Nuova Repubblica - anno V - n. 12 - 24 marzo 1957

2 (155) nuova repubblica I 11'ALIA POLI1'1CA I dà alla FIAT il paradosso che, 'in netto contrasto co11 i comunisti sul giudizio dei fatti d'Ungheria, i socialisti della CGIL, perchè uniti sindacalmente ai comunisti, siano dalla CISL e dalla UIL coinvolti nello stesso prin– cipio della « intr..attabilità », che li allontana, nel con– tempo, dalla funzione delle trattative con i rappresen– tanti della proprietà. Altrettanto difficile risulta ·alla FIAT, per i socialisti al pari dei comunisti, arrµolare candidati e scrutatori per l'elezione dei loro rappresen– tanti nelle C. I. Ora, il fatto che proprio in questo set– tore la corrente socialista çlella CGIL abbia a Torino incomi;ciato a scricchiolare, non promette che un ag– gravamento della situazione dopo .n 9 aprile. CORTEE SINDAC~41 1 I \ O GNI GIORNO che passa, la situazione romana si fa più pesante. Pesante _a~.centro, pesante ~lla sinistra. Al centro, la cns1 della Corte costitu– zionale denunzia una situazione che nessuno ha osato, la settimana scorsa, ricondurre ad una semplice alter– nativa di umori del presidente De Nicola. Certo, la lunga serie .di dimissioni che han'no costel– lato la carriera del venerando statista, ha spesso in– dotto' al sorriso, quasi vi fosse in ·lui una fissazione di unanimità che può essere fondata solo sulla pre– sunzione di un perfetto combaciare del sistema della ragione persuasa, con quello delle democrazia di fatto. Ma in realtà, in• nessun momento le dimissioni di De Nicola furono mai destituite di un motivo di principio; e meno che mai quelle dalla presidenza della Corte. De Nicola si è trovato, presiedendo questo istituto, al limite che separa la suprem.a potenza dalla suprema impotenza. Ogni dichiarazione di illegittimità, da parté della Corte, crea una condizione di vacanza della legge, che attende dal governo l'iniziativa di nuove leggi che surroghino, con una sicura conformità costituzionale, quelle che la Corte ha bollato. Ora, non solo vi è ,da parte dell'Esecutivo una so– spetta lentezza nella esecuzione di questo compito, ma in qualche caso, come per la nuova regolamentazione della pubblica sicurezza, vi è• addirittura contrasto con lo spirito delle decisioni della Corte. Che può fare in questo caso, se non dimettersi, il Presidente? La sua non può essere una condizione di continua, uggiosa sollecitazione ai poteri politici, per ricondurli attiva– mente nel canale di una creativa costituzionalità. Que– ste cose, si sentono o non si sentono e solo un gesto c]amoroso può ridestarne la pubblica urgenza. Nessuno può seriamente sospettare nella DC un motivo di deliberato sabotaggio dell'opera della Corte; vi si discerne tuttavia quella tiepidezza. di intenti, quell<>. scarso senso del valore etico-giuridico dello· Stato, che ben si ·comprendono in una classe dirigente per la quale i valori etici risiedono in un dettato di origine trascen– dente, e quelli giuridici continuano ad appellarsi al diritto naturale. Ma non si può poi neanche dire che la t!epida urgenza costituzionale del ·partito di mag– gioranza non sia per produrre particolari effetti pra– tici. Uno di questi potrebbe. essere di far sostituire una figura così severamente stimolatrice, come quella di De Nicola, con altra di più languido attivismo, e di mi– nore risolutezza a mettersi in urto con questo tipo di. governo e di maggioranza. Tutto ciò permette di pensare che il paese nchieda, a tutela e sviluppo delle istituzion( repubblicane, una classe politica di altra generale impostazione, e si sa bene che oggi essa non può essere ricercata se non nel-la sinistra democratica. Ma come notavamo all'inizio, il travaglio di questa parte non si è rallentato, questa · settimana, e lascia temere che anch'essa si trovi, ancora per molte settimane (ferme restando le speranze di una conclusione chiarificatrice al ·congresso del PSDI) ," se non per più mesi, in un periodo interlocutorio. Il fatto nuovo in seno alle sinistre, è stato, questa settimana, determinato dall'accentuarsi delle rivolte sin– dacali in seno al PSI. Il fenomeno di Genova è dei più curiosi. Genova è un centro in. cui tutta la sinistra è in certo senso lievemente $postata a destra. Alla testa dei comunisti sono uomini di notevole serenità antia– gitatoria, come Adamoli e Antolini. Alla testa del P,SI, Barbareschi può dirsi quasi un socialdemocratico.