Nuova Repubblica - anno IV - n. 28 - 8 luglio 1956

2 I FATTI DI POZNAN ' PANE, LIBERTA,· DEMOCRAZIA di PAOLO VITTORELLI T A RIVOLTA operaia scoppiata a Poznan la setti– .i.J· mana scorsa poteva costituire un primo banco di prova, per il movimento operaio internazionale e in pa1'ticolare per il movimento comunista dei diversi paesi, allo scopo di dimostrare l'effettivo superamento del cosiddetto « culto della personalità">> e l'inizio di una nuova fase di attività, più consona ai principi del socia– lismo e meno inficiata di involuzione totalitaria. Il coniunicato ufficiale del governo polacco sugl'in– cidenti di Poznan (col quale è doveroso riconoscere il contrasto che traspare dalle parole del p_rimo ministro Cyrankiewicz), la versione dei fatti e il giudizi? sui medesimi della. stampa comunista occident,ale e, mfine, l'accenno esplicito contenuto nella dichiarazione del Co– mitato Centrale del partito comunista dell'Unione So– vietica costituiscono invece la dirnostrazione che la crisi comunista è lungi dall'essere giunta alle sue conclusioni logiche, ossia a conc!usioni socialiste e democratiche. . La rivolta degli operai polacchi (come quella degli operai di Berlino-Est di tre ahni fa e come la stessa rivolta dei lavoratori forzati del campo di concentra– mento di Vorkuta, nell'Unione Sovietica) è chiarament~ una rivolta di classe; un episodio caratteristico di lotta di classe. Che la rivolta sia ·avvenuta contro lo Stato, contro uno stato che si definisce democratico-popolare o socialista,· il quale non tollera la protesta organizzata e. collettiva dei lavoratori contro l'i,ndirizzo della pro– pl'Ìa poli,tica economica e sociale, non modifica ·la natura sostanzialmente classista della rivolta. Nei suoi rapporti con i lavoratori rivoltosi, quello Stato assume la funzione di datore di lavoro e il regime sociale che esso incarna, a socializzazione ancora incom– pleta, in cui la gestione delle -aziende in agitazione è pub– blica, è un regime di capitalismo di stato· e non di socialismo. Questo regime c_ontiene la possibilità di con– flitti d'interess1 fra il datore pubblico di lavoro e i lavoratori, che non ·si distinguono per natura dai con– fJitti di classe di un normale regime capitalistico. Perciò, solo ii diritto di sciopero e un'effettiva libertà d'organiz– zazione sindacale permettono una pacifica wluzione di questi conflitti. La validità delle rivendicazioni degli operai di .Poznan è stata riconosciuta dallo stesso primo ministro polacco, anche se il governo polacco, e, in seguito, tutta la stampa comunista e la dichiarazione del PCUS, si sono sforzati di far ricadere la responsabilità degl'incidenti su « provo– catori» o « bande di provocatori », come sostiene il co– municato ufficiale polacco, o su « agenti dello stra– niero», sul « nemico » e le « organizzazioni reazionarie illegali », come aggiunge il primo ministro Cyrankiewicz, o addirittura sul finanziamento americano di « azioni sovvertitrici· nei paesi di democrazia popolare », come afferma il documento del CC del PCUS. Può darsi che fÌ'a gli operai in agitazione si siano inse1'iti « agenti provocatori ». Diciamo con maggiore serietà che' si sono inseriti avversari politici del governo in carica, fors'anche semplicemente dirigenti di base degli operai di Poznan, i quali possono avere tentato di dirigere l'agitazione verso risultati concreti. Ma neanche questo modifica ·1a natura del conflitto, che rimane un conflitto di classe in seno al nuovo regime polacco. Mi– gliaia di lavoratori non si mettono in agitazione solo perché stimolati da « agenti dello straniero » o dal « ne– mico», specie quando nessuno contesta che l'agitazione stessa è giustificata. Questo è anzi il tipico modo col quale Stalin liquidò ogni opposizione interna, /quel modo che Krusciov, nel suo ormai celebre rapporto, giustamente bollò, nell'af– fermare che « fu Stalin a formulare il concetto di nemico del popolo », il quale « rese automaticamente superfluo che gli errori ideologici di uno o più uomini implicati in una controversia venissero provati », permettendo « l'uso della repressione più crudele, in violazione di tutte .le no1'me della legalità rivoluzionaria, contro chiunque che in qualsiasi modo fosse in disaccòrdo con Stalin » ed eliminando « la possibilità di qualsiasi forma di battaglia