Nuova Repubblica - anno III - n. 19 - 17 luglio 1955

Bi 2 ITALIA POLITICA GI~ISTERPI ERETICI A VEVAMO APPENA -FINITO di guardare, allo schermo del telegiornale, l'on. Fanfani con il volto del buon padre, in una festa folcloristica toscana, quando subito, per contrasto e per richiamo, ci s1 e affac– ciato l'altro volto, quello severn che ha comandato, bru– scamente, ,ad Aristide Marchetti di tògliersi d'intorno, e agli uomini di Prospettive e di Forze sociali di lasciarlo lavorare. Il colpo a Marchetti è sta.to duro: i suoi amici 110n hanno potuto trattenersi dalla reazione. Invece Giulio Pastore ha contirrnato le sue laboriose vacanze in Pie– I)lonte, ha proseguito i suoi pubblici discorsi, e si è limi– tato a una blanda protesta. Ma anche a questo modo, l'onorevole Pastore non salverà egualmente il suo periodico; Fanfani chiede la testa delle « correnti » s'intende, nei casi in cui la loro fun– zione non sia così pesante da potergli recare fastidi. La corrente di Pastore era, sì; uscita da Napoli con la fun– zione della· opposiziol\e interna, visto che Concentrazione allora non intendeva organizzarsi, e che l'onorevole Gron– chi contava per la sua parola più che per il suo seguito. Ma nel frattempo,· Forze sociali, hanno perso questa loro· importanza di « controllo » della maggioranza, che è, pas' sato daccapo nelle mani di Pella e Andreotti: e con loro· l•'anfani sa di dover fare ben altri conti che con il dç- · putato sindacalista. E' stato davvero «politico», l'on. Fanfani? Ha riflet– t~to bene ai suoi interessi? Per quanto siano sempre più appetibili le amicizie con gli .amici dei padroni, che con quelÌi dei salariati, !'on. Fanfani non avrà. perduto granché a percuotere negli sterpi eretici della «base», che ebbe il torto di cedere· troppo ·a buon mercato le sue azioni della DC ad Iniziativa nelle gio_rnate dell'ultimo congresso na- · donale; ma può avere ayuto gran torto ad umiliare i sin- · dacalisti. Essi hanno, anzitutto, in parlamento, un piccolo· segmto. Non tanto, s'intende, da potere influire sul pro- · gramma del governo; ma abbastanza, se vogliono, da farlo : cadère. La maggioranza precostituita del governo Segni è esattamente di dieci voti e si fa presto a consumarla: basta un errore, una irisensibilità," per ottenere, nel fa– m·oso voto a scrutinio segreto, ·la sfiducia di cislini ed aclisti. Non si dimentichi che i torti del segretario del partito li paga sempre il governo. Fanfani ci è sempre sembrato imprudente. Ma la sua rigorizzazione della disciplina, che suole colpire gli indifesi, ci sembra in questo caso non solo tatticamente, ma politicamente un errore. I giovani democristiani che hanno partecipato al Convegno di Helsinki saranno stati imprudenti. Ma è ancora più incauto sostenere che il loro ei·rore è consistito nel non avvedersi che senza andare a c~rcare a.ppoggi a casa d'altri, c'era già, nella famiglia demoéristiana, e in atto da alcuni mesi, una poderosa campagna per la pace. I poveri giovani avevano, su que– sto piano, perfettamente ragione; non era colpa loro, se non si erano accorti di nulla. Come loro, ness(m italiano è mai stato informato della ondata di sentimenti pacifi– sti, coesistenziali, convivenziali, lanciata dall'on. Fanfani e guidata espressamente da :Mariano Rumor. Al massimo si può dire che, legativi dal pensiero pontificio - cioè che tra Oriente e Occidente non si debba appagarsi di una in– differente giustapposizione, ma si debba ricostruire una comunità umana - essi vengono ripetendo queste parole, senza tuttavia mettere in opera la minima proposta poli– ticamente intelligibile e traducibile in atti concreti. Il « coesistentismo » del governo democristiano si limita al fatto che il ministro liberale degli Esteri faccia passare per ;uo un progetto molto discutibile di Mendès-France: quello di mantenere divisa la Germania come