Nuova Repubblica - anno IV - n. 53 - 30 dicembre 1956

2 sulle quali si possa dare battaglia si trovano perciò, con il PSI o dentro il PSI. Senza il PSI non si fa nulla che sia capace di sostituire nemmeno lontanamente - e in vista delle prossime lotte - la prospettiva di forza che era costituita dalla unificazione socialista. Ma quale che sia l'alternativa che si sceglie, essa presuppone, per essere valida, un concorso attivo del PSI alla sua formazione. Il PSI ha avuto il coraggio di riconoscere - con l'accettare l'unificazione col PSDI - di non essere tutto il socialismo; e nell'elaborare i suoi indirizzi programmatici, esso ha ripetutamente 3'P1.– messo di concepire ogni elaborazione di questo tipo co– me un'elaborazione mirante alla formazione di una nuova politica, per un nuovo partito, che non può essere né il PSI né il PSDI. Se l'unificazione viene meno al momento della lotta, bisogna dhe lo schieramento del quale il PSI deve es– sere n nucleo principale e la politica all'elaborazione della quale esso deve dare un contributo essenziale sia– no· concepiti come uno schieramento e una politica da socialismo unificato, con o senza il PSDL Solo in questo modo d'altronde si facilita il compito difficile dei com– pagni della sinistra del PSDI e si tolgono pretesti agli avversari socialrif0rmisti dell'unificazione. Se non è possibile - per la carenza di una parte del PSDI - raccogliere in questo schieramento e at– torno a questa politica tutti i movimenti che si chia– map.o socialisti, bisogna però raccogliere attorno ad esso tutti i democratici avanzati e la parte viva del movi– mento socialista. La confluenza o meno delle forze che si richiamano ad una politica socialista nel PSI deve dipendere, oltre che dall'essersi il PSI messo decisamente su questo ter– reno di alternativa democratica, dall'averne esso tratto tutte le conseguenze sul piano della democrazia all'in– terno del partito e della libertà d'azione di tutte le ten– denze socialiste, quale che sia la loro caratterizzazione ideologica. Ma solo un'effettiva apertura verso tutte le forze democratiche avanzate (come i radicali o alcune cor– ·renti repubblicane) può conservare a questa politica il carattere e il mordente di quello che fu a suo tempo il fronte repubblicano costituito da Mendès-France, an– che se la fretta con la quale fu organizzato fu causa non ultima dello sfacelo post-elettorale della sua politica. In questa azione, Unità popolare deve avere il suo posto di lotta, per ottenere la fotmazione di un largo schieramento democratico e repubblicano attorno al ·PSI e per creare le condizioni di una unificazione delle for– ze vive del socialismo· italiano. PAOLO VITTORELLJ .(145) nuova repubblica ITALIA POLITICA I '-------------- LE ACQUE LENTE I L PRESIDENTE del consiglio è un uomo tenace e ottimista. E' la sua forza, e gli fa onore. Perciò VO-:– gliamo credere, senza difficoltà, ad alcune asserzioni di fondo della sua intervista a Epoca, che riscontrano, in Italia, lungo il 1956, una generale stabilizzazione de– mocratica. Ai suoi argomenti (fermezza dello schiera– mento governativo in un regime parlamentare che non amrrietterebbe le procedure di una democrazia protetta)_ se ne potrebbero aggiungere altri, di cui non s'è ram– mentato, ma ohe sono egualmente positivi. Nel 1956 ha preso vita e vigore la Corte Costituzionale. Nel 1956 ab– biamo conosciuto le prime elezioni in regime di auste– rità propagandistica, e, dopo aspre esperienze, siamo ri– tornati a leggi elettorali che non tormentano la nostra coscienza. Il parlamento ha varato una legge per gl'idro– carburi 'che basta almeno a difenderci dall'aggressività dei grandi monopoli internazionali; sta per instaurarsi il ministero delle partecipazioni statali, il che promette, per l'anno nuovo, il regolamento dei rapporti IRI-Con– findustria. Infine, i conflitti sociali (Venosa, Barletta ...) non hanno assunto tensioni drammatiche, nessuno scan– dalo ha più raggiunto il clamore di Capocotta, qualche grave «gaffe » ( quella ad esempio del permesso dato e ritirato a Suslov) non ha avuto conseguenze profonde. In complesso, l'ottimismo di Segni pare giustificato. Sarebbe tuttavia prova di troppa innocenza passare per buono il vanto governativo sull'occupazione. Si dice che nell'agosto i disoccupati sono discesi per la prima volta a 1,99 milioni, la cifra più bassa del dopoguerra. Bisogna aggiungere, per inquadrare questa cifra, che l'agosto è il mese della maggiore occupazione nelle cam– pagne: bisognava fornirci il dato di novembre; e biso– gnava domandarsi se l'aumento delle ore di occupazione fosse proporzionato all'aumento della produzione, qua– litativamente e quantitativamente. E' proprio a questo terreno d'indagine, che, nell'anno primo della Confintesa, il governo dovrebbe estendere il suo bilancio politico– sociale. Ma l'intervista del Presidente, su questo punto, non è abbastanza diffusa. Eppure non le negheremo l'aspetto migliore di Se– gni: la sua onestà nel ricusare il maccartismo, e nel di- fendere il suo governo dalle crisi extraparlamentari; e una nozione da galantuomo, questa sì forse troppo umi– le, dei poteri del governo, che sembra pago di aver as– sicurato al paese, se non un vasto progresso, almeno la calma, e una relativa serenità: « un anno senza pànico >>. Così è stato, effettivamente, il· '56; e noi abbiamo voluto dirne subito i frutti migliori, per legittimare, ora, qualche critica più vasta. Non solo l'occupazione non è sostanzialmente aumentata, non solo non si è posto ma– no seriamente (malgrado la costituzione di un apposito comitato di ministri) al piano Vanoni, accontentandosi di gabellare per un particolare del suo « quadro», ogni episodico provvedimento pur da gran tempo atteso: ma lo sviluppo della coscienza politica, di cui i partiti sono l'espressione visibile, è stato, quest'anno, di una allar– mante lentezza. Naturalmente di ciò non si dà colpa all'on. Segni: anzi, la sua persistenza al governo era la garanzia che un'evoluzione anche la più sostanziale dei partiti, in Italia, avrebbe avuto, dalla sua personale pre– senza, la sicurezza della democraticità, quale ne fosse stato il travaglio. Eppure non si può non arrestarsi a ri• flettere che, con l'enorme scossa che hanno impresso agli spiriti alcuni grandi ·eventi, quali il XX congresso del PCUS e la conseguente destalinizzazione, e tutto l'as– sieme dei fatti di Suez e di Ungheria, in Italia non ab– biamo avuto né l'unificazione socialista, né una chiarifi– cazione della politica estera. E' ovvio che non imputeremo questa lentezza delle acque italiane al 1956. Le ragioni di essa sono ben più lontane. Basti pensare che le prime fatali sconfitte della sinistra sindacale italiana sono quelle della FIAT, di fine marzo 1955, per comprendere come forzatamente la marcia del PSI verso l'unificazione dovesse essere ral– lentata dallo scrupolo della difesa di classe, che non puQ ammettere la rottura del fronte, alla base, dai co– munisti. Ma è anche chiaro che in questo modo il pa- LETTERA DALL°A SPA(lN A • dronato è riuscito a bloccare un'alternativa socialista, dalla quale ha molto più da temere, che non dall'azione di freno democratico che il PSI continua ad esercitare, anche nell'attuale condizione di « concordia discors )), presso i comunisti. E d'altra parte, l'inatteso ingrossa– mento elettorale del PSDI, che altro significa, se non che intimamente anche la minore borghesia italiana, che se– gue la socialdemocrazia, spera e insieme teme, esatta– mente come Saragat, un autentico impegno socialista? FRANCO AIUTA KÀDAR BARCELLONA, dicembre 1956 I L GOVERNO fantoccio di KO.dar non ha molti amici. __.Neanche tutti i partiti comunisti del mondo occi– dentale hanno avuto il