Nuova Repubblica - anno IV - n. 45 - 4 novembre 1956

2 bilitare energie ~e coscieJ?.ze. Tipico il caso del federa– lismo, ridotto a fare da mosca cocchiera ai generali della NATO. Ma che significato potrà alla lunga con– servare la NATO stessa se crolla, dal suo interno, il patto di Varsavia? ciuale potrà essere alla lunga la giu– stificazione di una divisione contrapposta fra popoli eu– ropei, che tutti si vanno facendo a !oro modo coscienti • dello stesso problema? quale distanza alla lunga potrà essere mantenuta fra una maggioranza socialista che è prossimamente auspicabile nella Germania occidentale e gli sforzi di democratizzare le esperienze comuniste di Polonia e d'Ungheria? non si stanno disegnando forse i primi lineamenti d'un nuovo discorso europeo, fondato su una comune, od analoga, visione dei problemi delle società nazionali, della comune funzione da svolgere '(molto più che· passivamente neutralistica) per deter.– minare un nuovo equilibrio nel mondo di oggi? Per la prima volta dopo il '45 sembra porsi sul piano della concretezza politica il problema di costruire vincoli per– manenti di solidarietà fra i popoli europei che da espe– rienze tanto diverse vanno assumendo la coscienza del legame irriversibile che corre fra socialismo e demo– crazia, fra giustizia e libertà. La Seconda conseguen?:a riguarda piuttosto la sfera interna della nostra vita politica. E noi pensiamo che possa riuscire di un'importanza fondamentale. Non sol– tanto perché i giornali (con equivoca reticenza quelli di obbedienza comunista, con sfacciato compiacimento quelli di osservanza borghese) ci dicono che il partito comunista è in crisi, che vi si fm·mano correnti e scontri incapaci ormai di essere contenuti nella tradizionale cornice del gesuitico conf~rmismo direzionale: ma per– ché la crisi del sistema staliniano è esplosa finalmente, dopo Budapest, nella coscienza dei militanti, ai quali forse per la prima volta appare chiaro che i valori del socialism0, ai quali essi sinceramente credono, possono essere superiori ai doveri della disciplina, all'efficienza dello strumento. Quanto più sono condannati i Rakosi italiani ·(ed essi possono ringraziare quel tanto di de– mocrazia che esiste in Italia se la loro condanna è sol– tanto morale), tanto meglio si apre la prospettiva di un più ampio discorso socialista. Quando nel 194.!J noi ci decidemmo ad aderire allo schieramento di Unità So– cialista contro il Fronte Popolare d'ispirazione comuni– sta, le forche di Praga avevano ammonito da poco sul possibile destino del nostro paese. Non avevamo dubbi circa lo sfruttamento reazionario che di quei fatti sa– rebbe stato compiuto in Itali;;t e circa la impossibilità di creare contro di esso una solida barriera di resi– stenza socialista, dal momento che il grosso delle forze che si richiamava ~l socialismo non avevano intuito il pericolo. Ma pensavamo che, intanto, fosse necessario salvare se non altro g1i istituti della libertà, perché essi fossero in piedi al momento in cui la verità si fosse fatta strada nelle grandi masse dei lavoratori italiani. L'Italia ha pagato l'assenza dalla lotta deinncratica--a:1 queste masse col regime clerico-moderato che ci delizia, ,con le velleità integralistiche dei Fanfani: ma nel frat– tep,po dal grembo stesso del socialismo stanno nascendo le. nuove condizioni della ripresa. Sarebbe un errore imperdonabile, mentre avanza l'unificazione socialista, chiudere l'operazione nell'angusto ambito in cui le cir– costanze esterne costrinsero l'operazione di Unità So– cialista del 1948: e questo è oggi il pericolo. Bisogna saper osare. Bisogna saper parlare, ormai, anche alle masse comuniste. Bisogna essere fra di loro, battersi· fino in fondo per l'unità sindacale, matùrare i germi che sono sorti nelle coscienze, proporre una politica sociali– sta capace di funzionare anche per- loro da alternativa, accettare i rischi della concorrenza. Bisogna evitare che l'unificazione socialista si risolva in una mediocre ope– razione tattica compiuta colla benedizione borghese, e volere ch'essa determini da noi quella stessa chiarezza di schieramento che Budapest ci ha insegnato: da una parte i Rakosi e i Geroe dietro le torrette di prote– zione dei carri _armati, con la Solidarietà di qualche ge– nerale sovietico •91 scuola ~taliniana; dall'altra tutti i la– voratori che cercano nella comune