Nuova Repubblica - anno III - n.29 - 25 settembre 1955

81 2. 1 T A L I A Po L 1·T I e A. I -IFATTI ROVESCIATI .&, VEVAMO appena avvertita la lentezza con cui la ti.. politica interna italiana 1·eagisce agli eventi inter– ... nazionali di questa estate, quando, quasi per con– trollare se avessimo torto nelle nostre apprensioni, desi– derammo scorrere con qualche attenzione la stampa ita– liana della settimana nella quale Adenauer, e poi Gro– tewohl, avevano compiuto la loro missione a Jlfosca: la settimana scorsa, come tutti sanno. Non staremo qui a disconoscere che qualche valente, anche se· non tra i più conosciuti, commentatore cli cose internazionali, non abbia subito colto nel stgno. Su un giornale conservatore cli Torino, la Gazzetta del Popolo, Livio Pesce, un giovane che pare prometta giusto, esatto, e spregiudicato, ha visto subito, senza perdersi in pero– razioni ammirative per il Cancelliere, che, a rigore cli testi, l'URSS aveva raggiunto il suo scopo, quello della norma– lizzazione dei rapporti diplomatici con la Germania (e quindi il ribadimento dello status quo), concedendo molto meno, cioè la restituzione dei prigionieri, ed evitando per– sino ·di metterlo per iscritto. Ma a questo ~ pezzo » da esperto corrotto e aggiornato, fecero riscontro in quei giorni una serie di pareri che dovevano turbarci parec– chio, e confermarci nella convinzfone che è tutl!u-a d\ffi– ci.Je in Italia, prima ancora che ricavare conseguenze di politica interna dall'inizio della distensione, 1·endersi conto delle vie che la distensione va assumendo. La stampa italiana, nei giorni del negoziato cli Mo– sca, e subito dopo, dimostrò, se non andiamo enati, una profonda perplessità: tanta, quanta ne sussiste in un paese, dove le questioni del riarmo e dell'unificazione tedesca non sono mai stato profondamente discusse, né francamente esposte. A coprire questa incertezza, si inC-3· n,inciò dunque a presentare, per esempio sul Resto del Carlino, una apologia dell'« uomo> Adenauer, quando evidentemente la questione era tutt'altra, e cioè questa: di stabilire se la politica sinora seguita dalla Germania di Bonn nei riguardi dell'URSS, si era o meno dimostrata producente; o se, nel risultato di Mosca, essa non avesse palesato senza rimedio i suoi limiti. La « statura > di Adenauer non era co1nunque in causa; al n1assia10, si poteva dire che coloro che in questa circostauza si attac– cavano a questo ripiego, finivano con l'esibire una sin• ·golaro conc-vl'dia con un a. petto, ma uno solo, dell'opi– nione americana, presso la quale la lealtà del Canc,lliere gli meritò nei gio rni di Mosca una stima che si avvicina a quella tributa.ta ad un amico di qua dall'Atlantico, che pure ha dato spesse volte agli americani preoccupazioni e sorprese; vogliamo alludere a Churchill. Ma questi esal– tatori a qualsiasi prezzo del!'« uomo > Adenauer, sareb– be,'() rimasti sorpresi, e sarebbero passati dall'espressione della beatitudine a quella del dispetto, se, in quei giorni, avessero solo seguito, non già i miseri servizi eia Mosca dell'Unità, ma quelli precisi e mordenti della New Yorlc Herald '.Cribune. Qui Margherita Iliggins documentò giorno per giorno che erano i sovietici a porre come c-3n– dizione prima e sine qua non di ogni futuro accordo o concessione,. la normalizzazione dei rapporti diplomatici; e, quando mlìne Adenauer cedette, la Higgins non ebbe a dissimcllare che ciò era accaduto malgrado ben diverse intese con la diplomazia occidentale, e sotto la pressione, alla quale Adenauer aveva piegato, di una interpretazione superficiale dello « spirito di Ginevra>. Ora, noi non siamo qui per giudicare se Adenauer alla fin fine, abbia operato utilmente o meno, per la caus~ tedesca, ad appagare il programma sovietico dell'incon– tro di Mosca: ma il fatto resta, ed è allora difficile farlo passare per un successo deliberato del Cancelliere. . Invece, questa pare sia stata, tra noi, la diagnosi uf– ficiale della democrazia