Nuova Repubblica - anno V - n. 3 - 20 gennaio 1957

stando e deridendo, nonostante le indicazioni di una chiara evoluzione mondiale, ogni orientamento dirigista. La responsabilità politica di questo errore si fissn più gravemente verso il 1950-51, quando l'economia italiana aveva rifatto le ossa e si potevano e dovevano far bilnn– ci per l'avvenire. Il compianto ministro Vanoni è intervenuto successi– vamen'te a dare un piano di lavoro al suo partito ed ai governi. Qualunque giudizio tecnico si porti su di esso, e sul suo attuale parziale rilancio, politicamente e tecni– camente dubbio, promosso dal ministero Segni, la sensi– bilità.politica e sociale che ha promosso il" Piano Vanoni, la sua modernità d'impostazione meritano un elogio sen– za riserve. Il Piano Vanoni non è un programma, ma l'indicazio– ne di un indirizzo di lavoro fondato su sce1te e priorità ai fin.i propulsivi. Peraltro le provvisorie ipotesi di lavoro in esse formulate, soprattutto per quanto riguarda la massa degli investimenti necessari e la disponibilità di capitali esteri, e le mete indicate, per quanto riguarda un ampio decongestionamento della terra e dell'agricol– tura povera e la creazione di due milioni di posti nuovi di lavòro, ric;hiedono la più attenta revisione critica. E' da combattere l'illusione di poter trapiantare in Italia con la stessa efficacia la politica di piena occupa– zione applicata dall'Inghilterra e dai paesi baltici o pr~– ticata dalla Svizzera: tutti paesi che dispongono di lunga ed ampia accumulazione di capitali. La stessa Germania dispone di ben altra attrezzatura e preparazione tecnica. Né possiamo adottare il modulo comunista. di iniziale ri– partizione egualitaria della miseria con la speranza del· beneSsere a scadenza lontana e indeterminata. La rivo– luzione industriale ih corso tende alla esaltazione delle produtliv·ità unitarie ed alla riduzione del lavoro umano impiegato. Già attualmente se l'industria italiana potesse lavorare secondo gli schemi razionali e produttivistici della industria americana dovrebbe licenziare metà degli operai impiegati. Occorre che una politica occupazionale in Italia sia realisticamente adattata alle nostre particolari esigenze, che sono insieme sociali ed economiche. Quindi: su un piano economico, promuovere il massimo svi– luppo delle industrie espansive (meccaniche, chimiche, .industrie varie) a forte reddito unitario; su un piano di priorità sociale, curare le forme di occupazione estensiva della piccola industria, dell'arti– gianato, dell'agricoltura. L'aiuto che è giusto dare ai due ultimi settori di attivit,à è un surrogato dei sussidi alla disoccupazione. L'impulso intensivo alla produzione agra– ria attraverso la meccanizzazione deve seguire un gra– duato e calcolato sviluppo; su un piano di priorità territoriale, sviluppare nel Mezzogiorno una sistematica opera d'inquadramento in– dustriale (specialmente meccanico e chimico) a mezzo di medi impianti affidati ad organi pubblici (IRI o si– mili), abbandonando l'attuale indirizzo disordinato e ste– rile, rimesso alla buona volontà, anzi mala volontà, del grande capitale ed all'indifferente agnosticismo della bu– rocrazia bancaria. Abbandonando ogni piano unilaterale e dottrinario è per l'Italia condizione di progresso, anzi di vita, un diffi– cile contemperamento ·del massimo· profitto nazionale col i:nassimo di convenienza sociale. Per un lungo periodo di sviluppo economico, almeno decennale, l'Italia non può abbandonare forme occupa– zionali estensive. senza il pericolo di essere bloccata da un peso di disoccupazione insostenibile. Parallela e contemporanea condizione pregiudiziale di progresso è il costante incremento annuo del prodotto reale della economia nazionale, mantenuto almeno al ritmo ipotizzato d31 Piano Vanoni. Appare infatti improbabile che. l'economia ita1iana possa mettersi in grado di dar lavoro e reddito sufficien– te, sia pur nel giro di dieci anni, a 