Nuova Repubblica - anno III - n. 9 - 8 maggio 1955

nuova repubblica 7 LUCI DELLA RIBAL-TA /-LJ ! .., ~~~--J. ò-): l~ ~ Non compromettiamoci con gli applausi: forse provano gli strumenti (Dis. di Dino Boschi) FESTIVAt DEL TEATRO A BOLOGNA VECCHIO E N·uovo I L FESTIVAL BOLOGNESE della prosa che si svolge annualmente al Teatro Comunale, sorto con l'inten– dimento di operare una 1·assegna dell'attività dei Pic– coli Teatri e dei Teatri Stabili, l'anno scorso, forse per nPecssità di completare il numero degli spettacoli, aveva aecnlto una serie cli recite da parte di compagnie cosid– rk!I~ di giro, con risultati tutt'altro che soddisfacenti, Ql!est'anno il carattere di rassegna dei Teatri Stabili è st•to garantito dagli organizzatori con la presentazione di una serie di spettacoli di notevole livello. Il pubblico bolo– grwse ha così potnto rendersi conto della situazione gene– rale del teatro italiano attraverso alcuni dei suoi più inte– res.santi risultati. E, a manifestazione conclusa, si può af– fcnnai:e senza timore che il teatro italiano può benissimo n:,~r~ere il confronto con il teatro europeo, almeno per al– cuni dei suoi spettacoli più validi. llisogna quindi valutare positivamente l'impegno di Cf> \e messe in scena e la ricchezza di certe presentazio.ni clt~ garantiscono all'Italia una materia teatrale di prima q110.lità. Quello che ha sorpreso e forse stancato il pnb– bìico è stata un'insistita simpatia dei registi per le riesu– rner.ioni (pensiamo a « Come le foglie,. o a « La moglie idPale >), anche con f'intenziGne evidentissin,a di rico– st" ,irn. nn preciso momento di costume. A parte il .giudizio pc ,·ticolare, positivo o negativo, sugli spettacoli - assai di orso, per esempio, per i due del Teatro dalia Città di Cen,wa, « II Volpone» e « L'amo di Fenisa » - il fatto che tutti i maggiori Teatri Stabili d'Italia abbiano dato un la,·ghissimo posto.· alle riesun1azioni, magari in pl'irna a.-.;c.:~1futa, non può non essere il sintomo di una situazione; ~(i è sign.ificante che l'unica vera compagnia di giro, quella di Eduardo de Filippo, abbia invece presentato, su due sp•-<tacoli, nna 1;1ovità. Non voglian10 riaprire il discorso Sii la sorte delle commedie nnove e degli' autori non 1•ap– p1 e ;entati, ma sottolineare soltanto che le grandi compa– gnie co11centrnno tutti i loro sforzi sulla presentazio11e al puhblico di opere già affidate all'interesse particolare del testo. Anche se i criteri sono diversi oggi da quelli degli ultimi grandi attori nella scelta di opere cli fama consa– crata, resta il fatto che il teatro attuale non sollecita gli interessi del pubblico pcrchè non ne rappresenta i bisogni, 110n ne Crrtica il costun1e, non dice insomma le sue esi– genze più vitali. Una nota a parte merita tutta'<"ia lo spet– tncolo del Piccolo di Milano che ci ha offerto un Goldoni pa,-ticolarmento raffinato e vigoroso: l'attenzione al testo goldoniano non ha impedito una realizzazione scenica a volte di squisito esercizio e a volte con resa poetica assai alta. La trilogia della villeggiatura è stata riproposta al pubblico attraverso una mediazione culturale che ha inter– pretato il testo perfino nei modi di un realismo psicolo– gico e di costume, di moderna sensibilità. Per Shakespeare, ormai ia tradizione recente ci ha abituati ad un coraggio spettacolare che supplisce spesso l'approfondimento poe– tico; e abbiamo avuto anche quest'anno il godimento di un gioco teatrale amplificato su tutti i toni e le risorse di esteriore drammaticità che il testo può suggerire, Ma, ripetiamo, l'unico spettacolo d'i•1•~resse immediato per il pubblico è stato « Mia lamjglia » di Eduardo, com- media piena cli errori e di deformazioni e salvata