Nuova Repubblica - anno V - n. 13 - 31 marzo 1957

2 I 1 rr A 1, 1 A P o L I rr I e A LA GIUSTIZIA DELLE URNE C REMONA è una lezione da cui PSI e PSDI, al ter– mine di un'ingrata serie di prove elettorali peri– feriche; non possono, ormai, non ricavare conse– guenze di impostazione e di metodo elettorale. Una. le– zione, a nostro avviso, esemplare, per due ragioni: 1) qui, a differenza che in altri ,casi già facilmente criticati (Lecco, o Bolzano ad esempio), la diminuzione elettorale dèl PSI e del PSDI non è imputabile alla frettolosità di una lista ·unificata; 2) qui, più limpidamente che altrove, è apparso chiaro che ·1a DC e il PCI hanno ormai pr'edi– sj)Osto il loro dispositivo propagandistico ed elettorale; potranno rettificarlo e affinarlo, differenziarlo localmente o in relazione a singole situazioni personali: ma l'indirizzo é segnato, ed ·è diretto ad uno schiacciamento, da destra e da sinistra, del mito dell'unificazione, e dei partiti che, nolenti· sinora piuttosto che volenti, ne sono 1 portatori. L'elaborazione politica dei dati elettciraÌl di Cremona •è semplice. A Cremorta l'elettorato era il 24 marzo, rispetto al 1956, diminuito dì circa cinquecento unità, in quanto l'autorità governativa, fissandone la consultazione a quin-· dici giorni prima della prevista revisione delle liste elet– torali, ha, sì, sanzionato la caduta, dalle liste, dei dece– duti, ma non ha lasciato che vi pervenissero le nuove_)eve, dalle quali soprattutto i partiti di sinistra sogliono at– tingere apporti freschi. La frequenza al voto è stata, come si sa, anche lievemente inferiore a quella del 27 maggio; sebbene egualmente altissimo sia stato l'afflusso dei votan– ti, questa flessione corrisponde a una lievissima venatura di sfiducia qualunquistica nella consultazione, alimentata sia dalla previsione della stampa democristiana (e confor– me) nella inutilità pratica di essa, sia dalla mancata intesa delle liste di destra, e agli attriti ad essa congiunti. Certamente la gente, anche poca, che ha ,mancato all'ap– puntamento elettorale, è gente di destra. Il maggiore scompaginamento elettorale, qualitativamente, è avve– nuto del resto proprio in questo settore -{insistiamo sul valore qualitativo, non· ignorando Che anche aritmeti– camente qui si è registrato il declino più netto: ma questo era ;contato), in quanto la concorrenza fra i due partiti monarchici li ha ambedue privati dell'agognato quoziente, mentre la stessa -confusione si è prodotta al centro destro, per il connubio, irrazionale su "piano nazionale, di libe– rali e repubblicani in una lista ispirata pQi dalla Con– fintesa. Tuttavia, lo scompiglio a destra, cioè in un'ala del– l'elettorato oggi in facile assorbim'7nto da parte della D OMENICA, 26 marzo, si è svolto a Milano un con– vegno provinciale dei metallurgici socialisti. La presenza di delegazioni di Torino e di Genova, città nelle quali si sono verificati i recenti distacchi di sindacalisti del PSI dalla CGIL, sottolineava quale fosse il problema al centro dei lavori. Quello che è avvenuto a Torino è noto: quattro mem– bri sociàlisti delle CI della Fiat hanno deciso di presen– tarsi nelle liste dell'UIL. La causa principale può essere individuata nella pressione pad~onale particolarmente acuta, unita alla convinzione che le prospettivè unifì– cazioniste rendessero lecito il trasferimento su posizioni meno scomode. Diverso il caso di Genova. Della Motta e Ramella non vivevano in fabbrica, erano due burocrati designati dall'alto; Della· Motta fu irasferito al capoluogo. ligure dalla FIOM nazionale a seguito del ridimensionarhento di dirigenza dopo il crollo _alla Fiat nel ~955. Propugnò, in ·vista del lV Congresso della CGIL, la costituzione di una federazione autonoma impiegati, nella speranza, di– cono a Genova, di reinserirsi per tale via in