4-5 milioni di disoc– cupati, sottoccupati e maleoccupati. E comunque i frutti di una politica nuova si realizzeranno in pieno solo al termine del periodo, dovendosi dunque prevedere parec– chi anni iniziali di disagio, reso più acuto dalle promesse mancate e dalle ,speranze deluse. Bisogna perciò pensare ad un crescente assoi·bimento occupazionale più che nelle attività produttive primarie o trasformatrici o rtei trasporti o nel commercio o in al– tre attività economiche, tutte attualmente già congestio– nate, in un crescente ed ordinato sviluppo dei servizi civili in ogni loro forma. NonostaÌlte ogni sforzo di espansione del lavoro, di bonifica civile e di qualifica professionale, nonostante ogni sforzo di riduzione dell'esercito disPerato del sotto– proJetariato italiano, rimarrà per molti anni la necessità di ricorrere all'assistenza come fondamentale ed insosti- (segue a pag. 8) 11 testo delle tesi di Giu– seppe Tagliazucchi ·su AU– TONOMIA E POLITICA SIN– DACALE ci giunge mentre andiamo in macchina. Lo riprodurremo integral– mente nel prossimo numero. (146) nuova repubblic11 l\UNIS'fERO DELLE PARTECIPAZIONI -· u Lei partecipa? n (Di$, di Dillo JJusd1i). TRISTANO- CODIGNOLA: STRUl~TURfl DEL PflRTIT 1. Un grande partito socialista che si proponga di offrire un'alternativa democratica al paese è capace di espandere la sua azione e di aumentare ]a propria influenza non soltanto nella misura in cui la sua politica sia idonea ad offrire soluzioni storicamente valide per il generale avanzamento democratico, ma anche nella misura in cui esso sia in grado di rap– presentare nel suo stesso ambito un esemplare perma– nente di vitalità democratica. Un partito non può dun– que proporsi compiti di guida democratica del paese se nfit:: è in grado di realizzare dentro se stesso un continuo e libero ricambio di esperienze e di quadri. La democrazia va iritesa nel suo senso proprio di « governo del popolo>). Per un partito, questo si tra– duce in un continuo sforzo di autonomia, in una as– sicurata e continua partecipazione dei militanti alla elaborazione ed alla attuazione della linea pohtica, in un rovesciamento totale del rapporto autoritario, alla ricerca costante della fonte del potere, che sta in basso e flon in alto, e non si estingue attraverso le delegazio– ni di potere che avvengono' in via democratica. Il par• tfto organizzato a piramide, ..... autoritario e gerarchico, è lo strumento di una politica autoritaria e gerarchica, cioè di conservazione; solo per una distorsione di cui si stanno ora scontando le conseguenze un partito au– toritario e gerarchico può essere considerato valido per una politica di movimento operaio, che è sempre - per definizion·e -. politica di apertura, di democrazia e di libertà: .cioè dì progresso. 2. L'antinomia fra la neceSsità del continuo e ve– rificato consenso dal basso e la necessità di uno stru– mento adatto alla lotta è soltanto apparente. L'unico modo serio di rendere uno strumento· efficiente per la lotta è di garantire il consenso, quindi la dedizione senza limiti, di ogni militante. Altrimenti, il movi– mento operaio e democratico può ritenere, dalle appa– renze, di essere in possesso d'uno strumento monoli– tico, mentre in re3.ltà esso prepara· la propria rovilla. Il problema della struttura d'un partito socialista è dunque sempre il problema del rapporto fra le esi– genze della lotta esterna e la necessità . di garantire un'assoluta circolarità interna di esperienze e di po– teri. O si è persuasi della creatività delle masse, della loro capacità cioè di esprimere in forma auto– noma i modi della propria organizzazione e difesa, e le classi dirigenti più adatte in un continuo moto di rinnovamento; o si ritiene che le masse debbano es– sere « guidate n, « protette », « iJluminate ». Nel 'primo caso, si facilita e s'incoraggia la presa di coscienza autonoma dei problemi; nel secondo caso, si cade ine– vitabilmente nel paternalismo, da cui si pccede al to– talitarismo. 