cristiana. La Discussione, che è, a quanto crediamo, organo ufficiale del pensiero del par– tito, nel suo numero del 18 settembre ha sostenuto che se il Cancelliere fosse ritornato in Germania senza ave; allacciato relazioni diplomatiche, e senza la restituzione dei prigionieri, egli avrebbe riportato un clamoroso suc– cesso personale. Ora, può anche darsi che esistano opinioni pubbliche presso le quali una diplomazia che non avanza d'un passo, nel dare e nel ricevere (e magari in un « dare > p_esante, quan~o ~ inevitabile) sia stimata una diploma– zia ad alta rmsc1ta; ma possiamo anche escludere che tale. opinione sia quella dei tedeschi, per grande che si vogha affermare, ai suoi occhi, il fascino del Cancelliere. ~a singolarità della Discussione, in fatto di giudizio poli– t,c~, cons!ste poi. nel ritenere che i due passi, normaliz– zazione d1plomat1ca e restituzione dei prigionieri, si equi– valgano: mentre a tutti gli altri esperti fu chiaro che si tratta di eventi di peso diversissimo, uno politico e l'al– tro, come disse lo stesso Cancelliere, « umano >, cioè mo– rale e psicologico, incomparabilmente meno rilevante dal punto di vista dei rapporti tra lo stato sovietico e quello tedesco. • Chi. è, peraltro, responsabile dei giudizi di p-olitica 111ternaz10nale della Discussione? Forse la direzione del Partito, o !'on. Fanfani. Organi e uomini, cioè, che sem– pre, lrn~~o e_vitato di prendere posizione circa la questione doli u111f1caz1onetedesca; né mai hanno mostrato di ri– flettere sulla fecondità della politica del Cancelliere, EfC• cettandola in pieno per il fatto solo che era la sua e si inq~adrava nell'ordine atlantico. Si spiega cosi c~me j fatti possano non essere capiti, e, alla fine,' valutati a ro- vescio. Non per questo,. tuttavia, dovremmo felicitarci della interpretazione della parte opposta, cioè di quella ideata e accennata dalla stampa comunista. La quale do– veva, da un lato, mettere in rilievo come a Mosca Bul– gan.in e Krushev abbiano «piegato> la linea di Ade– nauer, e obbligato il vecchio statista a mandare all'aria il suo antico presupposto della « posizione di forza>, dalla qnale solo « si tratta> con l'URSS; dall'altra far appa– rire questa condizione come giovevole alla coesistenza, qnindi come suscettibile di instaurare un livello cli di– gnità tra i due paesi in presenza; ne è uscita una inter– pretazione, insieme, la più « so1'volante », rapida e di– strattamente amhigua, che si potesse attendersi. Se le diamo min•or peso che alla .interpretazione democristiana, è solo perché in essa vi è minor responsabilità direttiva della politica estera italiana, di quanto non tocchi agli organi della DC ed alla stampa che vi si apparenta. Quanto in special modo all'on. Fanfani, abbiamo que– sta settimana ravvisato in lui, dalle sue parole a Sa– lisburgo, un trasporto di pensiero europeistico che non gli conoscevamo. Ricordiah10 Fanfani, nei giorni carichi d'emozione della fine agosto 1954, prendere realistica– mente le cose per il loro verso, senza abbandonarsi alle lamentazioni dei cedisti delusi; recentemente, quei cedisti medesimi lo avevano ancora rimproverato di non aver ricordato, in De Gasperi, il e grande europeo >, nella di– dascalia apposta al ritratto dello statista, che la DC ha fatto affiggere nelle vie d'Italia nel primo anniversario della sua morte. A Salisburgo, invece, tutt'altro uomo, e Note romane U N « ORIZZONTE PETROLIFERO » a quota -480 non è da poco. Anzi, può definirsi un vero e pro– prio « bacio della fortuna» e nessuno, pertanto, trovò a che ridire quando il governo ne diede notizia nel comunicato ufficiale del Consiglio dei ministri. I giornali esultarono per il rinvenimento; i· parlamentari abruzzesi intervenne,·o immediatamente per valorizzare il territorio di loro competenza; furono scritti articoli e furono tenuti comi,.i, ma nessuno raccolse la voce del sindaco di Alanno il q aÌe, appena gli comunicarono la lieta notizia, esclamò: « Ma a che serve? a