soltanto da un'arte interpretativa di altissim'l semplicità e uma– nità, nella quale comunque il pubblico ha sentito il respiro d'una vita uguale alla sua, L 'ALTRA ~OVITA' è stata « Anche le donne hanno perso la guerra > di Curzio Malaparte, Qni le inten– zioni pacifiste dell'aut01·e sono state deviate necessaria– mente in polemica dal cattivo gusto di far riferimento ad un paese occupato e ad un esercito occupante specificata– mente --inclicati. In una città politicamente attenta come Bologna la cosa non poteva essere accettata., ·ed i contrasti tra gli obiettori intenzionali ed un pubblico che si com– piaceva di far passal'e per amore dell'ordine il suo con– senso per le tesi dell'antol'e,. sono sfociati in nn intervento clamoroso della Forza Pubhlica, evidentemente all'erta, e in un arresto in sala con amn1anetta111ento: una singolare battaglia, ma non una battaglia artistica. Conviene infine aggiungere che Bologna è stata scelta per la presentazione in prima assoluta di uno spettacolo commemorativo della Resistenza « Europa all'alba> per la l'egìa di Vito Pandolfi; nella quale l'abilità nella scelta dei testi e della messa in scena, nonchè lo slancio degl'inter– preti, hanno évitato ogni eccesso di retorica commemora– tiva. Si trattava, com'è noto, di creare uno spettacolo tea– trale traendo i dialoghi eia scritti, sopl'attutto lettere, dei martiri della Resistenza europea, L'equilibrio e la luce di• amore che ha pervaso l'intelligenza dei realizzatori, hanno garantito all'opera una sua serena autonomja artistica, Gli ocganizzatori intendevano coronare con ciò l'inte,:a ma– nifestazione, ma il pubblico ciel Festival non fa purtroppo eccezione fra quelli di alcuni altri grandi teatri italiani quanto a presunzione intellettualistica, e ha ignorato tran– quillamente lo spettacolo di Pandol/l, ITALO JIIALAVASI ~ ' .r~~ ..-~- ~~! ✓-~ CI·NEMA Scuola elementare I N Scuola elementare di Alberto Lattuada, vengono impostati due grossi problemi: quello pedagogico e quello delle condizioni economiche dei maestri in Italia, Il primo, diciamolo subito, si perde presto di vista e, tùtto sommato, non è un gran male: le teorie educative del buon maestro Trilli sono piuttosto oonf11se e, nella pratica applicazione, sembrano ridursi a qualclie paterno scappellotto e a un paio di patetiche <tirate> alla scolaresca. Il secondo, anche se non ne viene suggerita la soluzione, è im·ece affrontato con coraggio ed esposto con accenti di vel'ità. La vita sacrificata e mal retribuita de! maestro di scuola è descritta con notevole realismo e, o pare,· nostro, vi contribuisce anche la scelta di Milano N teatro della vicenda, Qui Lattnada ha avuto indubbiamente la mano folice: della città lombarda ha saputo cogliere gli aspetti più. ve– ritieri e meno convenzionali specialmente nelle seque11~<> d'apertura e in quella vigilia di Natale, così schiettamontP «.milanese> nell'improvviso trapasso dall'animazione delle vie e dei negozi '!,Ilo squallore malinconico della sera, quan– do tutti si rifugiano in casa per festeggiare la riconenza, ment,·e il povero provinciale, senza parenti nè anùci, con– suma un pasto frettoloso e solitario in un ristorante eco– ,nomico. E appunto un provinciale è il maestro Trilli, pio– vuto a Milano per una promozione e indotto dal bidello Pal'Ìde, suo conterrnneo, a deporre il fardello -di sogni e speranze per tentare la strada di più facili e lauti guadagni. Forse riuscirebbe ad acciuffare la ricchezza, che in quella città sembra alla portata di tutti, o almeno a raggiungere il benessere rappresentato da un buon impiego, se la -ceri– monia della premiazione di un ·gruppo di anziani inse– gnanti non gli facesse comprendere cbe il suo