Nuova Repubblica - anno III - n. 3 - 10 febbraio 1955

4 MULTICOLORE S EMBRA che il problema italiano sia ridotto, con un certo dogma– tismo, ad un rinvio. Si tratta, se nulla di serio abbia a succedere prima, di aspettare a chiarire il disagio del quadripartito, che si appresta a dive– nire profondo, al di là della elezione presidenziale, che si avvererà in un giorno da determinarsi del mese dì maggio. 'Enunciato il problema in que– sto modo, esso si trasferisce nell'altro, di predisporre, per quella data, certe posizioni di forza e di alleanze, che, a maggio, consentano o la riforma di questo governo, o la formazione di uno totalmente, o parzialmente diver– so; o che confermino l'attuale dosa– tura degli ingredienti della coalizio– ne. Per i socialdemocratici, maggio non dovrebbe portare infatti sostanziali cambiamenti alla attuale piattaforma governativa, dacché essi ritengono « strutturale » la politica di « solida– rietà democratica». Per i democristia– ni, invece, il quadripartito non è un feticcio: l'on. Fanfani ha detto ad Aosta che vi sovrastano gli interessi elettorali democristiani; egli non esclu– de quindi, per maggio, ritocchi o rove– sci:imenti di rapporti con i << minori ». Queste formule non sono rigide per tutti i socialdemocratici e per tutti i democristiani. Tra questi ultimi, i rap– presentanti di « Forze sociali » indu– giano, in ottima fede, nel tentativo di appianare le difficoltà interne alla for– mula quadripartita. ·Egualmente, fra i socialdemocra– tici, c'è una sinistra giustamente im– paziente di un chiarimento, nei ri– guardi della ambiguità, non sappiamo se più di Scelba o di Fanfani, con la quale la Democrazia Cristiana, allea– ta di diritto ai partiti di centro laico, si orienta di fatto a << cacciare » voti a destra, voti che non si acquistano se non con provvedimenti di destra: sui patti agrari, ad esempio; sul tono e il modo della discriminazione anti– comunista; sulle alleanze elettorali; sul reclutamento dei notabili, e così via. E , una verità, e ne diamo atto a Missiroli che l'ha scritta senza pregiudiziali, ma purtroppo senza trar– ne le conseguenze, che se c'è in Ita– lia una destra, la sola destra seria e consapevole, questa è la Democrazia cristiana. La definizione del « Corriere della Sera » è esatta, a dispetto degli apprezzabili fermenti sociali di questo partito, che non disconoscemmo al momento del Congresso di Napoli. I termini di destra e sinistra, proviamo quasi vergogna nel ripeterlo, non han– no significati fissi né inderogabili, ma, nel nostro tempo, ne ritengono taluno che non può essere, per la sua fonda– mentale sostanzialità, contestato da nes– suno: sinistra significa in particolare instaurazione di condizioni reali di pa– rità per tutti quanti i cittadini, e formazione di organi di controllo del potere in ogni settore ed in ogni gra– do, senza formule dogmatiche si in– tende, perché, mentre in determinate esperienze politiche può apparire suf– ficiente il controllo parlamentare (In– ghilterra), in altre questo non signifi– cherebbe nulla di autentico o di ade– guato (come risulta dalla giustificata campagna dei sindacati e dei social– democratici tedeschi per la estensione della « cogestione »). C'è un terzo si– gnificato accettabile probabilmente da tutti, alla determinazione del concet– to di sinistra: un significato straordi– nariamente moderato, che solo dieci nnni fa si sarebbe, in Italia, tacciato di anacronismo, tanto pareva pacifi– co: ed è quello della « laicità », non certo intesa a limitare la espansione della libertà religiosa, ma a stabilire di fatto le condizioni per le quali la opinione dei cattolici sia esattamente alla pari di quella dei non-cattolici. Di fronte a queste definizioni che consideriamo le più generiche ed an– che le più moderate, staremmo per dire arretrate, di una « sinistra », la opinione di Missiroli, che la Demo– crazia Cristiana rappresenti la destra, è tanto ovvia, che sembrerebbe inutile farvi coro, se essa non fosse oppor– tunamente ripetuta in un momento di estrema confusione di valori e di idee. Tuttavia, il torto del· « Corriere » è di non vedere che non basta, per tem– perare questa destra, ignara (come il giornale conferma) dello sviluppo del– lo stato moderno, un compromesso ,u qualunque bau con i partiti di cen– tro laico. II missirolismo si presenta in questa fase come una difesa po– stuma, senza citazione, del degasperi– smo, ed una prosecuzione verbale, sot– to la quale sta una mesta ma inerte ripulsa del fanfanismo come volontà di monocolore. Si