cariche cen– trali. Accantonato il progetto, ha accettato le offerte, sembra assai vantaggiose, dell'UIL. Di Ramella, i la.vo– ratori genovesi affermano di conoscere solo il nome e pare che nelle riunioni fosse noto per il rigoroso silenzio che vi manteneva. Questi i casi personali. Ma essi non sono che sintomi di tutta una situazione, come rileva anche .Sassano sul– l'Avanti!. Che esiste anche a· Milano, sia pure in assenza di casi clamorosi: solo all'OM si è avuto un caso di pas– saggio all'UIL di elemento di rilievo del PSI, Milani. Cedimenti, si dice. A Torino alJe pressioni di Valletta, a Genova alle offerte 'di Viglianesi. E si deplorano coloro che abbandonano la lotta proprio mentre esige più sacri– fici, proprio mentre il PSI tende a caratterizzarsi. Ma la questione è di fondo. Chi sono stati i primi ad abbandonare la lotta? l dirigenti e gli attivisti di pe– riferia che se ne vanno ora, o i massimi dirigenti sin– dacali che hanno per a_nni condotto una politica che si traduceva· nel più tranquillo parlamentarismo, nella tra– scuratezza sistematica di quanto avveniva nelle fabbri– che? Che sacrifici fanno coloro che li chiedono agli atti- visti di fabbrica, ai dirigenti periferici? · Si può resistere alla pressione dall'esterno quando, pur nelle difficoltà, si è convinti di essere sulla strada -giu$ta. E di questo non sono più convinti le decine di mi– gliàia di operai che non si cur<'ono più del sindacato e democrazia cristiana, non è la sorpresa di Cremona. La sorpresa è nel risultato positivo Pel duplice accerchia– mento prodotto a· danno dello schieramento socialista da democristiani e comunisti. La loro polemica ha avuto lo stesso garbo, e la stessa capziosità. I democristiani non dimostravano astio per una socialdemocrazia centrista, ma dichia:ravano senza ambagi che non' avevano la minima intenzione di seguire il PSDI cremonese n.ell'avVentura di un'alleanza equivoca. estesa al ·PSI; i comunisti dicevano di amare di gran cuore i socialisti, ma, come aggiunse Dozza la sera dei comizi di chiusura, non ne approvavano l'inerzia dinanzi alla socialdemocrazia, intenta a strap– pare una dopo l'altra le foglie più verdi al carciofo so– cialista. ·Dozza concludeva con i1 suo umorismo gastro– nomico una più seria campagna del PCI cremonese, che capillarmente era andato sconsigliando agli elettori- so– cialisti di impegnarsi con un PSDI, dal quale,· in ulti'ma analisi, avrebbero al massimo potuto strappare, come Mazzali a Milano, un posto. di cadetti all'ECA, lasciando, beninteso, ogni diritto di primogenitura alla democrazia cristiana. L'effetto di_ questa çampagna è sotto gli occhi di tutti. Il PCI ha avuto tuHi i 500 voti perduti dal PSI, più altri settecento, di elettorato fluido, egualmente spiega– bili data la insistenza con la quale, dall'VIII -Congresso in poi, il PCI si è portato con estrema attenzione verso l'elettorato agricolo. La DC ha avuto evidentemente tutti i voti centnsti del PSDI, e una parte, anche se non rile– vant'r, di quelli perduti dalla Confi.ntesa, a seguito d.i una polemica, anche qui assai accorta, contro gli agrari. La stampa padì·onale ha menato scandalo e accusato sorpresa dinanzi al fatto che i comunisti non disarmino, m~lgrado l'Ungheria e le « battute >> n,elJe Commissioni interne (la vittoria di .Cremona è venuta a conoscersi nello stesso tempo della sconfitta subita dalla FIOM alla Lancia di Torino). L'errore della stampa padronale è quello di credere che gli elettod com.unisti si .occupino di stal.i– nismo o di destalinizzazione, di Kadar al potere o di Luk.ics sulla via del ritorno; gli elettori comunisti sono l'opposizione popolare italiana, che va d'istinto al par– tito ritenuto pjù efficacemente preparato .a contxobattere la democrazia. cristiana. '@i fatto, a Cremona,. il PCI non ha fatto che _assumere, con segno rovesciato, la linea stessa di Fanfani: chiusura all'unificazione socialista. E quest~ .