- A sua volta il PSDI manda alla Camera deputati di estrema destra,, quasi dei liberali di sinistra, come Rossi e Bet– tinotti. E' uri clima politico che aiuta a comprendere le rivolte in seno alla CGIL. da parte di uomini della cor– rente del PSI. I silldacalisti socialisti sono d'altra j)arte ad un bi– vio che è inutile nascondere. Si tràtta per loro di ri– so]vere un problema fondamentale, quello della ripresa, su scala nazionale, dell'efficacia della lotta per le riven– dicazioni salariali e normative, e per la libertà nelle fabbriche. Ciò esige un rafforzamento dell'organo sin– dacale; ma il bivio si apre qui: questo rafforzamento può venire da una presa di leadership socialista in seno alla CGIL, come dice il Congresso di Venezia, come dicono Santi e Lizzadri; o dall'ingrossamento delle file di altri organi, liberi dall'iPoteca comunista, in grado L'ECO DELLA STAMPA UFFICIO DI RITAGLI DA GIORNALI E RIVISTE Direttore: Umberto Frua:tuele Milano, Via O, Compagnoni 28 Corrisp. Casella 'Postale 3549 Telegr. Ecostampa quindi di tornare a siedere, soprattutto. nella grande jndustria, al tavolo delle trattative, senza condividere le intimidazioni e il (giustificato in questo caso) setta– rismo della corrente maggioritaria comunista? La risposta è più malagevole di quanto si creda. Da un lato, basterebbe rispondere: abbiate fede e volontà di combattimento nel nome .del socialismo, ,i comu– nisti hanno tale bisogno di voi nella CGIL, c'he, se vi .imponete, vi seguiranno. Questa- è in sostanza la tesi del partito. Ma molti sindacalisti pensano che, in tanto queste possibilità di forza esistono, in quanto il PSI faccia a· sua volta una decisa politica di ampliamento de11e sue ·possibilità politiche: in breve, una politica unificazionista. Accade così che sindacalisti da non considerarsi per nulla in posizi~one arretrata, possano venire ad essere addirittura arrischiati nella premura 'dell'unificazione; o che, senza attendere altro, la. inco– mincino a realizzare, per quanto sta in Joro, col pas– saggio alla UIL. E' probabilmente, senza perderci in analisi inesauribi1i di casi personali, Ja motivazione più seria della crisi socialista all'interno della CGIL. Ora la gravità della cosa non sfugge a nessuno, si condan– nino o si giustifichino le transizioni dall'uno all'altro organismo, si stim~no o si sospettino gli uomini çhe le compiono. Esiste un rimedio a questa situazione? Dobbiamo confessare che non ne vediamo per ora uno univoco e decisivo: neppure le sanzioni disciplinari. Anzi, preve– diamo facilmente che nuovi fatti verranno a turbare ulteriormente il problema. Alludiamo alle elezioni delle Commissioni Interne alla FIAT, dove la condizione della corrente socialista del1a CGIL è ~elle più precarie. Si D'altro canto,· va osservato che la UIL stessa si trova in una ben curiosa situazione politica. I membri delle Commissioni Interne rappresentano sino ad oggi 108 z:nila voti di base. Noi siamo facilmente sicuri, che questi voti non sono politicamente voti socialdemocra– tici; altrimenti è chiaro che centomila operai, col mol– tiplicatore elettorale altissimo del PSDI, ·ne produr– rebbero almeno sei volte tanti di ambiente operaio. Ma si faccia avanti chi crede che metà dei voti del PSDI sono voti operai. Ora questo significa che, per buona parte almeno, quei centomila e passa voti aziendali sono sin d'ora voti politicamente socialisti. Si potrebbe dire che tutto ciò ha poi una gravità relativa: non si tratterà semplicemente di quel consu– marsi del processo d'unificazione, che porta, natural– mente, a fusioni e rifusioni dei gruppi operai.? Il fatto grave è però che dell'unificazione non vi è certezza alcuna; che vi è invece, oggi, la certezza dello scom– piglio nel campo sindacale. A volerne ricavare un'impressione generale, sì ha quella del disordine più che dell'evoluzione' dell'elet– torato operaio di sinistra. Il che non può incoraggiare, nel momento in cui si constata, malgrado l'ottimismo dell'on. Segni, che il governo si avvia ad una stagione di crisi virtuale, che tutti i partiti entrano in fase elet– torale, e che quelli che meno hanno dh paventarla· Sono i dc, e forse, malgrado tutto, i comunisti. AL;\DINO CRISI DI PALAZZOVECCHIO GARANZIE P R I LAIC L Aj-<;RISI della Giunta comunale di Firenze (a parte '1e occasioni offerte all'opposizione da un'ammini– strazione approssimativa, spesso demagogica e megalomane, con una serie di provvedimenti molto gravi per l'avvenire della città, avviati senza alcuna previa consultazion~ del Consiglio), diventa un fatto politico di rilievo nazionale per due ragioni: a) il problema del rapporto politico fra cattolici e sòcialisti, che si era cercato di superare in agosto con un compromesso for– male a Firenze, a Venezia e a Milano, torna a porsi nella sua sostania reale; b) i socialdemocratici non sono più in grado di reggere una,Junzione d'intermediazione che aveva senso solo come ponte di passaggio ad un diverso ~chieramento, mentre rischia di distruggerh se . diventa permanente. Chi pensa àlla possibilità di risolvere la crisi fioren– tina tentando di riproporre uno degli schemi di com– promesso che già furono attuati in agosto, si trova evidentemente arretrato sui tempi. Sono infatti proprio quegli schemi entrati