posto è dietro la catted1'8.. Possiamo sorvolare sull'episodio sentimentale, inserito probabilmente come ingrediente d'obbligo, sebbene nella figura della maestrina (l'incantevole ma inespressiva Lise Bourdin), che abbandona la scuola per l'effimero miraggio di una carriera cinematografica, si possa cogliere un sotto– fondo polenùco non disprezzabile. Rimane il mondo della scuola di fronte - in una contrapposizione talvolta mec– canica ma non priva di saporite notazioni - a quello degli affari, 11 contrasto tra i due ambienti è vigoroso ed efficace ma ci sembra che l'aura vagamente deamicisiana, nel quale il primo a tratti è avvolto, impedisca un più meditato ap- profondimento. · Il richiami;> a Do Anùcis non deve tuttavia far credere cbe il regista si sia accontentato soltanto di quadretti di genere: non mancano in Scuola elementa,·e vivaci spunti satirici e acuti toni polemici, •Anzi, in definitiva, è un film amaro e, sotto questo punto di vista, si può anche com– prendel'e perchè si limiti a mettere H dito sulla piaga senza indicare il rimedio. Così, nel finale, se lo spet– tatore rimane con il dubbio che i maestri debbano appa– garsi soltanto di nobili parole o, tutt'al più, di medaglie d'oro, è anche ve,·o che Lattuada dà qui l'ultima permei– lata al contrasto tra la grnndezza ·della missione dell'inse– gnante e le misere condizioni in cui esso si svolge, Quel– l'amarezza del resto risponde a una tendenza già notata nel Lattuaqa (con La spiaggia, ad esempio) e non capita male quando viene a far da correttivo al « socialismo » gene,·ico di questo regi~ta. La scelta, infine, di due attori di rivista come Billi e Riva comportava notevoli rischi, ma Lattuada ha volto a vantaggio del film quello che poteva essere solo un calcolo commerciale della produzione: Billi e Riva sono guidati, frenati in ogni esuberanza, valorizzati in quel che di meno caduco offre il loro gioco scenico. E le insidie ciel macchiettismo sono state in genere evitate. Le ~ . s1gnor1ne dello 04· .I_ PRIMA VISTA anche Le signorine dello 04 di Gianni A Franciolini sembrerebbe richiama,,si allo stesso in– tento del film di Lattuada, di portare cioè l'attenzione su una certa categoria e sn i suoi problemi. Ma dell'idea ini– ziale di Sergio Arnidei sospettiamo che sia rimasto ben poco. Potev.a essere, chissìi, una specie di film-inchiesta - e la spezzettatura in episodi avrnbbe allora avuto la sua giustificazione - e sì è risolto invece in un- comune, an– che se svelto e garbato, film commerciale. Non basta dav– vero un titolo per f11re un film ~ulle telefoniste: se queste simpatiche ragazze fossero state impiegate d'ufficio o com• messe di negozio, la sceneggiatura avrebbe dovuto suhir9 ben pochi 1·itoccbi. Anche qui tuttavia va notato lo sforw di mantenere il tono del film su un piano di decoro, E neppure va tra– scurata la tendenza a cercare gli spunti nella nostra vita cli tutti i giorni, Già i film di Emmer ne hanno dato qual– che saggio non spregevole e, poichè anche il pubblico sembra accettarla con piacere, non sarebbe maie appro– fondire il filone, Le signorine dello 04 avrebbe potuto dare un'altra prova della bontà della formula: peccato che il regista abbia preferito il comodo riparo del bozzettismo. Limitiamoci quindi_ a rilevare l'accurata fattura del film, a tratti anche divertente (ma ci sarebbe voluto un dialogo meno infelice) grazie a un discreto complesso di interpreti. I più giovani - la Ralli,_ la Rubini, il Risso. il Cifariello - lasciano bene sperare per l'avvenire; gli <anziani~ - come Peppino de l!ìlippo e Franca Valeri - ripetono più o meno stancamente vecchi « clichés :., . ALBERTO BLANDI

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