conseguenza della persistenza dei due patti militari, occidentale ed orientale. Nulla di più preciso è stato detto ufficiosamente; tanto meno da democristiani. Dov'è dunque la campagna pacifista del partito di maggioranza? Se Zappulli ed amici non ne sapevano nulla, sono, on. Fanfani, innocentissimi: essi non sono obbligati a decifrare e snidare nel Suo cuore certe riposte intenzioni, per belle e lodevoli che siano. . L'altra colpa cli questi giovanotti, è di venire dicendo ehe la DC potrebbe decidersi alla apertura a sinistra. A chi ha offer-to l'on. Fanfani le loi-o teste? Non certo all'on. Se– gni, che del quadripartito non è un amatore a colpo di fulmine; non al Presidente Groncl1i, e neppure all'on. Ma– la.godi. Bensì ai partiti del quadripartito per se stesso, an– siosi che questo matrimonio non si faccia. Si tratta di Saragat. Si ·tratta d;i liberali di sinistra, grandi fautori della c~alizione centrista, ora evidentemente delusi che questo patto lo abbia stretto Malagodi in persona, anziché averlo sistemato essi stessi, mandando innanzi, a titolo personale, Martino e Villabruna. Le correnti che si battono per la democrazia formale in Italia hanno avuto quello che volevano. Dopo di che, dopo avere ancora una volta -sospinto a destra la DC al grido « quadripartito o morte», pa.lemnno dei giovani cristiano-sociali di Prospettive, del Ribelle, di Forze sociali, come cli « compagni di strada ». E' un gioco che già ha stancato gli americani, ed ora comincia a interessare i loro piccòli amici. Si accomodino. I L MINISTERO SEGNI passerà alla stOl'ia parlamentare italiana per il profondo significato umano di alcune cariche, accordate ad alcuni uomini. Che l'on. Gonella avesse ad esempio una propensione precisa per lo sport, ignoravamo, e chiediamo scusa. Per èssere degli sportivi occorre senza dubbio un certo esercizio atletico, ma per diveliire tifosi del ministero e dello spo1·t, basta un po' di fantasia. Qualche maligno ci fa comunque osservare che dipenderà dall'on. Gonella anche lo « Spettacolo»: che è il campo di elezione per chi volesse divulgare il valore educativo della_ censura. ' L'on. Gonella non è del resto la sola «competenza» venuta alla ribalta. Al posto dell'on. Villabruna ecco l'av– vocato COJ·tese di Napoli. Qualche biografia lo designa « insigne· penalista », e non saremo noi a contestarlo. Ma i liberali non avevano proprio nessuno che conoscesse qual– che cosa dei problemi economici moderni? Potevano cer– carlo anche fuori del loro gruppo parlamentare, così esiguo. E !'on. Andreotti alle Finanze? Tutti siamo estima– tori del giovane deputato di Ciocia.ria, e la· sua l~rvata ma ferma opposizione all'indirizzo rappresentato dal suo predecessore lo designa significativamente a quella carica. Ma, a parte la preparazione specifica, che tutti descrivono LETTERE AL Un partito "da fare" TORINO, giugno C<,trodiretto,·e, condivido molte- tlelfe · critiche da voi mosse al PSI, però non tutte. Intanto non mi sembra buono l'angolo visuale dal quale vi collocate per il giudizio. Un par– tito, ,(l'eme una cosa viva, come un uomo, non si giudica solo 'dalle sue esteriori manifestazioni; si giudica e si co– rrlie dall'interno studiando e cercando, dialetticamente, di ~negli atti e di quegli atteggiamenti, le ragioni profonde. Il PSI, come il PCI, come il vostro stesso movim?nto, sono espressioni vive della nostra società e, come tah, ne rivelano con le virtù, i difetti e le deficienze. Dunque: non esiste democrazia all'interno del PSI; obiettivamente, se badiamo ai suoi congressi provinciali, la constatazione è esatta (l'ho notato anch'io e non senza sorpresa). Ma non si tratta di un carattere totalitario proprio del partito. Si tratta d'immaturità di base, di un abito cli conformismo invalso dal passato; non d'una situazione generale e definitiva. La pretesa di scoprire, oggi, nel