solidarietà, libertà e pane. E' solo se avrà questa forza di urto, questa pro– fonda volontà di rinnovamento, questa irresistibile ca– pacità di espansione che l'unità socialista in Italia darà il suo contributo alla soluzione del problema del ·secolo, sarà testimonianza di non retoriça fraternità per i ca– duti d'Ungheria. TRISTANO CODIGNOLA san STAMPERIA ARTISTICA N ZIONALE . (1q5) nuova repubblica ITALIA POLITICA BUDAPEST ElE SINIST I FATTI di Budapest hanno apmto, prima cl.i quanto si c1·edesse e certo si desiderasse, la polemica tra socia– listi e comunisti. Quali sono i termini del contl'asto? I comunisti accu– sano i socialisti di essersi pol'tati, con L]n moto sempli– cistico, 4: al disopra. della mischia~. A Budapest si ,fron– teggiano - essi affermano - rivoluzional'i e controrivo– luzional'i; il PSI si aggrappa alla più prirnordiale retorica nazionale, e lancia~do il suo « fuori i ba1·bari > rinunzia ad analizzare la Situazione nei suoi effeÙivi elementi, e pe,·ciò stesso eludo una questione, sulla quale era suo dovere compromettersi. La 1·isposta del PSI ha una sua evidente validità. Non si tratta di stornare il problema, ma: di considerarlo nella sua luce più autentica. Quello che accade in Ungheria è la catastl'Ofe di un lungo errore, che ha ferito nn popolo nella sua dignità morale. Questi. fatti si verificano 1 quando un'epoca, un ciclo storico sono esaui·iti, e i_ protogonisti sono così irrigiditi da non ren– dersene più conto. E' quanto è accaduto in Ungheria, dove l'incapaciti~ · della classe di1·igente rakosiana a co– gliere l'urgenza di un nuovo corso, ha vulnerato, senza neppure avvedersene, Je ragioni di vivere di un popolo. Ecco perchè in Ungheria si scommette la vita per la libertà. Più rigorosamente si direbbe che per i comunisti la de– stalinizzazione è un episodio all'interno di un corso mon– diale del comunismo, di cui ]'interpretazione staliniana 1·esta comunque un paradigma stabile; p~r i socialisti, lo sta]jnismo è invece un grave episodio di un ciclo costruttivo del socialismo che viene da più lontano della rivoluzione d'ottobre, ed è destinato a svilupparsi con la ricchezza di nuovi itinerari, che debbono essere scelti chinandosi ad ascoltare Ja libera voce delle masse popolari. Ora, se c'è un elemento di vero nel giudizio comu– nista, esso sta propl'io in ciò che i comunisti temerebbero di affermare: che il suc~sore del. comunismo non è an• cora pronto. Si dice eh~ f'ogliatti lo abbia detto espli– citamente, nell'ultima direzione del partito: « vcilete un succest:i'è? Lo aspetto>. Ma Ja verità insita nella pole– mica socialista sta nella cons'tatazione che il ciclo ·staliniano è finito 1 e che i comunisti non sono ormai più in grado, almeno i.n Italia, di riorientare la. loro politjca. Eppure neanche i socialisti sembrano aver ancora l'animo di pl'OclamarSi, con l'unificazione, i successori del comunismo. L'e_rede vive sernpL·e la morte di qualcuno: i socialisti non sì sentono cli affrettare quella del PCI. · LA CRISI del comunismo dì.rÌanzi ai fatti di Budapest non consiste, secondo noi, nel semplice fatto che un certo numero di intellettuali chieda più esplicite spiegazioni a Togliatti, o che Di Vittorio div·enti il padre putativo di un autonomismo sindacalista., destinato a salvare il salva– bile del franamento comunista. Que·sti dati sono impor– tanti, ma 1·estano espressione di -una obbiettiva contraddi• zione, che il partito cornunista non sa come risolvere. Il dilemma è in sostanza questo: o ribadire l'assoluta. fedeltà alla linea sovietica, corno appunto hanno fatto Longo e Togliatti, a proposito dei fatti <l'Ungheria: o svoltare nel titoismo. La prima ·via è quella che getta nello sgomento la parte più sensibile del mondo comu• nista italiano, e determina almeno la frattura tra la poli• tica del partito, e notevoli ra12presentanze operaie e intel– lettuali; ma la seconda è impraticabile_, perché il titoismo, quando ci si distacchi dalle sue Ol'igini resistenziali (Stalin considerava. le e Resistenze:, come strumenti della stra– tegia militare sovietica; Tito considerava la .Resistenza jugoslava come la piattaforma di un comunismo nazio– nale), è la formula di un comunismo di governo, decen• trato e sburocratizzato, non di un partito comunista di opposizione, che ha bisogno di una organizza.zione cen– tralizzata delle sue postazioni operative nella vita. na• zionale. Togliatti è solo apparentemente 1·iuscito a srug. gire a questa antinomia: in realt'à, l'ha pagato col so- 1·icco tuttavia di tutti i ·Ie1·menti operaistici, che il PCI ha !