ideologica e la possibilità di render noto il proprio punto di vista su questo o quel problema, anche quelli di ca– l'attere p_ratico ». Il tentativo di far ricadere su elementi esterni, su « provocatori » o agenti del « nemico », la responsabilità di un conflitto interno, che investe un urto d'interessi economici fra Io Stato datore di lavoro e i lavoratori in 1·ivolta di Poznan, è dunque di natura tipicamente stali– niana e mira ad evitare il trasferimento della comoda critica al « culto · della personalità», anche .dove Stalin non c'è mai stato, come in Polonia, alla critica o alla « autocritica » del sistema. L'avallo dato dal partito comunista sovietico alla. tesi staliniana della provocazione, nello stesso documento in cui si rimprovera a Togliatti di essersi domandato se · la stessa società sovietica non fosse giunta a certe forme di degenerazione, mette in luce che il processo a Stalin si è fermato a Stalin e non ha saputo finora veramente investire anche lo stalinismo o gli staliniani. E' carat– teristico che proprio da parte di coloro che, nel movi– mento comunista occidentale, hanno ricordato · che una condanna senza riserve di Stalin, una condanna non contenente .nessuna attenuante, sarebbe un culto della personalità alla rovescia, sia stata avanzata la riserva sull'estensione da dare a questo processo; che evidente– mente, e non solo per un marxista serio, non può non investire, con Stalin, anche la degenerazione del sistema di cui egli è stato il principale artefice e protagonista. I fatti di Poznan stanno a dimostrare che, comun– que essi vengano enunciati, alla base di questa « dege– nerazione » vi è una naturale diRfunzione del sistema, che, come tutti i llistemi, non può essere perfetto, ma che, diversamente dagli altri sisteJTii, si precostituisce un apparato politico e poliziesco per impedire a q]Jeste disfunzioni di venire naturalmente alla luce, di essere pacificamente corrette, e tutela quindi contro la critica e la stessa « autocritica» i dirigenti responsabili di que– ste disfuzio~i, dando origine ad un sistema gerarchico che, prendendo pretesto dalla dittatura del proletariato, si traduce in una dittatura di partito e finalmente nella dittatma di un uomo. Coloro che, in seno alle democrazie popolari o nello stesso movimento comuni:stà occidentale si. sforzano oggi di analizzare queste contraddizioni, anche se non sono in grado di superarle senza una lenta e dolorosa rottura col passato, che necessariamente deve prendere le mosse da un riesame del concetto stesso di « dittatura del pro– letariato», il cui sviluppo in regime 'comunista dimostra l'impossibilità di superare le stesse contraddizioni interne della costruzione socialista senza una forma effettiva di democrazia, sia pure non ispirata ai modelli parlamen– tari dell'Occidente, non sono né « nemici del pop·olo » rispetto aH'ortodossia· comunista, né « deviazionisti », .ma semplicemente militanti più coscienti e più responsabili. Quando il primo ministro polacco Cyrankiewicz affer 0 ma, in p 0 olemica con i duri del suo partito, che « la democratizzazione deve proseguire » in Polonia, quando i seimila intellettuali e dirigenti di base del partito comu– nista ungherese riunitisi sotto l'egida del circolo Petoefi della gioventù comunista e dell'associazione degli scrit– tori ungheresi vengono accusati dal CC del partito unghe– rese di avere preso la direzione di un movimento « mi– rante a diminuire il ruolo della classe operaia e a dif– fondere ideologie borghesi », quando lo stesso '.)'ogliatti mette in discussione il 'concetto di dittatura del proleta– riato e· la possibilità di una degenerazione della società staliniana, essi non si propongono di distruggere le con– ql}~.g effettive delle rivoluzioni socialjste, ma esprimono l'a:n,gi'ìscia che queste conquiste degenerino e finiscano fo1:se per scomparir~, lasciando il posto a una nuova società totalitaria di classe. La libertà rivendicata dagl'intellettuali comunisti un– gheresi non è « un'ideologia borghese », come pretende il CC del parti.to ungherese dei lavoratori, e non costituisce un tentativo « d'ingannare i lavoratori ». E' lo strumento col ~qua.le si sono fatte tutte le rivoluzioni, politiche e sociali, il quale ha divorato le rivoluzioni che hanno tentato di sopprimerlo dopo essere state vittoriose. La