Nuova Repubblica - anno IV - n. 29 - 15 luglio 1956

(119) nuova repubblica {Alla Biennale si trova11,o esposti quadri con tela di sacco, stoffe varie, bottoni e cer- (Dis. di Dino Boschi) niera lampo ... aperta come un piccolo marsupio. Le tele sono rotte con buchi e bruciature} u Per la casa in campagna ne vorrei uno più .sportivo: molte cerniere e la martingala n NARRATIVA DEL DOPOGUERRA CRONACA E MITO I L i: 1 .REMIO STREGA 195G ha laureato, pochi giorni fa, un Jibro cli racconti di Giorgio Bassani, Cinque storie ferraresi, già noti attrave1·so le riviste dove l'autore era venuto \ 7 ia via, in' questi anni, pubblicandoli. La scelta, senz.'altro felice, ha inteso dare un J"iconosci– mento uffìcia.le all'opera di urt giovane scrittore assai ricco di naturale fervo,·e narrntivo e insieme nutrito fino al mi– dollo di st1cchi letterari quanto mai fini e avveduti. Ma ~1plicitarrrente la decisione dello Strega offre anche una p1·eci:sa indicazione cli massima· in rapporto all'attuale si• tua.zione nanativa italiana. Un altro premio, il Viareggio, consacrò l'anno sCOl 'SO.il Metello di Pratolini, e nella rosa degli autori che si p1·esentano ·quest'anno al giudiz.io della stessa giuria, crediamo di poter indicare nel libro di Carlo Levi Le parole sono vietre, l'opera destinata a raccogliere, quasi certamente, il maggior numero di consensi. Una rac• colta di racconti, dunque, un grosso romanzo condotto secondo un•impegno l'ealistico e sociale, nella misura tra• dizionale del genel'e ottocentesco; un libro infine che ha per oggetto il me!'idione italiano, fra nal'rativo e documen• tario. T,·e risultati che rappresentano i punti estremi e carnt• le1-istici di una problem8.t.ica letteraria di contenuti e di stili, alla quale possiamo riferire, come data di nascita, gli anni dell'immediato dopoguerra. Allora, in un clima morale e civile tota.lmente rin_novato, nella coscienza cli una libertà che poteva costituire la pre_messa di una nuova « città dell'uomo», nella confusione e nell'eclettismo dei tentativi, volti a sostituire all'anemica tradizione pre– cedente la realtà naz.ionale, quale si presentava dopo prove così decisive, la letteratura italiana fece oggetto della sua aspìrnzione realistica appunto quelle esperienze di lotta, di gnena e di sangue che erano state la storia di quegli anni. I cl.iari di guel'ra, le memorie, i racconti di partigiani, ecc. furono i pfimi documenti narrativi concepiti secondo un impegno polemico, letterariamente impreciso e super• :fìciale. « Nella nosfra letteratura mancano i biografi e i memorialisti», aveva scritto Gramsci: i giovani, soprat– tutto, si incaricavano cl.i colmare questo vuoto. I libri di Lunardi, di Biasion, di Ottieri, di Carocci, di Rigoni Stern, ecc. avviarono un corpus narrativo, caratterizzato dalla stessa fedeltà al documento, dàl bisogno di « dire tutta la verità», facendo luce su esp"erienze che esigevano una me– ditazione comun,e, dalla scarsa preoccupazione stilistica. Il lato fondamentalmente rilevante, in tutte queste opere, legate come si è detto da caratteristiche comuni, è l'ono1·e verso la guerra, la denuncia dei reali moventi di essa, e di conseguenza, il prngressivo svuotamento di tutti i miti della retorica guerriera e pat\iottarda; spesso, ma non sempre, un polemico scetticismo, il senso di oltraggio e di disillusione che anima questi autori non è riscattato nep: pure dall'evidenza dei nuovi ideali che alimentano il clima postbellico. Le vicende narrate da questi