Nuova Repubblica - anno IV - n. 7 - 12 febbraio 1956

3' LE SOCI ETA.' ENTE UNICO PRIMO PASSO Nel 1947 un gruppo di esperti ame~icani incà1·icato -d~l governo italiano. di ùn parere sulla sistemazione dei servizi telefoni.i;:i in Italia, dichiarò: "La soluzione· è un Ente unico di esercizio, sia che quest'Ente assuma ·la forma di una società privata con• trollata dallo Stato, sia che si addivenga all'esercizio stalale. L'impo1·tante è che detto Ente venga attuato senza ritardo,,. Sono passati 9 anni. E' tempo che il governo compia 1111 atto di coraggio: 11011 rinnovare le concessioni telefoniche recentemente scadute di DOMENlCO TARANTINI III I L PROVVEDIMENTO indispensabile per avviare a so• ·Iuzione il problema dei servizi telefonici è quello del– l'unificazione della gestione. Non rinnovare le conces– sioni alle cinque società dello « spezzatino telefonico~ e creare un ente unico sotto il ·controllo dell'IRI, e quindi dello Stato, è la via maestra da seguire, per a.r– rivare poi, in un tempo che ci auguriamo prossimo, alla nazionalizzazione del servizio. Che l'unificazione dei ser– vizi telefonici sia· indispensabile risulta evidente dalle ra- · gioni che abbiamo illustrato nei precedenti articoli. Ma Ilon possiamo tacere altre ragioni importanti. · Com'è, noto, nel 1947 un gruppo di esperti americani dell'International Telephone and Telegraph Corporation, incaricato dal govern0 italiano di dare un parere sulla sistemazione dei servizi telefonici in Italia, presentò un pi.ano in cui, fra 'l'altro, è detto: « Per la divisione del– l'Italia in cinque zone, ciascuna gestita da una società Separata, e per la conservazione aBo Stato dell'esercizio ·indipendente dei circuiti interurbani principali, la rior– ganizzazione del 1925 (vale a dire la privatizzazione ef– fettuata dal fascismo) si è dimostrata inadeguata. La so_– luzio1ne è pertanto un ente unico di esercizio, che do– vrebbe riunire P.intera attività cÌelle cinque zone e delr l'Azienda di Stato. Sia che l'Ente unificato abbia da ~ssumere la forma di una società privata controllata dallo Stato, sia che si addivenga all'esercizio statale, l'impor– tante è che detto ente venga attuàto senza ritardo >. SÒno passati n~ve anni, e, purtroppo, di ritardo ce n'è stato. Nel dicembre 1954, alla soluzione dell"Ente u·nico pervenne anche la commissione tecnica per lo stu– dio di µn piano regolatore telefonico, che, dopo quattro anni di studi, affermò: « La soluzione dell'Ente unico è da considerarsi vantaggiosa dal punto di vista tecnico di esercizio. Con essa, infatti, non si inc:ontrerebbero le difficoltà tecniche per l'integrale appli_cazione del piano regolatore telefonico derivante dalla necessità di punti di confine tra gestori diversi, e pure si conseguirebbero semplificazioni ed economie per il fatto di poter elimi– nare duplicazioni di impianti.· L'unificazione dell'eserci– zio recherebbe vantaggi di vario gen0re e h1scerebbe mag– gior libertà nelle trasformazioni di innovazioni future. · ~nfine potrebbe· facilitare eveptuali 9ompensazioni a fa– vore dello sviluppo degli imi.iianti anche nelle regioni più povere>. ' La commissione tecnica era. composta di se,i pubblici !u6ziOfi~ri; di due -rappresentanti delle società concessio– narie-~R,~ (·Stipel, Telve, Timo), di due rappresentanti delle società· concessionarie private (T.eti e Set) e di sette t'apPrése;..tanti delle società costruttrici di cavi ·e di ap– parecchi tt:llefonici. Una commissiOne · così composta non pote.va , evidentemente, pronnn,cii~.rsi. co\1tro il éomplesso dei grossi interessi capitalistici e burocratici, anche quando questi interessi fossero in evidente contrasto con quelli della collettività. Perciò, non avendo potuto negare i van– taggi dell'unificazione di tutti i servizi telefonici,. !a com– missione ha cercato di attenuare quanto più possibile . l'importanza di qu!),.l)to era stata costretta ad ammet- tere, quindi s'affrettò ad osservare che la gestione unica « accentuerebbe il regime di monopolio, ,vrivando il pub– blico della possibilità di un confrçmto. dell'andamento tecnico e qualitativo del servizio, confronto clw può es-· $:ere offerto dall'esistenza di esercizi diversi >. La com~ missione, inoltre; gonfiò enormemente le difficoltà che lo Stato incontrerebbe, se revocasse· le cOncession'i, per ef– fettuare il pagamento degli impianti e la sistemazione del personale delle società concessionarie. Sono clue temi che stanno molto a cuore alle societl, concessionarie. Del primo, quello della concorrenza, è tornato recentemente aQ occuparsi,. tÌel settimanale mi. lanese Oggi, il consigliere delegato dellà Teti, Riecardo Ar– genziano, che nell'articolo « I telefoni in Jtalia > ha 'Scritto~' fr!i l'aÙro:. « ln tealtà, infatti, i tre gruppi tele~ fonici (Stet, Teti e Set)' si sono vicendevolmente osser• vati ed hanno cercato, in più casi, di superarsi realiz– zando nel complesso risultati che non possono ·obiettiva– •:~ent~ non essère considerati positivi, specie quando con– frontati con quelli di altri Paesi, sia per quanto riguarda i costi sia Per ÌO svituPpo. Questo ordinamento (cioè la divisione in cinque zone) è risultatò ·poi soprattutto utile l>er·gli organi tecnki dello St"ato·i qùa1ì; Svendo 1a pos~ Telefoni a vaPore ( Dis. di Dino Boschi) sibilità di attuare confronti, hanno potuto meglio con– trollare la efficienza delle diverse gestioni ed i relativi costi». Ammesso che sia vero, quali sono stati i risultati di questo controllo? Alla domanda puo rispondere anche il profano, constatando l'insufficienza dello sviluppo della telefonia in Italia, J'inadeguat'ezza _dei servizi, ,e la de– ficienza sempre più grav0 in ogni ~regione, e particolar– mente .nelle zone affidate alla Teti e alla Set. Si ha una bella faccia tosta a parlare d\, concorrenza fra le varie. società concessionarìe. Dov'è, infatti, Ja concorrenza? Forse che, Per esempio,' nella sua zona (Lazio, Liguria, To– sca.na e Sardegna) la Teti ~estisce i tele.foni in concor– renza con un'altra società? O non li gestiSc.e, invece, in regime di monopolio? E a che servirebbe rilevare, per esempio, che i servizi-sono migliori nella zona gestita dalla Stipel (Pieme,nte e Lombardia) e peggiori in quella (Campania, Puglia 1 Calabria e Sicilia) gestita dalla Set? Forse che i pugliesi, i siciliani, i calabresi e i campani possono trarre da questa constatazione qualche vantag– gio? Infatti, la constatazione che i servizi telefonici nella zona gestita dalla Set sono. m~no sviluppati e progre– diti che in Lombardia e in Piemonte non serve a togliere la ge'stione alla Set e al affidarla a un altro gestore. Così, quando si parla di. concorrenza fra le varie conces~ sionarie .non 5i fa altro ·che gettare nna cortina fumo– gena per nascondere e contrabbandare come libera ini– ziativa i monopoli privati. E VENIAMO 'al secondo rilievo della commissiotle tee– . nica, quello sul costo dell'unificazione' dei Servizi te– lefonici. Per realizzare l'Ente unico è innanzitutto indi– sf)ensabile che lo Stato non rinnovi le concessioni che sOno scadute, om'è noto, il 31 dicembre scorso, e ri~ scatti gli impianti delfe due società pri;ate, la Teti e la Set: è il primo ma. importante· passo ·.sulla strada della , nazionf!-l!zzazione, ch~e bis_ogna 9ec~ders.i presto a percor- rere fino in fondo. - · · Orbene, secondo l'articolo 3 del R.p. 2 febbraìo l 028, n. 2873, il prezzo· che lo Stato dovrebbe pagare per il riscatto sarà fissato « di comune accordo ira le parti, jn base al valore degli impianti al momento della 8tima. Come indice cli riferimento - dice il 1 ·elato.re - a puro titolo indicativo, è da tener presente che nei bilanci delle concessionarie, alla data del .31 dicembre 1053, il valore~ Contabile degli impianti risulta di 276 miliardi di lire~. Questa cifra ha ·ratto affermare da alcuni parlamen– tari che il riscatto verrebbe a costa.re allo Sta'to cil'Ca 276 miliardi di lire.· Ma si tratta di una cifra sbal'lata. Da questa somma, infatti, c'è innanzitutto da detrarre ·1a somma corrispondente agli ammortamenti, per cui i 27G miliardi si riducono a 194 miliardi e 200 milioni di lire. Ma questa somma rappresenta il valore netto degli im– pianti gii~ in gran parte di proprietà dello Stato, per– ché 138,G miliard~ appartengono alle tre societl~ che fanno parte della Stet, che è di pl'Oprietà dc1l'IRI. Gli im– pianti delle concessionarie non controllate dall'IRI (Teti e Set) sono contabilizzati, al netto degli ammortamenti, in soli 55,G miliardi di lire, alla data suddetta. Ma c'è ancora da notare che l'IRI è indirettamente proprieta– ria anche di una parte dei rimanenti impianti, porch6 possiede il 18 per cento delle azioni della Setemer, che controlla la Set. Come si vede, per « irizzare » le due società private, la somrna rieCessaria si ri<l:uce a poche decine di miliardi di lire, facilmente ricuperabili. Il pro– blema dell'irizzazione, quindi, non è economico. ma poli– tico. E' un atto di coraggio che il governo è chiamato a compiere, nelPinteresse dello sviluppo• della telefonia in Italia. li pl'lmo passo, ripetiamo, nella vitt. della na– zionalizzazione del servizio telefonico, cioè della creazione ·ai un ente statale che amministri unitariamente e con critel'i moderni i servizi telefonici; un ente a.I quale• do– vrebbero partecipare, mediante una rappresentanza elet• tiva, i ~avoratori d'ogni ordine e grado, al fine di dare alla gestione maggiore autorità e consapevolezza degli obieftlVi da' r8ggì~mgè~e: · 1 ' •· • · · •

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