Nuova Repubblica - anno V - n. 11 - 17 marzo 1957

2 sindacato e degli schieramenti amministrativi è dunque, allo stato degli atti, provocatoria: non sarebbe un sacri– ficio all'unità socialista, ma una concessione mortale alla conservazione centrista. Ne deriva.una terza ed ultima considerazione. Il PSI non ha altre (< concessioni » da fare; l'evoluzione ch'esso ha compiuta non è certamente finita, ma i suoi sviluppi non possono che essere sviluppi democratici jnterni, non imposti da nessuno. E non riguardano la linea politica, la cui importanza socialista e democra:tica è stata rico– nosciuta da qualsiasi osservatore in buona fede, ma la struttura propria, il modo attraverso cui quella linea si esprime e si articola, i mezzi di ulteriore espansione po– litica. Abbiamo già detto e ripetiamo qui c:,be è ora il momento in cui tocca al PSI di ridimensionare se stesso, perché la lmea annunciata a Venezia non resti sospesa a mezz'aria, ma trovi 11 terreno d1 una attuazione effet– ~iva. Non si tratta dunque di consegnare ai clericali, Seriza colpo ferire, tutte le amministrazioni loca1i; né di distruggere quanto resta di struttura sindacale autono– ma dalla diretta presenza e pressione padronale: si tratta invece di dar mano rapidamente ad una nuova struttu– razione del partito - che rie faccia veramente un mo– dello di democrazia; di creare ed applicare le formule e gli istituti atti a raccogliere intorno alla 1inea politica del partito il massimo di simpatie, di convergenze, di ap– porti anche sul piano tecnico-culturale; si tratta di pro– por-si come guida di una difficile battaglia contro il man– darinismo sindacale, il partitismo nei luoghi di lavoro, l'agitazionismo generico, per gettare le basi di una nuo– va realtà sindacale, che nasca dal basso verso l'alto, e ridia a organismi di lavoratori, democraticamente orga– nizzati, la pienezza dei poteri sindacali. E' intorno a queste cose che si farà l'unità socialista, .anche se il cammino sarà lungo ed aspro: non la si farà alla ricerca dell'ago gettato da Saragat nel pagliaio. Ri– trovarlo, per Ja verità, n9n interessa a nessuno (e le ele– zioni locali fatte intorno ad una unità socialista inesi– stente si sono dimostrate fallimentari): interessa ritr~ vare i nuclei essenziali d'una struttura, d'una azione, d'una politica socialista e democratica, su cui far perno. Questa, molto più che l'on. Saragat, sta cercando il paese. TRISTANO CODIGNOLA (15 i) nuova repubblic11 ..._ __ I_T_A,_L_IA_P_O_L_IT_I_C_A _ _ I DILEMMA SOCIALDEMO M ATTEO Matteotti, in una intervista ad un settima– n~le milanese, ha confermato la sua scarsa fiducia nella persistenza del governo Segni. E' un parere che rimane soggettivo, sinchè qon si vedranno tutti gli sviluppi della discussione sulla legge per i patti agrari, e le risultanze di quei « sondaggi» che la direzione del PSDI ha incaricato --Saragat, Simonini, e Matteotti me– desimo, di condurre presso il presidente Segni, in vista di altre rivendicazioni sOCialdemocratiche: legge Vigo– relli, legge Romita. Bisogna tener conto che in questa partita, Matteotti, con la miglior voiontà del mondo, è solo, nei confronti non solo della democrazia cristiana, ma dei suoi due partners, di nulla meno vogliosi, che di portare Segni alla crisi. In 1:ealtà, la stabilità del governo Segni, più che da questi sondaggi, dipende da ben altre decisioni o incli– nazioni del partito socialdemocratico. In primo luogo, dalla sua maggiore o minore risolutezza a condurre in porto l'unificazione. Sino a questo momento, le condi– zioni continuamente· avanzate dal PSDI, e continuamente rincarate, dimostrano che la maggioranza di questo p·ar– tito non ne sente alcuna urgente esigenza, e che è pronta a battersi per patti tanto gravosi, da rendere irrite le trattative. Se è lecito essere del tutto franchi, in una faccenda nella quale il desiderio o il rammarico indu– cono facilmente alla riserva, noi non vediamo nulla di scorretto nel fatto che il PSDI non