autori, per lo più divenuti tali per l'tugenza della indignazione morale, sono chiaramente e scopertamente autobiografiche, e la «storia» si identifica sempre con la cronaca vissuta, senza compii• cazioni e preoccupaz~oni romanzesche. Queste ultime condizioni, che sono poi i presu_pposti di Ogni matura espe1·ienza narrativa, si imposero lentamente, come esigenze naturali in un momento anche cronologica• mente successivo. Così, i più dotati, si avviarono a « fare romanzo »: ecco le opere di un Casso la, di un Calvino, di un Soavi; ecc. Ma sorgono a questo punto - e appunto queste opere ne sono fedele riprova - prÙblemi di natura squisitamente letteraria non facilmente risolvibili. La man• canza di una tradizione narrativa italiana (a parte i nomi «lontani» cli nn Verga, di un Nievo, di uno Svevo), i po– stumi di un'educazione lette1·aria antitetica a queste esi– genze costruttive, attraverso le progressive e1·osioni dell'er• roetismo, della prosa d'ade, ecc., sono altr-ettanti elementi sfavorevoli. Non pe1· nulla le cose migliori di questi anni vanno cercate nella misura del J·acconto: Calvino L'entrala in guerra, Cassola ll taglio del bosco, Rea Quel che vide Cwnnieo. Nuovi personaggi, una nuova problematica, fanno il loro ingre.ssQ 1Jell'ahemico olimpo italiano. ParliamQ q.u.· è natu1·ale dei più giovani, degli sci·ittoi-i « novi » cioé, ma anche ad allai·gare il discoi-so - .a pai·te le esperienze di un Moravia1-)E),di un P1·atolini ~ i1~contre1'em1110 le prnve migliori dei• pìù adulti, prnp1·io nella misurn del ,-acconto o del cosiddetto romanzo breve: basti, a fa1·e un esempio, il nome di Cesarn Pavese. Moravia e l:lratolini (e si po• trebbe aggiungere Brancati e ViUori11i) sono appunto gli unici che, pel' shade divel'se, continuano la grande espe~ rienza, de1 romanzo trndizionale: rornanzo bol'ghe.'3e, e ro– manzo popolare, ambedue nell'ambito del grande realismo. Ci sono tuttavia nel nostro panorama lette1·ario, segni evidenti - tentativi sbagliati, dichiarazioni, ecc. - che dimostrano il progtessivo a\-:vicinamento dei giovani sci:it• tor.i a questo ideale 1·ealista di roman~o. L'aspirazione a una « totale· rappresentaz.ione » del reale, l'esigenza cioé cli oJ'ganizzare .i nessi di vicende più complesse, tali da offrire un meditato affresco attrnverso lo strumento della «storia», dell'« avventura», intesa classicamente, è dive• nuto oggi il problem.a dei problemi. Ecco dunque perché abbiamo indicato, aprendo questa uota, il lib.to cli Bassani e il romanzo di Pratolini, come due momenti esemplari dell'attuale problematica letteraria. La quale d'altra parte prende vigore e direzione anche, direi soprattutto, dalle diverse posizioni ideologiche che animano i nostri scrittori, marxisti e « borghesi ». Quasi non s.i sfugge all'attrazione di uno di questi due poli: e l'impegno è preciso e difficile da ambedue le parti, tenuto pl'esente che esso significa l'esigenza dello sc1·ittore a mettersi al passo con la società, ad esprimerne le ansie e le contraddizioni. A.vevamo ag• giunto, terzo aspetto di una questione accennata nei suoi aspetti generali, ·a libro di Carlo Levi, Le parole sono viet-re. O CCORREREBB]ii infatti a questo punto introdurl'e un Jbngo discorso sulla fetteratura cosiddetta mel'idiona• lista: si vedrebbe corne essa rappl'esenli bene l'impegno di verità e di documento accennato sopra a pl'oposito dei primi tentativi del dopogue1-ra letterario, e come i succhi vitali di questa particolare fioritura, caratterizzata da una