cinismo di solidarizzare con esso; ma il presidente del consiglio « democraticamente» nominato dai russi a Budapest ha trovato un aiuto che forse non si aspettava nel dittatore spagnolo, Francisco Franco. Quando gli studenti di Barcellona hanno orga– nizzato scioperi e manifestazioni di solidarietà con i col– leghi ungheresi anche Fra.neo ha solidarizzato con il suo collega, e non ha esitato a chiudere per due settimane l'Università di Barcellona. Il governo dell'URSS dice di aver promosso l'inter– vento in Ungheria per evitare 1a vittoria del fascismo. (In altre _occasioni, di ·fronte a un effettivo è immediato pe– ricolo fascista, il governo dell'URSS rifiutò tuttavia di prendere in considerazione il regime interno di altri paesi; basta pensare al famigerato patto dell'agosto '30; al rifiuto di aiutare concretamente il Guatemala democratico; al recente consenso all'ammissione del governo di Franco ~all'ONU). Ciò non impedisce che il governo fascista spa– gnolo solidarizzi con l'intervento. E non per caso. Perché si tratta di un intervento controrivoluzionario, nella tradi– zione della Santa Alleanza, e come allora le pur contrap– poste potenze europee approvarono ed esaltarono il soffocamento di rivoluzioni che pur minacçiavano i loro avversari; come allora tutti i reazionari d'Europa erano disposti a sacrificare i propri interessi particolari sull'al– tare del1a reazione, e la Russia zarista soffocava la rivo– luzfone in Ungheria salvando l'inviso impero austriaco, così oggi il generale Franco si preoccupa prima cl.i tutto di imped.ire proteste popolari, di consolidare ed esaltare l'« ordine>: anche queJlo che regna a Budapest. Qu_ando gli studenti di Barcellona scesero in piazza partecipando a quello spontaneo movimento di solidarietà che in tutto il mondo è sorto intorno alla rivoluzione ungheres~, il governo tentò dapprima di incanalare ]a ?rotesta. in una direzione innocua per il regime, ed anzi 11 governatore si recò a portare il suo saluto agli studenti che, secondo lui, protestavano « contro la tirannia comunista>. « E fascista I > gli lu risposto: dopo di che credette opportuno non continuare ad onorare della ·sua presenza la manifestazione. Gli studenti, che ormai con una certa frequenza scen• d?no in piazza con le rivendicazioni e le parole d'ordine più d~verse, n1a sempre in una sottintesa protesta contro la d,~tatura, preoccupano il regime. Qualche tempo la furono lh studenti di Madrid che in segno di protesta contro l'invadenza dei Gesuiti 1 cui il governo aveva affidato nuove scuole, po1·tarono una corona sul monumento di CarJo III, colui che in uno dei più splendidi momenti di rinascita della Spagna, in quel XVITI secolo oggi ufficial– mente diffamato, espulse la Compagnia di Gesù. In queste contraddizioni è ormai avvolto il regime. Come in quell'occasione cont}o di esso si rivoJse l'omaggio reso alla memoria di un re di Spagna, così esso, nono– stante la sua conclamata ispirazione religiosa, ba de– portato nel Marocco numerosi sacerdoti cattolici accusati di simpatizzare con le fo.rze d'opposizione. Gli operai arrestati in occasione degli scioperi dell'in– verno scorso sono ancora in carcere; intellettuali pur d'ori– gine ultra.ortodossa come Lain Entralgo, allora destituito da Rettore dell'Università di Madrid, e Dionisio Ridruejo, già volontario in Russia con la Divisi6n Arul, sono sospettati e sorvegliati, ma un regime che si appoggia solo sulla repressione non può che essere debole. Se la caduta di l"i'ranconon è imminente, ciò si deve più alla mancanza di una efficiente direzione popolare che alla stabilità della dittatura. La dittatura infatti è so– stenuta da fol".te tutt'altro che unanimi, e decise del resto a cercare la loro salvezza in un qualsiasi 25 luglio: la Fa– lange non esiste più come Ior-za politica, ed è sostituita da cricche di intriganti ed opportunisti; quanto c'era di vivo nelle correnti che ieri appoggiarono il regime.