voglia unificarsi con il PSI; la sola scorrettezza sta nella pretenziosità dei mo– tivi invocati per non realizzarla, e per respingere sulla· controparte la responsabilità del nulla di fatto. Nulla di scorretto, sosteniamo, vi è nel respingere il principio e il disegno dell'unificazione. L'unificazione è un rischio, sia ben chiaro .. Non tanto, per il PSDI, il ri– schio di scomparire come minoranza in un più grande partito socialista (la questione è trattabile, e, crediamo, senza grave pregiudizio delle attuali dimensioni parla– mentari della socialdemocrazia). Il vero rischio è che il PSDI sia indotto, dall'unificazione, ad affrontare una bat- taglia che non sente. , Se non andiamo errati, Jo scopo dell'unificazione è quella di ridare un contenuto e un'iniziativa al sociali– smo italiano. Molto di ciò è stato detto e ripetuto da Nenni e da Foa, da Lombardi e da Santi al Con– gresso di Venezia. Si tratta, in breve, non semplic emente di accrescere il livello di benessere di determina.ti gruppi operai, in proporzione al riformismo del grande padro– nato italiano; ma di contrapporre (si veda l'importante libro di Guiducci, su Socialismo e verità, l'unico sostan– zioso COQtributo ideologico alla sinistra marxista da met– tere in conto dopo la morte di Stalin) la preparazione di una pianiflcaziorie socialista a quella che, mercato co– mune aiutando, si avvia da parte del capitalismo. Lo scopo ttell'unificazione, sembra ridicolo dirlo, è una po-– litica socialista: n~lla quale si ha da marciare su due piani: in primo luogo, la democratizzazione del lavoro di massa, grazie al quale quella pianificazione deve essere preparata -dal basso. raggiungendo Poi una formulazione tecnica in centri socialisti specializzati. In secondo luogo, si deve decidere la sCelta di tattiche indicate per dare alla pianificazione, realizzabilità politica, tattiche che esigono l'unità sindac31e; esigono l'apertura su cose, come si vede, concretissime, verso l"a sinistra cattòlica; csjgo- , no l'attrazione, nel lavoro di _base, di forze comuniste. LIBERI A DELL' ll\!SEG!\!J\l\!TE La domanda che deve rivolgersi al PSDI, è allora: queste prospettive di lavoro vi interessano? Intendete farle vostre? Né si può pretendere dal PSDI una imme– diata risposta, che non consegua ail-a riflessione sul l'i– schio di quella scelta. Il rischio, obbiettivo, è que11o del salto della quaglia comunista; o, peggio, che i socialisti non abbiano e non sappiano formarsi la mentalità or– ganizzativa adatta allo scopo, e che finiscano con l'of– frire al PCI il terreno, gli strumenti, i frutti, di una iiii– ziativa priva di costanti e lontane e sicure prospettive. L A SCUOLA è il Juogo - il più <leter11.1inatosotto al– cuni aspetti - dove si forma il cittadino di domani. Se vogliamo preparare al nostro paese cittadini amanti della. libcrt..\ e capaci di riconoscern i valori e le applicazioni sociali nella. Ol'ganizzazionc democl'atica della -vita moderna., dobbiamo esigere che i maestri frniscano di quello. libertà di insegnamento di cui pa.rla la. Costi– tu1.ione della Repubblica e non siano obbligati a fondare il loro insegnamento su una determinata dottt-ina indi– cata dalla legge. A questa evidente necessità., su cui ben di .rado si ferma l'attenzione dell'opinione JlUbblica, si è ispirato il Convegno su « La libertà. dell'insegnante::., che .tenutosi a Meina il 9 e 10 u.s. per iniziativa dell'Unione Ge– nitori e Insegnanti della Scuola di Stato (UGISS). I lavori del Convegno si sono aperti con due relazioni tn~lla situazione giuridica in cui si inquadra l'opera educa– tiva rispettivamente dell'insegnante delle scuole elementari e dell'insegnante delle scuole medie. I programmi delle ,scuole elementa'..ri emanati dal mi– nio;_;tro Ermini, pur essendo i primì a vedere la luce da quando è in vigore Ja. Costituzione della. Repubblica, non si ispirano a.i principi fondamentali di libertà sanciti dalla Co~tituz.i0ne, e adottano invece, tras[erendola. in