defìni• zione che non è solo geogi-afìCa ma che tien conto cli pal'– ticolari aspetti della realtà italiana, e del modo (ora ap– punto documentar-io, ora più compiutamente poetico) con cui essa viene assunta ne.lla narrativa specialmente ad opera degli autori più giovani, si siano via via sviluppati,._ dando luogo ad un insieme di fermenti e .di risultati fra i più iitteressanti. Volendo poti·emmo anche tentijre un trac– ciato ideale a questo indi1·izzo meridionalista, ponendo a indirette ascendenti le opere (almeno alcune) d.i un Alvaro, e, per altro verso, quelle di un Brancati, e via via, prose– guendo nel tempo, i .romanl!.:Ì cli J"ovine e i libri di, Cado Levi, di Fiore, di Danilo Dolci, ecc.; fino alla genuina esperienza poetica di Scotellaro, e alla bellissima « rela– zione» dello Sciascia (Le Parrocchie di Regalpetra). i\1a qni basta aver i·ilevato questa terza componente, assai importante, di un panorama letterario, che a fatica, ma con risultati sempre più chiari, si muove dalla scama regi• straziane della cronaca alla commossa costruzione di mito. PIER FRANCESCO LISTRI 7 • BIBLIO'l'ElJA • NOVELLIERE CAMPAGNOLO D OPO CENT'ANNI si pubbljcano - 1·accolte organi– camente in un bel volume a cura di Iginio De Luca - le novelle di Ippolito Nievo (Novelliere campa– gnolo e altri racconti, To6no, Einaudi, 1956). Il volume - terzo nel piano delle opere complete del Nievo che un gruppo di specialisti cura sotto la direzione di Se1·gio Romagnoli - non contiene soltanto una edizione c,·itica esemplare (cosa cli per se sola di importanza ecce- 7,ionale se si pehsa che parte dei testi era ancora inedita e l_)a.rte, uscita su giornali di un secolo fa, non era stata pili ristampatà). Oltre all'apparato critico che fornisce am– pie spiegàzioni su.i criteri seguiti e notizie complete sui testi, il De Luca ba premesso ai testi un saggio d.i una cin– quantina di pagine sul « genere:» del r.acconto campagnolo permettendoci così l'inse1·imento del N.ievo nel suo tempo e qnindi ,la comprensione del suo atteggiamento di fronte alla cultura contemporanea. L'importanza de11'introduzione sta soprattutto nel met– tei·e in luce che la simpatia del Nievo per i contadini non era soltanto una «naturale» conseguenza della sua e della loro verginità di spix.ito, rna aveva profonde radici cultu• l'ali, era un fatto storico. La rivoluzione dell'89 aveva portato di. rif:lesso anche nella vita intellettuale italiana. l'esigenza di un contatto con le masse popolari. La miseria dei contadini, che la bor– ghesia cittadina non vedeva più, e forse vedeva meno, dei veccbi padroni nobili, co1~1ir-iciònei primi decenni dell'ot– tocento ad essere oggetto !li .indagini e a con:1parire negli scritti di econoroja rurale prima completamente chiusi al problema sociale. Di conseguenza « la letteratura., avvezza da tempo -immemorabile a vegétare all'o1llbra delle corti, delle accademie e del1e aule signorili, pa.ga di quel circolo J'istl'etto· pel quale soltanto si credeva fatta, non potè sod– disfare i nuovi bisogni, Ìlon fu atta neppure a compren 4 de1·li. Però l'equilibrio fra autori e lettori si ruppe. L'ele– mento popolare chiedeva .nuovo linguaggio e nuove fom1e ... ». Cosi Carlo Tenca spiega nel 1846 le cause della cl'isi della nostra letteratura. E gli fa eco Cesare Correnti in una lettera « Della lettel'atura rÌ.1Sticale » richiamandosi al Gozzi, al Parini, al Manzoni e jndicando nel coilega~ mento a questa tradiz.ione la via per il rinnovamento della letteratura nazionale. · Il Nievo s.i ricollega a questi fennenti culturali fin dai suoi « Studi sulla letteratura popolare e Civile, massima– mente in Italia». _E gli articoli per << La Lucciola», che aprono il volume, nascono da questo impegno civile unito ad una nativa èapacità di na1Ta1·e, più che da un vero e proprio magistero artistico. Essi costituiscono un momento di passaggio importante per il Nievo: le espel'.