PSI, la larghezza d'idee, la sensibilità, la mo– dernità e quant'altro voi cercate è per lo meno prema– tura; a mi.o avviso il PSI non va considerato un partito « fatto » bensì un partito « eia fare ». Ricomparso nel '45, alla Liberazione, esso riprodu– ceva - negli uomini, nelle strutture, nei difetti - il PSI ciel primo dopoguerra. Il nucleo essenziale delle sue forze si ricostituiva con i vecchi 1;nilitanti e con i vecchi com– pagni che vi ritrovavano non tanto un'organizzazione tesa ad uno scopo quanto il mondo della loro gioventù. Mondo che nel frattempo era scomparso; vent'anni di rottura significano qualche cosa. E qui sta la tragedia ciel ven– tennio, la tr&gedia dello stesso PSI: nella rottura, nel– l'invecchiamento. I suo temi, i suoi programmi, le sue impostazioni stesse dei problemi non trovavano più ade– renza, non corrispondevano più alla nuova obiettiva realtà. Questa frattura non si sana, non si può sanare nel breve giro di dieci anni. Oggi appena, con l'apporto di nuove leve, si può pensare a una ricostituzione, a una saldatura. E il compito nostro è proprio questo: educare, risveglia.re le coscienze, agitare dei problen1i, scuotere, ri– velare gli uomini a se stessi. Da questo punto di vista io neanche faccio distinzioni di partiti e di programmi: tutti gli stmmenti valgono allo scopo. Quel che C(!nta è lavorare, educare, risvegliare le coscienze. E v'è dell'altro: io pensavo di scoprire nei partiti" de– gli uomini che, individualmente differenziati, concordano su dei fini, si ritrovano su dei programmi. Orbene, m'in– gannavo. La differenziazione fra gli uomini di uno stesso pa,·tito è assai poco marcata, è molto scarsa. Direi che esiste, psicologicamente, il tipo del socialista, il tipo· del comunista, il tipo Unità Popolare e via discorrendo. Ai partiti non si giunge, intendo, tanto razionalmente quanto, piuttosto, se non proprio sentimentalmente, sim– patetican1ente, per affinità. Nel partito socialista è più frequentemente viva la tradizione; tradizione che, per molti aspetti gloriosa, ne costituisce sentimentalmente la forza ma insieme, per al– tri versi, il limite. Il comunista, partito di più recente formazione, è più agile, più spigliato, più. oggettivo; le- . nuova repubblica ammirevole nella giovane « creatura» dell'on. Da Gasperi, conveniva al governo Segni compromettersi subito in nn senso che, per avversione a. Tremelloni, suona come la battuta d'arresto a tutta la disciplina penale del com– portameJ1to fiscale dei cittadini? All'Istruzione è salito Paolo Rossi. Nessuno gli conte– sterà una nobile cultura, e anche noi ricordiamo con piacel'e il suo passato genovese, di antifascismo, il suo gusto di lettore di Anatole France e di Voltaire, che lo appa,·en– tava ali' Ansaldo degli anni buoni, l'Ansaldo che i « fe– derali » di Genova mandavano al confino, e che appariva ai nostri giovani anni uno di qnei 0 giornalisti di cultura che non avrebbero piegato il capo. Ansaldo tuttavia ha poi tenuto altra via, e va detto ad onore di Paolo Rossi, che egli invece non è mai Venuto n1eno alla sua tradizione gio– vanile, al suo socialismo da giovane conservato,·e, alla civiltà del tratto, alla passione ciel penalista. Ora per-ò le cose si fanno più serie. Paolo Rossi è l'autore dell'inutile e illiberale progetto contro i fumetti, e passi. M-a alla Mi– nerva ci sono compiti più impol'tanti: la scuola è giunta a un segno, oltre il quale il p·aese .ha ben diritto di perdére in essa fiducia e stima. Si tratta di ,·invigorirla, il che, per un ministro dell'Istruzione, incomincia dal sostenere i pro- . fessori dinanzi alla pubblica opinione, e dal venire incontro ai loro più immediati bisogni di uomini, prima ancora che di studiosi. Ci ha pensato Paolo Rossi? Vogliamo bene sperare di sì, e lo attendiamo a questa prova. Ce n'è un'altra, che sarebbe degna di lui: la