in crisi. Il PSI ha compiuto, col suo congresso di Venezia, un notevole passo di chia– rificazione politica: e questo fatto non può essere can– cellato da nessuno, tanto più che proprio a questo passo - si diceva in agosto - era subordinata la possibilità di una intesa più permanente fra socialisti e cattolici almeno sul piano amministrativo. Ma, nel campo cat– tolico, assai più in verità che nel campo socialista, manca il personale politico di questa intesa, e manca anche la chiara visione di che cosa essa comporti. · Manca il personale politico, perché questa intesa esprime precisamente, molto più che uno spostamento a sinistra della DC, la rinuncia all'integralismo autori– tario. Né Fanfani, né Colombo, né La Pira possono dun– que essere gli uomini di •questa operazione. Si possono anche chiamare di sinistra (e non importa qui verificare la legittimità di questa qualificazione), ma sono certa– mente campioni d'integralismo. Essi non possono effica– cemente operare l'apertura a sinistra perché essa in– volgerebbe una sostanziale divisione di potere. Né. la vecchia classe politica, che aveva generato il degaspe– rismo (cioè il tentativo di collaborazione sincera con forze non cattoliche, ma senza apertura sociale a sini– stra) può oggt assumersi un ruolo ch'essa non è più in grado di svolgere. Resta dunque la sinistra cattolica: le pochissime forze organizzate che sono riuscite a soprav– vivere dentro la DC all'azione repressiva dell'apparato fanfaniano, e qvelle - forse più larghe - che potreb– bero coalizzai-si di fronte ad una forte aperta e corag– giosa politica di quella minorahza. Ma sarà essa in grado di condurla? · Manca la visione chiara delle conseguenze di una tale politica. Che investono. necessariamente, il pro– blema dei rapporti, de1le garanzie e dei limiti reciproci fra attività religiosa ed attività politico-statuale, Se non si vuole ·(né si può) resuscitare un << laicismo» che pone ai margini della vita civile l'attività e l'organiz– zazione religiosa, è necessario che siano gli stessi catto– lici di sinistra (ai quali incombe oggi una re5:ponsabilità di primo piano nella evoluzione del paese) a sollecitare e a chiarire la definizione dei limiti di codesta attività ed organizzazione nel furtzionamento della macchina collettiva della società civile. La richiesta di « garanzie » affacciata spesso da parte catiolica riflette uno stadio dei rapporti fra stato e chiesa in cui quella richiesta poteva certamenfe avere una giustificazione ed una va– lidità. Ma oggi la situazione è rovesciata: al punto che - se la richiesta dei cattolici può « teoricamente» es– sere ancora posta - «praticamente» una richiesta mol– to più pressante dev'essere ormai posta ·dai laici, e soprattutto dai socialisti, sui limiti d'invadenza della gerarchia e degli interessi ecclesiastici nella vita pub– blica (e privata) italiana: richiesta che va tempestiva– mente soddisfatta proprio se si vuole evitare una difesa di puro «·laicismo», alla quale altrimenti è inevit3.bile che si aggrappino tutti coloro che non intendono perdere definitivamente il retaggio storico della società e dello stato italiano. Siamo giunti al punto critico: può essere che si sca– teni, a breve termine, una massiccia risposta anticle– ricale alla volontà integralista di Fanfani e alla sco– perta offensiva anticostituzionale della Chiesa; ma la si può evitare, se tempestivameqte, da parte cattolica e da parte socialista, si ponga il problema di fondo, dei modi, dei metodi, delle condizioni della convivenza - in una moderna società civile - della dimensione religiosa e di quella statuale. Siamo i primi a dolerci che La Pira non si sia mo– strato capace di esprimere con coraggio e con autorità questa esigenza da parte cattolica, e non abbia raccolto intorno a sé i giovani democristiani capaci di affrontare questa .problematica e di sostenere la necessaria batta– glia politica. Ce ne doliamo, ma non possiamo che con– statare la realtà. E giunti a questo punto, ci preme affer– mare che l'equivoco, il deteriore compromesso dei posti, non deve illudere nessuno ci.çca l'effettivo superamento ciel problema, che sta alla radice ormai del malessere dell'intera società italiana. · Il peso, la posizione politica dei socialisti consentono di resistere, di elaborare posizioni chiare: quanto neces– sario perché in seno al mondo cattolico il problema si ponga, nella sua drammaticità e, nella sua urgenza. Se non lo comprendessero, per legittime ma mediocri con– siderazioni di ordine elettorale o, peggio, per un piatto di lenticchie di potere apparente, i socialisti verreb– bero meno ·al compito storico che ad essi, non meno che alle forze più aperte e spregiudicate del catto– licesimo' moderno, incombe senza possibilità di equivoco. l'. c.

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