che serve tutto questo ben di Dio se poi si debbono sigillare i pozzi perché manca la legge per lo sfruttamento dell'oro nero? >. Lo stosso rilievo fu fatto a Montecitorio, ma parlando della situazione, batti e ribatti, da una parola presa qua è da una .Presa là, alla fine si venne a sapere che cosa si nascondesse, in realtà, dietro I'« orizzonte» a quota -480 e dietro la comunicazione del governo. In parole molto semplici, la storia sarebbe questa. I finanziamenti ame– ricani, come era nell'ordine logico delle cose, sono venuti meno. Washington non vuol concedere un solo cent nep– pure per il finanziamento del •famoso « piano Vanoni>, la cui realizzazione è ormai un preciso impegno non sol– tanto della DC, ma anche del governo, di cui il Vanoni è autorevole membro. Per di più la bilancia commer– ciale, in meno di sette mesi, è andata « sotto » di oltre venti miliardi e neanche per questo il governo degli Stati Uniti intende intervenire. Le ragioni non vengono spie– gate ufficialmente: c'è chi dice che sia per l'elezione di Gronchi a presidente della Repubblica e chi sostiene,. in– vece, che la politica americana sia costretta a scegliere nuove vie per evitare la crisi di sovraproduzione. Fatto sta che d'oltre Atlantico non si promettono quattrini. In questo stato di cose il governo vuol correre ai ripari: Va– noni si reca a Istanbul per 'riscuotere i crediti che van– tiamo presso i turchi da almeno quattr'anni; Segni an– nuncia a Bari l'intenzione di normalizzare i traffici con l'Oriente; Mattei, presidente dell'ENI, tira fuori al mo– mento opportuno i suoi giacimenti petroliferi. Se i traf– fici e i petroli dovessero funzionare il giuoco sarebbe fatto: bilancia commerciale e piano Vanoni sarebbero, l'uno in pareggfo e l'altro pronto per essere realizzato. Non sfugge a nessuno, però - e più d'un deputato l'ha messo in ri– lievo - che il gioco in parola dovrebbe necessariamente ripercuotersi sulla condotta della politica generale del go– verno, sia all'interno che all'esterno del paese. Poi, come per le ciliege, tÌna cosa tira l'altra e... allora? Allora niente, è stato detto a Montecitorio. Siamo in presenza solo di una · manovra a vasto raggio del governo, con l'obiettivo di costringere W'ashington a far marcia indie· tro. Gli americani, insomma, preoccupati di perdere il con– trollo economico, se non proprio quello politico, del no• stro paese, dovrebbero ricredersi e decidere di continuar& a farsi « mungere > dai finanzieri italiani. Se, per avventura, queste voci dei circoli parlamen• tari dovessero essere corrispondenti al vero ci sarebòe di che rattristarsi. Comunque, l'attuale classe dirigente è capace di questè ed altre trovate. Ad esempio, di quella per cui abbiamo inviato un vero e proprio corpo di spe– dizione in Calabria per combattere il « brigantaggio > lo– cale. Suf giornali governativi si sono potute leggere storie di tutti i tipi: la festa della Madonna dei Polsi (che, come (77) nuova repubblica tutt'altro indirizzo. Fanfani ha rammaricato la discussione tra democrazie cristiane, come causa non ultima del fal– limento del cedismo; ed ha sostenuto che il « rilancio eu• ropeo >, anziché contravve~1ire, viene incontro alla poli– tica cli distensione. La tesi di Fanfani, teoricamente, n-.)n ha nulla di assurdo. La coesistenza si può attua,·e per molte vie, una delle quali può pure essere la coordinazione tra comunità regioliali; d'altra parte, la tesi che l'unità dei minori è oggi necessaria dal punto cli vista ciel rivo– luzionario prog,·esso nel settore termonucleare, dinanzi al quale le potenze che da sole non _possono assumervi m,– ziativa soccomberebbero nella loro autonomia, non è che il potenziamento dell'altrn, .già a,;nmessa e p1\'.lpagata., che l'economia dei paesi dell'Europa occidentale non regge più alla stregua dei mercati nazionali. Se qt1indi, teoric;mente; di queste cose si può e si' deve ben discutere, in concreto, oggi, è da domandarsi se la proposta cli «rilancio>, così