità. Per confe1· ma.re poi e meglio illu.strare ·questo suo atteggiamento inviò un arti– colo all'Unità, da pubblicare nella rubrica « Il nostro di– battito-;; ma che dall'Unità non venne mai pubblicato, no– nostante che il sottoscritto insistesse per la sua pnbblica– zione con altra lettera del 91 agosto 1956. In queste condizfoni, a chi - come nel mio caso, c1ie poi è il caso di. tanti altri - ha preso la tessera ed ha milita.lo per molti anni nel pprtito con sincerità e buona fede, non resta - per mettersi a posto con la propria .:oscienza - che dimetters·i pubbl-icamente, per evitare t,•l•.e il partito, secondo una deplorevole abitudine, adott·i il vrovvedimento di espulsione per indegnità polit-ica: cono– scendo la t-rad·izione d'indipendenza del suo gio1·nale, e non volendo ovviamente ricorrere alla stampa borghese, l,a prego, signor direttore, di voler pubblicare Lei l'arti– colo che l'Unità si è rifì,uta,ta d-i pubblicare, e che qui sotto trascrivo. In occasione del diba.ttito sul rapporto segreto di Kru• 1teiov, svoltosi receri.temente nella Sezione Parioli di Roma " presieduto dal comp. Di Giulio del Comitato Centrale .il sottoscritto, intervènendo nella. discussione, Jormulò J~ seguente domanda, che si coglieva più o meno nelle bocche di moltissimi compagni, dopo le damorose e sconcertanti rivelazioni sul conto di Stalin: .« I_ capf del nostro partito - specie i più qualificati e I più direttamente responsabili - erano a ·conoscenza dei fatti denun ciati da Krusciov, almeno nella loro so• stanza; ovve.ro li ignoravano completamente?> . . , In m_erito ~IJ.a.d_oma~da - che ha avuto in seguitQ i ~,u ampi e logtcJ sviluppi nelle d~scussioni interne del par• t,t?, e _an?he nella stampa, fino a provocare le note di– c~1araz1001_da parte del comp. Togliatti nella sua inter– vista al g_LOrnaleingl~se Daily Express - il sottoscritto così ovviamente argomentava: o i nos~ri capi sapevano o non sapevano. le cose. Se sapevano, come spiegare allora il loro modo dJ comportarsi, privo di ogni più elcmentare ca.ut~ J~ e prud~nza sulle lotji e sulle esaltazioni più in– ·c ond1z1onate tl'lbutate a Stalin - specie clopo la sua ~orte - nei riguaxdi del partito, cho ciecamente si fidava d1 loro, né mai si sarebbe sognato di trovarsi, così bru– scamente, davanti ad una simile sconcertante realtà? E come anche, in conseguenza., si potrebbero escludere le loro· gravissime responsàbilità al riguardo? No1 secondo caso, e cioè nel caso in cui i µostri capi nulla sapessero, è chiaro che le loro responsabilità non --ap .. Il dialogo dei popoli DIRETTORE parirebbero meno pesanti e rneno grnvi pe1· questo, in quanto si sarebbe costretti a pensare ad una loro inca• pacitì1 a seguit'e i reali svih1vpi - coi suoi lati positivi e negativi - della Rivoluzion'e rnssa, o quanto meno ad una loro mancata vigilanza, non esente da colpa, sul come (e cioè anche attra,·erso a qrwli erl'ori,, a quali deviazioni, e a qu.ali gravi crirnini, non più giustifìcnbili, ad un certo momento, da imperiose necessiti\ storiche) si andavano realizzando le linee, sia pnre grandiose, della edificazione socialista per• opera e per volontà soprattutto di Stalin. Il veni1'ci a dire - come fa il comp. Togliatti nella ricordata intervista - « che sarebbe strano davvero fossi stat~,~ corrente io, che vissi e lavorai nei Paesi occi– denta i ( Svizzera, Prancia, Spagna), fui in Russia per periodi relativamente brevj, e poi, dal I944, sempre in Italia, mentre il rappor-to cli l(rnsciov dice che nemmeno tutti i dil'igenfi del partito sovietico erano a conoscenza delle cose », ci sembra affermazione trnppo sbrigativa e semplicistica, perché possa del ti1Mo convincere e tran– quillizzare chi milita. nel pat·tito in tutta buona fede ed è disposto ad acco.rdare, fino a prova contraria., la sua fidL1ciaai capi che ne guidano lo sorti. Per il sottoscritt o e p'er tanti altri compagni invece proprio il contrar.io di quello.,.,.èhe afferma il segretario del partito appare s trano; specie quando si sia disposti a ri· conoscere al comp. •rogliatti tutte le doti di intelligenza, di avvedutezza e di perspicacia, che erano necessarie per co– gliere e analizzare - anche Se!lza essere stato sempre sul posto - i vari e molteplici aspetti, sia positivi che nega– tivi, come già detto, di quella gigantasca realti~ storica, che si andava attuando e maturando sotto la gnida. per– sonale di Stalin. Alla luce di questi dubbi e di questi interrogativir profondamente inquietanti, non è chi non veda come la fiducia nelle file del partito, nei l'iguardi dell'attuale dire– zione, debba essere fortemente scossa., e come sia neces– sario pertanto, nella nuova situazione creatasi - solo che si ~bbia di mira il bene del partito - rinnovare uomini e metodi, che ridiano fede e slancio a tutti i gregari per il conseguimento delle finalità, non affatto hamontate ma sempre attuali, del