ìnito per deludere, disgiungendoli dai problemi di li– bertà e cli inizfativa, perché legato al suo stesso mito mondiale come solu7-ione già pronta, come orizzonte pre• costituito delle sue scelte. Esiste nella dirigenza socialista la coscienza di questa successione? Si è mostrato, sin qui, anche un debole ten– tativo cli precisa-zione ideologica di essa? Tolta l'occasione dei sentimenti, tolta J'indubbja attesa cli un vasto eletto– rato, dall'unificazione socialista si attende ancora 1a indi• cazione di un valore attuale per la classe operaia. Bisogna fermamente riconoscere che il declino del partito comunista è per i:nolti Ìtaliall.i. un fatto tragico. La polemica Nenni• Togliatti sui fatti d'Ungheria non ne è, riconosciamolo, la espressione adeguata; la. sllCcet:;sione Sl'rnpre pjl1 rapida dei passi tattici dell'unificazione, non vi prende certamente Io sue mosse. Si può anche riconoscere che queste, nono– stante i desicle1·i di una esigua minoranza, siano le dimen– sioni del [atto «unificazione::;, corrispondenti alla natura della sinistra italiana com'è oggi. Ma non yi sarebbe, comunque, motivo di compiacersene. ALADINO E L'INTERNAZIONALE SOCl..\LISTA 1 FUOCO SUL CANAJ~E MENTRE andiamo in macchina, le notizie relative al- l'intervento armato anglo-francese p~r risolvere la controversia di Suez sono ancora frammentarie, e non con– sentono nessun giudizio sulla effettiva situazio?-e militare in atto. E' altrettanto imprevedibile quali possano essere gli sviluppi politici generali di una decisione che com– plica ulteriormente la situazione internazionale. Riman– dando quindi al prossimo numero un più preciso esame della situazione non possiamo non associarci intanto alla deplorazione vivissima che da ogni settore socialista è stata fatta per un gesto di forza la cui gravità non ha bisogno" di essere sottolineata. Ci preme particolarmente far osservare che: 1) le grandi potenze sono dir'ettamente responsabili del mancato raggiungimento di una condizione di vita sop– portabile pex il giovane stato d'Israele, indotto così a tentare un'avventura militare per tentare di uscire dal soffocamento; 2) il nazionalismo totalitario di Nassei sarebbe stato cir– coscritto subito se. a suo tempo, non si fosse giocato da troppe parti su questa carta per cercar di raffor– zare- le proprie rispettive posi/.ioni di forza, con ben scarsa sensibilità dei pericoli che così si accrescevano •per la pace; 3) non si può decenteme:1te appellarsi all'organizzazione internazionale e al diritto delle genti, se poi non si è disposti ad accogliere Ja disciplfr1a collettiva che ne consegue; 4) l' atteggiamento della socialdemocrazia francese, so– prattutto se confrontato con l'energica reazione dei la– buristi, mette a !nudo una crisi reale no~ soltanto del socialismo in Francia, ma anche dell' Internazionale Socialista, che non può non avere una propria poli– tica unitaria nei problemi che riguardano la conser– vazione della pace. edizioni ~ stanziale immobilismo del c01nunismo italiano. La situazione in atto nei ra:pport~ internazionali con– sente per .fortuna alle due ma!:isirµe potenze mondiali di restare fuori del conflitto e quindi di esercitare un'azione di mediazione che può riuscire decisiva. E' nostro auspi 4 cio che tale azione, sosterluta da1l 1 intera organizzazione delle Nazioni Unite, sia in grado· ~'imporre la paCe, di garantire una soluzione equa d~l còllflitfo per Suez e una sistemazione non provvisoria'· di collvivenza fra arabi scientijìche e letterarie lingue estere cataloghi TORINO • Via Carlo Alberfo 28 Per qnesta ragione, per l'antinomia che il comunismo può 1 con Togliatti, dilazionare, ma non sostanzialmente eludere, si dovrebbe dire che mai come in questa setti– mana l'unificazione socialista si è caricata di profonda responsabilità. Certe cose si possono diré o non dire: ma l'm~iiìcazione, come assorbe in sé tutti i residui dei ten– tativi democratici di terza forza der dopoguerra, così as– sume in sé l'eredità del comunismo in declino. Si tratta niente meno che di costituire il e fronte repubblicano,,. ed ebrei ne\ Medio-Oriente. . . NUOVA REPUBBLICA

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