rivolta di Poznan, in nome di quei principi di « pane, libertà, democrazia », che i comunisti all'opposi– zione hanno tante volte difeso, non diventa una rivolta « reazionaria », o diretta da « agenti dello straniero », solo perché diretta contro uno Stato comunista. Si può anche ammettere che il conflitto di . Poznan (continuaz. da pag. 1) notoriamente dalla sinistra cattolica, è considerato un in– tegralista. Insediato da Scelba e sostenuto inizialmente da Fanfani, egli non rappresentava tanto la democrazia cristiana, quanto il mondo cattolico. Uomo lealissimo, non lo nascondeva, e vi portava, in ogni senso, l'unila– teralità di un conseguente rigorismo. Si dovette a que– sta severità, se le nuove assunzioni di giovani forze inco– minciarono a prodursi per concorsi, a seguito dei quali, poi, i giovani telecronisti, radiocronisti, allestitori, aiuto– registi, frequentavano cors_i. interni per loro istituiti sotto la guida di Pier Emilio Gennarini (la polemica giorna– listica ha poi chiamato questi giovani, usciti dai corsi, i « corsari »). Guala è stato anzitutto colpito per queste nuove ley!') di giovani, che sono di fatto, nella loro pre– valenza, formate da cattolici di sinistra (si ricor<Jerà l'at– tacco dell'Espresso, che li definiva semplicisticamente cat– tolici-comunisti) ; essi ha_nno portato, nel lorù lavoro, cer– tamente, una iniziale inesperienza facile a vulnerarsi dai dirigenti centrali. e periferici; le lòro nuove idee, specie le inchieste sociali, risentivano di un certo devoto scola– sticume sociologico; per contro, si deve a loro la rubrica più coraggiosa, dal punto di vista informativo, della TV, un giornale per giovani, che si trasmetteva da Torino, una volta alla settimana, « Orizzonti ». In questa ru– brica si assunsero responsabilità precise, ad esempio sul problema della giurisdizione dei tribunali militari, e sul caso di Danilo Dolci. « Orizzonti» ha dato luogo a la– mentele precise del Viminale e di Taviani; ed è naturale che la responsabilità ne sia stata fatta risalire a Guala. . Si aggiunga poi che Guala, benché indiscutibilmente cattolico nel più preciso senso politico della parola, non ha fatto mai parte di alcun indirizzo cli sòttogoverno, di alcuna corrente organizzata, e non è. solito prestare ser– vigi a clientele della politièa democristiana in quanto (118) nuova repubblica sia stato originato da una divergenza fra l'interesse della politica d'investimenti nell'industria pesante e la quantità dei beni di consumo a disposizione dei lavoratori in agi– tazione, come ha sostenuto Di Vittorio, nell'unico tentativo serio d'interpretazione marxista dei fatti di Poznan, sebbene in questo caso si tratti di una questione più compi.essa, dato che la causa materiale della rivolta sembra si debba attribuire a una trasformazione delle industrie della zona, la quale ha determinato una ridu– zione dei salari e un aumento delle « norme » di lavoro. Ma, alla base di questo conflitto e di tutti quelli non scoppiati o repressi alla radice nell'e società comuniste, vi è soprattutto la negazione da parte di queste società dell'elementare diritto dei lavoratori di stabilire d'accordo con lo Stato il limite dei sacrifici che debbono soppor– tare a causa della politica d'industrializzazione e di di– fendere liberamente, come grnppo d':nteressi organizzati, come « classe», contro il capitalismo di Stato, il loro minimo vitale, quando lo Stato « capitalista» non ne tenga sufficientemente conto. La negazione di que§ltO di– ritto è precisamente ciò che distingue una società tota– litaria, sia pure ispirata a indirizzi socialisti, da una società democratica. E' curioso, in questo senso, che anche la stampa jugoslava, in quest'occasione, abbia preso la. stessa posizione di quella delle democrazie popolari contro i lavoratori di Poznan. In uno · stato democratico di tipo occidentale, una politica « pre-socialista » d'incremento della produzione, nella quale gl'investimenti siano costretti dai pubblici poteri ad avviarsi verso i settori dell'economia che con– tribuiscono ad accrescere la produttività, richiede la par– tecipazione dei rappresentanti delle classi lavoratrici al pot~re per stabilire una. specie cli accordo contrattuale fra l'interesse pubblico e l'interesse dei ceti - che sono più colpiti dai sacrifici richiesti da questa