un testo <li 1egge, l'espressione del Concordato per cu.i la dot trina -cattolica dev'essern « fondamento e coronamento > di tut.ta fi~truzione o, come è anche scritto nei programmi, « d i tutta l'opera educativa della scuola >. Il Concordato è stato messo al di sopra della Costituzione: di conseguenza l'insegnamento elementare dive·nta confessionale per tutti gli italiani e ai maestri è negata la libertà di insegna– mento. Ai maestri elémentari è riconosciuta soltanto la libertà. di scegliere il metodo, considerato come mezzo per realizzare una finalità confessionale. Non è ricono– sciuto il diritto di impostare l'insegnamento ispirandosi liberamente ai principi della pedagogia moderna. D'ora in poi nella, scuola italiana potranno insegnare solo mae– stri che facciano professione di cattolicesimo. Una mae– ,13tra è stata già punita per « atteggiamento anticattolico>. Nelle scuole medie la situazione risulta. non molto 'diversa, anche se il processo di involuzione legislativa non è ancora compiuto e l'insegnante non couform.ista ~uò ancora appella.rsi, nel resistere alle pressioni e alle mterferenze confessionali e nell'affermare la propria aUto– nomia. spirituale e lib_ertà d'insegnamento, a qualche ~ti– c?lo di legg~ e a una prassi che risale a periodo ante– riore al fascismo. Ma il recente progetto ministeriale di stato giuridico degli insegnanti medi restringe la e libertà d_el docente> fino ad annullarla là dovE! gli impone di r~spettar~ e la ~oscienza religiosa e morale e la persona– lita degb alunm » come qualcosa di preesistente e inattin– gibile dall'opera educativa del docente, la quale reste– rebbe estranea. al processo educativo e quindi vana. Educare infatti non si può - come è stato osservato - senza suscitare energie morali, interessi intellettuali e li– bere discus.sioni, dalle quali appunto può uscire libera– mente I_?r_mat~quella personalità dell'alunno che il pro– getto ministeriale considera tabù. ~..e commissioni di studio hanno approfondito questi tem1 ed esteso l'indagine ad altri problemi della scuola e della cultura italiana che sono in sh·etto rapporto con Je g&1"anzie di libei-tù. di cui deve godere l'insegnante. Dopo la discussione generale è stata approvata all'unani– mità una mozione in cui il Convegno dell'UCISS: « constatato che i progetti ministeriali di stato gimi.,W,co degli insegnanti elementari e medi, nel limitare, da un' làto, la libertà degli insegnanti a una pura « libertà didattica nell'ambito dei pro.grammi» e faccn9o obbligo, dall'altro, di rispettare 1a < coscienza religiosa e morale e la personalit.:\ degli alunni >, si pr~stano ad una in– terpretazi~ne coofessiorale che intaccherebbe i principi fondamentali di Jibe11:à del cittadino sanciti dalla. Costi– tuzione, « chiede: a) che il riconoscimento della libertà del– l'insegnante ·sia sancito con la Ioi-ìnulazione adotiata al– l'art. 2 della e Carta mondiale degli educatori>: < I diritti dell'educatore sono ugualmente..._indipendenti da11e credonie e dalle opinioni, nel limite ..... in cui l'educatoJ'8 rispetta nello stesso fanciullo la libertà di credenza e di opinione >; b) che nella formulazione del testo dello stato giuridico trovino posto Ìlorme che garantiscono la libertà dell'insè– gnante 8.nche attraverso il funziOL1amento democratico di tutti gli organi scolastici collegiali, i cui membri debbono nella loro maggioranza essere eletti dagli insegnanti stessi; <. dà mandato alla Segrete.ria dell'UGISS di prendere ini:t.iative atte a consolidare la coscienza. della necessità di difendere la libertà. dell'insegnante, premessa e garanzia delle libertà fon<lamental_i del cittadino >. MINCULPOP Dui direttori di Nuovi ÀTgomenti riceviamo copia della seguente lettera, che i medesimi hanno già inviato, senza l'onore delJa pubblicazione, al Borghese, a Ul Tivan e al Corriere della Nazione, in relazione alla questione dei con– tributi alla stampa di alta cultura (vedi Nuova Repub– blica del 10 marzo u.s.). Ogni