3. Lo Statuto del 1955 dei PSI e le proposte di emendamenti avanzate per il XXXII Congresso sono un esempio caratteristico di una struttura ancora incerta fra le due possibili soluzioni organizzative, incertezza che riflette la fase di transizione in corso nella politica di tale partito. Sembra perciò particolarmente oppor– tuno misurare alcune tesi di massima di carattere strut– turale sulla situazione organizzativa e sulle prospettive ai modificazioni in atto in quello dei partiti socialisti che, per le contingenze storiche del momento, si avvia a divenire, con la collaborazione dì altre forze demo– cratiche e socialiste, lo strum~nto di guida della sini– stra italiana. 4. E' molto sentito e generalmente affermato il bi– sogno di garantire per l'avvenire una autenlica circo– lazione delle idee. Ma è bene precisare che questo obiet– tivo sì realizza anche con una serie di provvedimenti statutari concreti in due ambiti ben distinti: a) in sede di elaborazione ed attuazione della li– nea politica, la circolazione delle idee si attua assicu– rando il massimo di libertà interna, e il più alto grado di responsabilità dei militanti; b) in sede di approfondimento dei problemi di base della società italiana e di elaborazione ideolo-:– gico-culturale, la circolazione si attua assicurando il massimo di autonomia nella dimensione della cultura, e determinando condizioni di ricerca disinteressata che consentano un contatto costante e vitale con altre cor– renti culturali, e una effettiva dialettica interna. La circolazione delle idee vuol dire, in ogni caso, antidogmatismo ed anticonformismo. Gli strumenti che li garantiscono sono: a) sul piano politico, la libertà· delle opinion.i (vo– to), della espressione delle opinioni (stampa), della or– ganizzazione delle opinioni (corrente); b) sul piano culturale, il contatto organico fra diverse posizioni culturali, interne ed esterne al par– tito, attraverso punti d'incontro (circoli e stampa non uffìciale) che consentano il costante inserimento nella cultura del te~po, per trasformarla ed anche per rice– verne linfa di rinnovamento. Un partito politico deve essere prima di tutto un incontro di volontà politiche, che possono scaturire anche da diverse, o diversamente espresse, fonti ideologiche: il Conformismo ideologico (che persiste per esempio nell'art. 1 dello statuto PSI) è un ostacolo obiettivo a quella circolazione d'idee dalla quale diPende in definitiva la capacità dello stesso mar– xismo di adeguarsi a realtà nuove, fuori di ogni acca– demico e comodo compiacimento. Si dovrà dunque arrivare al più presto ad una li– bertà di voto assicurata in ogni istanza (libertà di voto vuol dire voto seg·reto in ogni caso .di scelta di uomini, e nella maggior parte anche :delle scelte d'indirizzo); al riconoscimento esplicito delle correnti o - se così si preferisce - delle tendenze; alla piena responsabilità della linea dei giornali'di partito affidata ai direttori scelti dagli organi competenti, senza un particolare controllo esercitato permanentemente su di essi. I direttori rispon– deranno esclusivamente agli organi' di cui i giornali sono espressione, senza soprammissioni (come esistono tuttora nell'art. 35), ma anche con piena facoltà di re– voca. Per assicurare una naturale coincidenza fra la li– nea del giornale e quella della maggioranza dell'organo politico, il direttore del giornale deve in ogni caso far parte dell'organo di cui il giornale è espressione. D' altronde, la libertà della stampa non ufficiale deve essere assicurata senza eccezioni e senza limiti. Per· garantire un continuo scambio culturale dentro e fuori il partito, sembra che la istituzione di una società fabiana, cioè' di un ambito comune a militanti e non militanti, destinato esclusivamente al dibattito de11e idee ed all'approfondimento degli strumenti culturali, sia la

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