politica o che hanno un minore margine di so_pportazione dei sa– crifici derivanti dall'utilizzazione a fini pubblici di una parte del risultato del lavoro collettivo. Ma in uno stato democratico, sia esso guidato ò no dai socialisti, questi interessi dei cvti popolari hanno la facoltà di esprimersi e di influire sulla politica nazionale. Del segretario generale della CGIL si deve probabilmente tenere un maggior conto in Italia, per fare una poli– tica da piano Vanoni, che in Polonia o nell'Unione So– vietica, per fare una politica sociale ancora più avan– zata e richiedente ·ancora maggiori sacrifici ai lavoratori. Ciò non significa che una democrazia di tipo occi– dentale sia il regime ideale per fare una politica sociale avanzata; ma significa che una politica sociale avanzata ha limiti umani naturali di. sopportazione per i ceti popo– la_ri, che si possono esprimere in modo pacifico solo in un regime autenticamente democratico. Quando il pro– letariato inglese ha avuto la sensazione che i sacrifici richiesti per effettuare la politica laburista superasse o le sue capacità di sopportazione, _una parte di questo prole– tariato ha rovesciato il governo Attlee e ha .contribuito a far tornare al potere i conservatori. Con questo non è cascato il mondo, specie quando - gli elettori di sinistra, che avevano votato per i conservatori, hanno cominciato ad accorgersi che, per porre fine all' « austerità» labu– rista, essi avevano dato l'avvio allo smantellamento con– se1·vatore della politica produttivistica e di pieno impiego. Al di là delle frasi fatte, dei miti, come quello della « dittatura del proletariato », che solo la sapiente di.a– -lettica leninista ha saputo trasformare in un elemento costitutivo e imprescindibile della dottrina marxista, vi sono dm;1que i problemi ,concreti dell'aumento della pro– duzione e di una equa distribuzione del reddito collettivo, che nessuna forma di dittatura riuscirà mai a risolvere senza scatti funesti che, come nell'Unione Sovietica sotto lo stalinismo, comportan~ il sac•rificio di milioni di vite umane, o, come nei fatti di Poznan, pongono i poteri pub– blici nella stessa situazione giustamente rimproverata negli ultimi trentanni al ministro prussiano dell'interno Noske, quando ordinò alla polizia popolare di' sparare sui lavoratori in rivolta. tale. Un cattolico, dunque, scomodo. Al cattolico, è evi– dente che si rivolgano le critiche di un indirizq;o, come il nostro, di democrazia laica. Quindi anche a Guala rim– provereremmo la sottomissione al governo e alle gerar– chie della Chiesa, sottomissione che non solo si riflette nel conformismo dei servizi di attualità, ma nelle restri– zioni bigotte nella scelta e nella presentazione dello spet– tacolo. Ma qui entriamo allora in una questione che l'al– lontanamento di Guala non risolve; ed è ancora da ve– dere se i suoi successori recheranno, insieme alla « pru– derie » della loro origine, la serietà del consigliere dimesso. 0 Il. problema al quale accenniamo è quello di fondo della RAI-TV: la sua autonomia dQ-ll'Esecutivo, sotto un(.) effettivo controllo parlamentare. Si rimprovera a Gualac la debolezz·a nei riguardi del governo (per esempio, nella esclusione di Go~resio e Forc~lla dal co1:1mento ~olitico) :C ma esistono anzitutto garanzie statutarie che diano agli– amministratori della RAI una posizione di forza dinanzi al governo? In secondo luogo: nominando ai' posti 'di consigliere e di direttore generale nuove figure cattolico– democristiane, quali migliori garanzie di indipendenzaQ personale dalle sfere governative si avranno della auto-e nomia della RAI? E non si dica che questa è una cons<l.•– guenza del monopolio : in Gran. Bretagna. i ~erv_izi ,~nfo 'f n iDativi della BBC sono un modello d1 obiett1v1ta cl mfo1\..,.I mazione; in Germania le emittenti radiofoniche e tele– vJSive ·sono a dispos.izione di tutti i partiti, e · còsì via. Il difetto italiano è di fondo, dipende dall'influenza della, '\ Chiesa sul governo, del governo sulla RAI, <in una ca•'-' tena che certo ha _alcune maglie sfilacciate, ma che inQ.) complesso tiene ancora rigidamente. -+-I Finchè non si affronta quindi il problema delle ga ranzie di diritto e delle conformi scelte di uomini, iJ_ « cambio della guardia» in via del Babbuino non si- ~M = ~ =~ ~ ■- a:

RkJQdWJsaXNoZXIy