commento è palesep:iento inutile. · Sig. Di:-ettore del periodico H Borghese via Borghetto n. 5 MILANO Egregio Direttore, ROMA, 28 febbraio 1957 ci viene segnalato che il per-iodico da Lei d·iretlo, t1el fascicolo del 15 febbraio_ 1951, dà. notizia d·i una sovven– zione che la nostra rivista avrebbe ricevuto dalla Presi– 'denza del Consiglio de·i Ministri. . La not·izia è falsa. La nostra rivista non ha chiesto né ricevuto alcuna sovvenzione. La invitiamo a pubblicare la vresente smentita ai sensi dell'art. 8 della legge S-12-1948 n. 47, Con distinti saluti'"' (Alberto Moravia) ~(Albe1'1.o Carocci), . E' pronto il PSDI a questo passo? Non sta a noi dire si o no; ma sta al congresso ·socialdemocratico rispon– dervi. ·E sarebbe incomprensivo non rendersi conto che, dinanzi al salto, ci si volga volentieri a guardarsi indie– tro, alla sicurezza dei dieci anni trascorsi, alla placidità non disonorevole della alternativa tuttora in corso. Que– sta alternativa non ~ punto avulsa dal desiderio· di 1,ma elevazione delle classi lavoratrici. Tale desiderio è però coµtenuto da una condizione: quella della intangibilità dell'attuale ordine politico ed economico: un ordine a suo modo concorrenziale, liberistico, e, politic.imente, li– berale; dove non è neppure in questione l'accrescimento della quota di potere del proletariato; dove si cerca, dal– l'interclas~ismo democristiano, di strappare quanto non disturbi, in fatto di benessere, alla logica e alla virtù del capitalismo. La scelta socialdemocratica è stata si– nora la scelta riformistica tipica; e non senza sucèesso. Chi segua Ia curva elettorale del PSDI riconosce che esi– ste un $UO elettorato costante, co_stituito dalle estreme punte della gente d'ordine, dalle Sincere retroguardie del socialismo. E' un elettorato moralmente e politica– mente apprezzabile; ai suoi vertici stanno amministrato– ri' pubblici dei quali vanamente vorrebbero scoprirsi con– ces.sioni al costume del sottogoverno; domina per lo più in esso una « pulizia » politica che partiti più grossi non potrebbero così facilmente vantare. Manca a questo elet– torato il traguardo della sperariza, manca ogni linfa gio– vanile al suo programma, manca ogni sfida alla realtà presente. Ma in parte, la realtà presente soddisfa real– mente i ceti elettorali del PSDI: è dunque sensato com– promettere questa· aiuola non sgargiante ma serena? Ecco la vera alternativa del PSDI: abbandonare il riformismo per un attivismo laboristico; con la respon– sabilità di doverne creare, insieme al PSI, tutti gli stru– menti; con il rischio di scivolare su un terreno, sul quale i comunisti sono solo troppo pronti a sollevarlo. Abbiamo detto tuttavia ch'e c'è un aspetto meno serio del comportamento socialdemocratico. Consiste nella se– rie degli argomenti speciosi e dei pretesti contin\lamente avanzati per non concludere. Si soStiene, ad esempio, · che si è disposti in qualsiasi momento ad abbandonare il centrismo, purché il PSI rompa in tutti gli organismi ~di base con i comunisti. Si argomenta che, mentre in questi ultimi il PSI compromette la dottrina il PSDI al governo con i democristiani, fa della « pr~ssi ». Se~ nonché, per la verità, le cose stanno in modo opposto. Nel centrismo ogni socialista vede, per forza, l'adesione impegnativa all'ideologia del riformismo capitalistico :(interclassismo); negli organismi di massa i socialisti si affiancano a compagni di lavoro, per una comune tutela di interessi di classe. E' vero cioé il contrario di quel che si dice: non è che si resti al governo per attendere gli sviluppi democratici del PSI: si pretesta la lentezza degli sviluppi democratici del PSI, per restare al governo (o nell'alleanza centrista). Questo, ci sembra, l'equivoco della condotta socialdemocratica. E' sperabile che il di– battito precongressuale vafga a sfatarlo, o nel senso del– l'unificazione, o· nella schiettezza• di un rifiuto. ,, ALADINO

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