comunismo. Ringraziando per la pubblicazione, con ogni ossequio Prnf. Luigi Marchetti (Preside dell'Istituto « Luigi Gnlvnui • di noma) (160) nuova repubblica ' I DISGUIDI della posta ungherese M ALGRADO la studiata naturalezza con 1a quale da tempo i comunisti italiani passano sopra ai pro• blemi e ai drammi scaturiti dai fatti di Ungheria, fiduciosi soprattutto ne11a capacità della gente di dimen• ticare, non può non destare un qualche stupore la spregiu– dicata spigliatezza con la. quale, nell'Unità del 14 aprile u. s., Sergio Segre ci parla di un suo colloquio con Lukacs. Come sappiamo, al filosofo ungherese era stato recen– temente concesso di tornare dall'esilio di Sinaia nella sua. abitazione di Buda,_pest per 1·iprendere i suoi studi. Il Segro presenta l'incontro come improv,·isato, di modo che risulti evidente la piena libe1·tà della quale godrebbe il fi– losofo~ « Per q·uesto incontro l'int\;lrprete aveva telefonato due ore di seguito ai. più diversi uffici, dimenticando, evi– dentemente, che la via pill breve è sempre quella diretta. Bastava, infatti, dare un'occhjata alla. guida del telef0110 per avere numero e indirizzo ·dell'illustre filosofo. , A mezzogiorno, quando gli telefonammo, c'era in casa soltanto la sua segretaria. " Il professore è andato a pas– seggiare - fu la risposta. - Ritornerà alle 14 per la CO· Iazione, e allora gli potrete telefonare". Alle 14, natural– mente, anzich6 usare il telefono, ci servimmo dell'ascen– sore del palazzo dove Lukacs abita ... >. Naturalmente. Il giornalista si preoccupa subito di rassicurarci sulla salute del filosofo, al quale avrebbe giovato la forzata villeggia– tura fra le foreste dei bassi Carpazi: < ... sembrava lo spec– chio della salute: abbronzato, ·con i lineamenti non pill tirati, "in forma " come mai lo avevamo visto >. Poi hA inizio la conversazione sui progetti dello studioso, che per ora consistono nel portare a termine la prima parte di lÌna opera sull'Estetica. L a domanda, se i.ntenda compiere in un prossjrno fn– tu.ro dei viaggi all'estero, che comprensibilmente 1·icevo u na risposta negativa, ha nella sua voluta ingenuitit qual. che cosa di crudele. La conversazione si sposta poi sui lidi pilt trnnqnilli della letteratura. Comunque nn l'ifcrimento a ciò che è stato intèrviene a proposito dei periodici ita– liani non ancora giunti al filosofo: « In questi tempi mo– vjmentati, - spiega quest'ultimo - la posta non poteva. naturnlmente funzionare sempre in modo regolare >. 8i arriva sino a dornandare se sia vero che 'egli abbia inten– zione di fa1·e una dichiarm~ione di caratlere polilico: « Lukacs smentisce, ma poi aggiunge che, naturalmente, non è che non voglia più parlare di politica. Pc!' ora, però", intende .dedicarsi al suo saggio dell'estetica e, prima di tutto, mettere in ordine questa ... "Stalla da maiali '1, como definisce con scherzosa sevel'ità il suo studio e la sna seri• vania .... >. Siamo anche rnssicurati sulla libertà di infor– mazione dello studjoso, il quale riceve « pacchi di gior– nali, dal Contemvoraneo ~lla P.ranT,:,furterAllgem.eine > o « riviste i1·a cui Les 1.'em,ps 111odernes di Sa1·tre >. Il Segl'e, da ultimo, crede oppo1·tnno insistere an• cora- sulle condizioni di salute di Lukacs: « Gli ricor• diamo il suo ultimo viaggio a Berlino, e l'aspètto quasi malato che aveva allora. "In quei tempi - risponde - avevo lavonto molto. Invece adesso mi sono ri– posato. Ho sempre fatto delle lunghe passeggiate e ho coltivato l'a1"le della cucina. Non credo, infatti, di essere mai stato .così grasso",. - Il gio.rnalista non si accorge che questa insistenza sulla salute del filosofo suscita l'ombra. irrispettosa ed estranea dell'apologo del lupo e del cane: un'ombra che, crediamo, doveva essere tenutà lontana da Lukacs, anche se premeva. rassitmrare in ogni modo una quantità di persone assai sensibili a questi argomenti. Forse era pretendere troppo che il PCI sentisse il dovere di mantenere almeno un ri• spettoso silenzio sulle dolorose vicissitudini di quest'uomn, che non è soltanto uno studioso, e che è stato così du– mente provato dal dramma suo è del suo popolo; ma ora proprio nec0ssario, per dissipare l'aureola di martirio cho coffi.inciava a cfrcondarlo, ridurre Luka·cs alle proporzioni antieroiche e davvero poco entusiasmanti di un semplice specialista ritornato finalmente ai suoi libri e per giunta dedito alla. buona cucina? E tlltto questo viene fatto con una improntitudine tale da suscitare il ricordo della fur• bizia, pietosa e· ridicola insieme, dal < notaio criminale, di manzoniana ,memoria: auguriamoci che anche questa, come già quella, non riesca ad ingannare nessuno . LUCIANO DONDOLl IMMINENTI NEI "QUADERNI DI. NUOVA REPUBBLICA" DOCUMENTI DI VITA VALDOSTANA I - Dal riparto fiscale alla zona franca KARDELJ: LE RAGIONI DELLA CRISI UNGHERESE

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