• çmdotta si ~ rivelata producente. · Ma nena politica del PCI vi è un aggiornamento anche meno meccanico alle ultime posizioni democristiane. Da CRISI DI FO~DO ~ELSl~D!lC1\TO di Gl0RGlO GALLI ·molti degli stessi militanti socialisti attivi nelle fabbriche. · La sensazione che si è molto sbagliato in passato e che non si .vede chiaramente che cosa vada fatto nel pre– sente, è assai diffusa. Si cerca una soluzione, e poichè essa è oggettivamente difficile, si va alla caccia di for– mule: liste autonome socialiste, sostenute da Di Pol, se– gretario della CdL di Milano, ma aspramente osteggiate da altri, nuove combinazioni in sede di CI e conse– guenti rapporti coi comunisti: alJ'Alfa Romeo (5 seggi FIOM~PCI, 2 F!OM~PSI, 3 CISL, 2 UIL, l CISNAL) è stato eletto un presidente di CI socialista, accettato dai comunisti dopo ostinata resistenza e favorito dagli altri evidentemente come soluzione di transizione. . Ma il problema rimane quello della forza di pres– sione delle maestn}nze contrapposta a quella della dire– zione. Oggi le maestranze sono divise, sfiduciate, pro– clivi alla sistemazione individuale, e le direzioni mano– vi:ano a loro piacimento. L'insoddisfazione dei socialisti nei confronti della CGIL, diffusa anche a Milano, è ri– sentimento verso i comunisti, che avendo diretto la Con– federazione in tutti questi anni sono considerati - e giu– stamente - i responsabili del1a politica condotta e dei disastrosi risultati che oggi si constatano. Evidentemente non si risolvono le questioni né ab– bandonando la CGIL magari per l'UIL né rimanendovi tollerando la situazione attuale, di riaffermato rifiuto da parte dei comunisti responsabili di prendere atto della situazione .Quale è. Ma se è difficile avere idee chiare e chiarirle, riesce inesplicabile che un dirigente del ca– libro di Foa definisca a Milano la crisi dei sindacati anche come « crisi di crescenza ». Crescenza di sfiducia, forse, di stanchezza, di rassegnaziqne. Su questo punta l'UIL per perseguire il programma che Viglianesi ha enunciato a Milano 1a stessa domenica, inaugurando la nuova sede del1a sua organizzazione: « Noi ci propo- (156) nuova repubblica Trento in poi, la DC viene proclamando che il centrismo non è una formula tattica di alleanze laiche, ma un'at– tuazione riformistica dell'interclassismo, realizzata convo– gliandovi non. solo forze sociali di sinistra, ma fo•·ze d'ordine· di destra. Da 'Tr~~to in poi, in altre parole, -la DC .è rivolta al traguardo dèlla maggioranza assoìuta nelle elezioni politiche, ed è cOnseguente se distacca da sé, o riassorbe, elettori e base dei partiti sin qui alleati nel governo. Che àltro si può replicare a questa politica, se non affrontandola in modo diretto, sia nell'attacco alla DC, sia alle forze, dì cuj sì può presumere una per– sistente incertezza tra l'alternativa e l'apertura nei ri– guardi della 0 DC? C'è ·solo da osservare una differenza di stile e di pubblicità: quella che hanno praticato i co– munisti, fra l'attacco frontale ai democristiani, e l'attacèo laterale ai socialisti e ai socialdemocratici. Da tutto questo si deduce che l'attuale posizione di unificazione intenzionale del PSI e del PSDI non è, elet– toralmente, sostenibile. Il Congresso del PSDI potrà re– care un forte chiarimento alla contlizione elettorale dei socialisti tutti, solo se darà ragione a Saragat o se darà ragione a Zagari. Difficilmente, se darà ragione a Mat– teotti. Se darà ragione a Zagari, l'unificazione dovrà precedere le elezioni, e la campagna elettorale dovrà of– frire agli elettori la figura di un partito già unificato che si batte contemporaneamente sui due fronti dai quali è aggredito e corroso, anche sapendo che vi sarà tanta perdita di voti, quanta perdita di equivoco verso il PCI e verso la DC. Se darà ragion·e a Saragat. l'unificazione dovrà scomparire dal. linguaggio politico di socialisti e socialdemocratici. I socialisti provocheranno, occorrendo, una guerra di demolizione a danno del PSDI; quest'ul– timo dovrà badare di corazzarsi, nello stesso tempo, da– vanti allo spregio con cui sarà trattato dai democristiani.