seriamente patrocinata da Fanrani, abbia giustificazione e attuabilità. Vi ostano, per lo meno, le condizioni dei due più significativi con– traenti: della Germania, per la quale il problema domi– nante resta anzituLto quello di pervenire, si ved,·à come, alla riunificazione; e della Francia, che non potrebbe svol– gere una politica europeistica prima di aver posto orchne nella sua condizione di potenza al centro dell'unione fran– cese e della zona del franco. Queste circ~sta.nze rendono daccapo fuori tempo il riproporre la soluzione europei– stica, in quanto soluzione politica, ferme restando tutte le possibilità d'intesa in più di un settore (cd è curioso come il fanfanismo si sia, alla fine di questo discorso, ridotto all'insistenza cli un accordo dell'Europa occidlln• tale in materia di trasporti). :Né noi vi avremmo formato la nostra attenzione, se non ci sembrasse che, anche in questa occasione, il segretario della DC si è palesatf' solo marginalmente informato della situazione interna·donale contemporanea. Non è allorn da stupire se, dietro ai suoi leaders, l'opinione media del Paeee reagisca fiaccamente, a caso, e con strani dirjzzoni interpretativi, a quanto av-– viene cli importante in questi giorni fuori d'Italia; né p-vssa, nella fattispecie, assume1'e posizioni significative. '.ALADINO è stato spiegato in parentesi lunghe due pagine, fa mira– coli cli tutti i tipi fino a far resuscitare i morti) è la « fe. sta def gran criminale>, cioè della malia calabrese, le cui gerarchie sono i mastri-di-sgherro, i picciotti, i camorri– sti, i camuffi, i mastri-di-seta, i capi-bastone e i capon• drina. Un fatto curioso è questo: questi strani briganti non operano nei comuni amminisfrati dai partiti di sinistra, ma solo in quelli dove sindaci sono i democristiani ov• vero uomini della destra. A Montecitorio la coincidenza non è passata inosser. vata ed è stato quindi con grande interesse che si sono ascoltate le spiegazioni che i parlamentari meridionali hanno dato sul brigantaggio calabro e sulla spedizione di polizia. Indubbiamente - ò stato detto - la delinquenza alligna in Calabria come in ogni altra regione d'Italia. Forse, per il temperamento locale, i fatti criminosi assu• mòno, in certe circostanze, un carattere più clamoroso che altrove, ma voler presentare la Calabria 1955 come la Sicilia di Giuliano è troppo. D'altronde - è stato fatto os• servare - la fiorita nomenclatura che è comparsa sui giornali governativi non è d'uso corrente; anzi, quasi nes• suno la conosce e per 1·intracciarla i solerti cronisti han dovuto far ricorso alle biblioteche locali. Le ragioni della spedizione, dunque, non sono il « bri– gantaggio >, ma la politica. Si deve sapere, infotti, che la mafia calabrese, in mancanza di meglio; da molti anni s'è ridotta ad esercitare il controllo elettorale di certe zone della regione. Il caso vuole che, per lo più, essa operi at– tualmente alle dipendenze di parlamentari che o non fanno parte del partito dc, co me i liberali e i monarchici, ov– vero, quando si tratti di clemocristia.ni, sono schierati con– tro l'attuale direzione Fanfani, c ome parrebbe per i « con– centra.zionisti ». Stando ai « si dice » la cosa non piacque a piazza del Gesù che, come si sa, persegue con ogni mezzo un unico obiettivo, quello di riconquistare la maggioranza assoluta in Parlamento. Fanfani quindi ne avrebbe parlato a Tambroni e questi, seduta stante, dispose l'invio del « corpo di spedizione >: l'obiettivo, che non si sa se poi è stato raggiunto, era quello di convincere la mafia elet– torale di Calabria a passare, armi e bagagli, sotto le in– segne dei parlamentari amici di Fanfani. Se no, perché mai molti mafiosi dovrebbero percepire uno stipendjo da– gli Enti di Riforma? * Olivetti Lettera 22 In auto e in treno in aereo e in albergo sulle ginocchia, sul tavolo d'un bar, esatta e leggera scriverà la vostra corrispondenza gli appunti di viaggio i ricordi delle vacanze.

RkJQdWJsaXNoZXIy