Ì,enze suc– ccs.sìve lo porteranno pl'ogressivamente sul piano artistico al St1peramento della sna educ'azione classica e alla con– quista di un linguaggio popolare continuamente alimentato dal dialetto 1 su·l piano politico al superamento dell'umani– tarismo e a quella coscienza. della necessità di inserire i contadini nella rivoluzione nazionale che troverà l'espres– sione più matura, appunto, n~l « Frammento sulla r.ivolu• z.ione nazionale». Se facciamo uh salto indieb-o nel tempo possiamo me• glio renderci conto di queste conquiste del Nievo sulla strada indicata dal. Correnti. Un secolo prima, dunque, mentre la letteratura pal'la dei contadini in termini tali « che ogni uomo s'invoglia di andare a pascere le pecore e a fare ricotte», il Cozzi, che si trova« in villa», descrive ai lettori dell'O.s:servatore il suo incontro e il suo dialogo con una contadina e conclude, scusandosi per il realismo usato: « Tanti abitatori di campagna mi si aggirano da– vanti agli occhi, che non ho potuto fare a meno di ispen– dere qualche momento anche intorno a loro, che pure son uomini come tutti gli altri». Nella « Famiglia di campagna», che il Nievo scrisse quando era ancora studente, il punto di partenza dello scrittore, mutatis mutandis, non è mo1to dissimile se l'oc– casione che dà l'avvìo al SLlO conversare e ne costituisce il traliccio è rappresentata. da un vagabondaggio per la «bassa» mantovana in compagnia di un amico cittadino. In questi primi articoli Ja preoccupazione _di non cadere nell'idillio arcadico si concreta in continue digressioni mo– ralistiche; e il vezzo non è ancora abbandonato net « Varmo », una delle prove migliori, .clove, come osservava -il De Luca nella sua prima edizione del 1945, « questo difetto dell'arte costib1isce il mezzo più valido di difesa per non compromettersi in nn gioco esclusivamente let• tera rio». La scomparsa dal tessuto ·narrativo cli queste lacune coraleggianti {nel frattempo il Nievo, terrninati gli studi, si era stabilito nel suo Friuli) segna la conquistc:t di un rappolito nuovo col mondo contadino. Nell'« Avvocatino », nella « Viola di San Ba.5tiano » (« San Bastian co' a viola in man » dice ancora un pro 4 verbio popolare) e nel « "Milione del bifolco» l'impegno morale non è mutato e anzi, come osserva ancora il De Luca, il processo sostenuto dal Nievo a causa di uno di qnesti racconti è la conferma più singolare della validità di tale realismo. Tuttavia, e non si tratta di un progresso solamente tecnico, il Nievo come narratore non appare più e ne fa le veci un vecchio bifolco. Decisamente superato è l'atteggia~ mento del s.ignore che va « in villa»; superato anche l'u 4 manitarismo della Percoto, la « cootessa contadina». Come George Sand si era proposta di far raccontare le sue no– velle da un « chauvreur », così il Nievo (ed è un passo deciso sulla via che conduce al Verga) si fa sostituire da un narratore contadino perché in to.1 modo i contadini, cql loro lin_gnaggio e la loro cultura, possano sostituirsi a lui" •. CARLO PINCIN

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