è ormai all'opposizione o bruciato dallé delusioni e politicamente annullato. Non sono però annullate 1e !orze popolari, anche se la repressione la sì che solo in momento di estrema tensione esse possano manifestarsi; non è distrutta la loro aspirazione ad una nuova 1:ealtà sociale. Il regime è corroso alla base; da.Ila disperazione e dalla miseria di questi anni nasce la decisione a un defi– nitivo rinnovamento. Quale ne sarà la direzione? I vecchi partiti sono in gran parte staccati dalla realtà del paese ed incapaci di sentirne i problemi attuali; peggio degli altri, il PC fa sfoggio di offerte di unità nazionale proprio quando i lavoratori e gli studenti dimostrano con i fatti la loro opposizione a quelle for-he reazionarie con cui si tratterebbe di collaborare, ed offre perfino privilegi al clero quando contro l'invadenza clericale insorgono in– tellettuali che pur Iurono falangisti. Una direzione conseguent_e non può nascere che all'in– terno del paese e nascerà dall'incontro dalle élites intellet– tuali che si stanno formando con ]a spontanea protesta dei lavoratori. E' dovere delle forze democratiche europee Iar. sentire a questa avanguardia che si va sviluppondo la lorò fiducia e la loro solidarietà attiva. RAMON ALVAREZ MESA Così abbiamo visto, nel 1956, il processo di uni'fi– cazione evolvere a strappi, un passo avanti e due indie– tro. E avanzavano i grandi fatti internazionali, i più indicati a conferire al PSI la più ampia autonomia di critica al PCI - tanta, almeno, quanta verso i partiti comunisti delle democrazie popolari -; ma il PSI, nello scompenso evidente fra le site responsabilità sociali e la sua vocazione politica, era costretto a battere il passo; mentre al PSDI, che aveva incominciato l'anno con una sconfitta sul bilancio previdenziale, e- la c!hiude con quella delle tariffe elettriche, nulla si sarebbe rimpro– verato, visto che, al solito, esso poteva ora a suo modo sfruttare anche l'Ungheria per tt sacrificarsi » alla « so– lidarietà democratica ». Altrettanto lente scorrevano le acque per la poli– tica estera. Siamo stati il solo grande paese occidentale a ricusare, nella distensione, il viaggio di una missione parlamentare in URSS .. Era una politica estera ·di ol– tranzismo atlantico. Ma quando è venuta la crisi di Suez, e si trattava allora di interpretare in modo univoco l'al– leanza atlantica, eccoci al bivio: europeismo, o america– nismo? La prova del ministro Martino, è stata quella che poteva essere in quel frangente, divisa la coalizione dei partiti governativi tra le dtie versioni. Poi la DC è venuta en~cleando un barlume di pensiero più chiaro: ci saremmo posti piuttosto sulle orme degli Stati Uniti che dei franco-inglesi. Ma eccoci forse alle solite. Met– tersi oggi in coda agli Stati Uniti, senza contropartite nè alternative, significa in realtà andare in coda ad altri, precisamente ai tedeschi, che, per aver fatto un tifo as– sai più modesto contro Nasser, si trovano loro, semmai, in condizioni favorevoli per una assistenza economica seria ai paesi del Medio Oriente. Ma su questo punto, non c'è molto da sperare in più rapidi sviluppi. Ascri– viamo almeno al '56 un clima esente da psicosi, in ogni grande strato della politica italiana. E impariamo a non pretendere troppo del '57, fermi su un punto solo, la costruzione di un unico e valido strumento socialista, che basterebbe da sola a imprimere l'inizio di una svolta alla politica· di guesto dopoguerra. · ALADINO 111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111:11111111111111111111111111111111111111111111111111 nuova repubblica ABBONAMENTI : Annuo Semestrale Trimestrale L. 1500 " 800 ,, · 450 ■1Ullllllffllllllllllllffl11Hlllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllnllllllllllllllllt1fll

RkJQdWJsaXNoZXIy