· Il fatto più pericoloso sarebbe invece che il Congresso del PSDI continuasse a cqltivare l'illusione che l'unif].– cazione si farà, quando sarà matura, ad elezioni consu– mate, non si sa come quando e dove: all9-- lettera ~i" un compromesso, con il quale si badasse di salvare tutt'insieme Matteotti e Saragat, la sinistra nel partito, il ministero dei lavori pubblici a Romita, la certezza demo– cristiana del lealismo socialdemocratico, di cui q~esta, dopo Togrn, non sa che farsi, e l'ipotesi elettorale che, S(;! il governo dovesse cadere per motivi indipe,nd_enti dalla volontà di tutti (è Saragat che la pone sulla Giustizia) il PSDI non soccomberebbe, infine, dalla meraviglia. Se il PSI, stando a questo tipo di conclusione·, continuasse intanto la polemica tra MazzaJi e Basso, che alla lunga si scoprirebbe Poi iÌl chiari colori ideologici, gli elettori saprebbero perfettamente che cosa fare: voterebbero co– munista e democristiano, come h"anno incominciato, e non senza realismo, a Cremona. L'unificazione sta davvero rivelandosi il nuovo segno dell'impotenza: socialista in Italia; come io 'stato di scissione dei· due partiti è stato per lunghi anni l'ahbi, che serviva a ciascuno a giu– stificare il suo voglio e non posso. O se n'esce, presto, o giustizia sarà fatta. ALADINO niamo di distruggere la CGIL nel suo· apparato... di strappare alla CGIL gli aderenti al PSI». E' chiarò che un sindacato deve studiare efficaci mezzi di azione sindacale prima di volerne distruggere un altro, e l'UIL non ha .finora escogitato altro mezzo che l'aG– cettazione delle impostazioni degli imprenditori. Santi ha subito defimto «spacconate» quelle di Viglianesi. Ma merita la stessa definizione l'asserzione di Di Vittorio (vecchia di due mesi) che « è giunta l'ora della riscossa operaia >>. Tra due spacconate, non c'è da meravigliarsi che molti scelgano quella che assicura un'esistenza meno disagevole. Al convegno socialista di Milano si è parlato di ~olte cose, ma non di come risvegliare- l'iniziativa e lo spirito di lotta nelle fabbriche. Ora si afferma da molte parti (si può vedere un sereno ed obbiettivo articolo sul.l'ul– timo numero di Mondo Economico) che è la gran massa dei disoccupati e degli occupati parziali che, pre– mentlo ai cancelli delle aziende, rende difficile un'azione energica di maestranze che sentono la minaccia della facile sostituzione. Questo è senza dubbio un elemento d1 grande impor– tanza. Ma va osservato che sindacati di altri paesi hanno pur saputo sfruttare, con efficaci forme di. lotta, con– giunture economiche favorevoli, anche in presenza di notevoli masse di disoccupati: la piena occupazione in Gran Bretagna non risale all'inizio del ·s~colo. Se questo è il problema di fondo," i sindacati debbono porlo e cer– care di_ risolverlo, debbono dedicare la loro attenzione ai disoccupati come suggerivano, su Rinascita di no– vembre, alcuni operai di Torino. Se si. pèn.sa che solu– zione non esiste, c,he l'esistenza dell'<~esercito industdale di riserva >>. consente mano libera alle direzioni delle fabbriche, allora si rinuncia a priori a lottare e non si ha alcun diritto di stigmatizzare coloro che perven,gono allo stésso atteggiamento per altre vie. L'ECO DELLA STAMPA UFFICIO DI RITAGLI .DA GlORNALI E RIVISTE Direttore: Umberto Frugiuele Milano, Via G. Compagnoni 28 Corrisp. Casella Postale 3549 Telegr.. Ecostampa

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