ricostn,zione di car- 1'iera dei perseguitati politici e razziali. Ce n'è una terza, una legge dell'esame cli Stato. S'intende che queste considerazioni sugli uomini sono, purtroppo, marginali. Il vizio del governo Segni resta, è quello di essere più quadripartito che mai, e nulla ci pos– sono fare le buone a.rti del ministro dell'Istruzione, o le fermezze di quello dell'Industria. Ma insomma, meglio che niente ... ALADINO DIRETTORE gato internazionalmente, poi, a grandi movimenti storici, ha una coscienza ben più salda delle sue possibilità, delle sue responsabilità. Spregiudicatezza, atteggiamento cri– tico, una più moderna sensibilità fanno di Unità Popo– lare un movimento più aderente all'attualità, più aperto e più sensibile· ai problemi vivi dell'oggi; però, mentre .con ciò si acquista le simpatie degli ambienti giovanili e degli strati intellettualmente più qualificati, insieme si stacca da.i più larghi settori popolari ove 9peranti e vivi restano ancor sempre tradizione e mito. Ma veniamo ad un esame di funzioni più propria– mente politiche; esame che anche qui non si può fare se non in relazione ad òggettive s_ituazioni e che io re– stringerò, per brevità, a poche e _particolari considerazioni. La situazione internazionale ·non consente soluzioni ri– voluzionarie ai problemi di casa nostra; al tempo stesso, nel clima che si va creando se nqn proprio cli pace e di distensione almeno di speranza di pace e di distensione, concretamente ci si ripresenta la prospettiv_a e insieme la necessità di una trasformazione democratica (ma sem– pre rivoluzionaria, sempre in rottura col passato) della nostra società. Trasformazione che si tradurrebbe, sul piano europeo, in un rafforzamento dell'equidistanza, in un .consolidamento delle possibilità di pace e di coesi– stenza, in un contributo al peso che un'Eu l'Opa vera– mente arbitra di se stessa potrebbe assumere sul piano internazionale. Nel periodo della guerra di Corea i paesi del Patto Atlantico si consideravano condannati o, almeno, si pre– sentavano condannati a segl:lire dociln1ente, passi,·amente, «fatalmente», il loro grande alleato d'oltre oceano; alla rassegnazione, alla «fatalità» della guerra s'accompa– gnava, o pareva accompagnarsi, la rassegnazione alla im– possibilità di far qualcosa, la rassegnazione all'impossi– bilità di una mediazione fra i due blòcchi. E tuttavia se la guerra di Corea non degenerò in conllitto con la Cina comunista· e, quindi, in conflitto mondiale, lo si deve proprio all'Europa. Il richiamo del generale Ma.e Arthur, gesto che allora salvò la pace, fu determinato - è noto - da allarmi e da pressioni non proprio americane. Più recentemente la politica «dinamica» della nuova ammi– nistrazione repubblicana al contatto delle opposte sponde dell'Atlantico subiva le sue buone smorzature. La caduta della CED e l'armistizio in Indocina son da segna,·e quali v·ittorie autentiche dell'Europa. La trasformazione democratica, cui accennavo, della nostra società, si tradurrebbe, snl piano europeo, in .un apporto e in una garanzia- di pace proprio perché, inse– rendo nel processo le masse popolari, verrebbe a far va– lere e a far pesare, direttamente e consapevolmente, sul pia.no politico, la loro volontà cli pace e di progresso. Con ciò, per altra via e implicitamente, vengo a riaffermare l'impossibilità di una evo! uziono demoèratica ciel nostro paese senza il concorso e la partecipazione delle classi lavoratrici. Partecipazione che mediatamente, sul piano politico, si esprime e si realizza con la partecip~zione dei p;i,rtiti di sinistra. Ora il PSI al congresso cli Torino non ha indicato forse proprio questa strada? E con ciò non testimonia forse vitalità e intelligenza della obbiettiva realtà, checché per alti-i versi se ne possa dire? Nino Isaia del PSI di Torino

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