tratta di sapere se il « Corriere.» accetta o non accetta che, salvata l'apparenza del quadripar– tito, la Democrazia cristiana, per far onore ai suoi interessi elettorali, si comporti sin d'ora, all'interno dell'al– leanza quadripartita, come un monoco– lore, ispirato a quella destra, che il vecchio pubblicista identifica con esat– tezza di visione e di termini. , A bbiamo toccato qui il tema che ci sembra dominante della poli– tica italiana di oggi, Il monocolore si può fare in molti modi: appoggiato alla destra; calcolato su una astensio– ne parlamentare di Nenni; o, in terza e preferibile guisa, avallato da al– leati meno incomodi ed esigenti, ri– sospinti di continuo dalla irritazione alla concessione, ma intanto funziona– li per ora e oltre maggio. Un qua– dripartito che realizzi (ancora una vol– ta citiamo volentieri Missiroli) una de– mocrazia politica di destra, ed alcune concessioni sociali di sinistra, senza nulla accordare tuttavia né al controllo né alla parità delle partenze, e dissi– mula~do con più o meno pudore, ma senza sradicarlo, il clericalismo, sareb– be esattamente· quanto un calcolo ac– corto, non contestabile dal punto di vista degli « interessi elettorali della Democrazia cristiana », prescrive come la formula più indicata per attuare il fanfanismo. Nulla quindi da eccepi– re quando il segretario della DC af– ferma che non si lascerà indurre dalle punture di spillo del dottor' Tanassi a sfasciare il quadripartito; e quando, alla politica quadripartita, pone, come orizzonte, gli interessi della Democra– zia Cristiana. L'importante è però che i democratici non cattolici non si la– scino illudere dal significato di queste formule, e non credano che la bene– vola tolleranza del quadripartito sia il fine, anziché il mezzo, del fanfa– nismo. A nostro avviso, non debbono e non possono crederlo, proprio per la ra– gione che Missiroli ignora o voluta– mente tace: e cioè che il fanfanismo non vuole alcuna mediazione ideolo– gica con i partiti laici : infatti Fanfani indica come suo fine precipuo un al– tro 18 aprile, da interpretare non più come collaborazione, ma come possi– bilità di esclusione (seppure con tem– poranee concessioni di fatto) dei par– titi di centro laico. Diremo che Fan– fani sbagli nel suo calcolo? E' presto per affermarlo. A questo punto, che la crisi si di– batta ad aprile o a maggio, non fa grande differenza. Noi siamo dell'opi– nione che la Democrazia cristiana ab– bia, anzi, interesse a diluirla ben ol– tre maggio, a dare all'on. Saragat l'il– lusione che il quadripartito è ancora per un pezzo l'istituto principe della solidarietà democratica. Usciamo ora dalle formule, e guardiamo il quadri– partito com'è. L'on. Fanfani ha rivol– to ai partiti minori un invito, di per sé non meno naturale che il proposito di guadagnare voti alla democrazia cri– stiana, dovunque sia. Fate come faccio io, ha egli suggerito, e smettetela coi piagnistei. Non sapremmo disappro– vare questo invito alla virilità. Ma conviene anche esaminare donde un al– largamento di elettorato può venire a ciascuno dei partiti della coalizione di maggioranza. Per il PRI, proba– bilmente, non si pongono problemi di questo genere. In qualche caso la campagna contro il cooperativismo so– cialcomunista della Romagna potrà ri– torcersi a suo danno, per lo sdegno dei cooperatori; in altri casi, per la loro intimidazione, potrà risolversi a suo vanta1,tgio; in aggiunta, non è im- BibliotecaGino Bianco NUOVA REPUBBLICA prevedibile che i voti di qualche de– cina di giovani o di adulti della sini– stra liberale, scoraggiati dal malago– dismo e attratti dalla maggiore spre– giudicatezza critica di un La Malfa, co– stituiscano una appena apprezzabile estensione di reclutamento. Più semplice è la condizione dei democristiani e dei liberali. Il loro « reservoir » è quello costituito da monarchici e missini, non in quanto legittimisti o republichini, ma in quan– to conservatori e nazionalisti. Dell'elet– torato di questi partiti, più di metà nel caso dei monarchici, probabilmen– te un terzo in quello dei missini, non intende correre avventure: una dema– gogia « nazionale », un programma economico che non disturbi la grande industria, un programma politico-so– ciale che neghi di fatto la partecipa– zione delle classi popolari al controllo, per pura pregiudiziale anticomunista, sono sufficienti a far guadagnare alla Democrazia Cristiana un milione di voti, ai liberali qualche centinaia di migliaia. Nessun ostacolo, allora, al monocolore con appoggio liberale, e monarchico-missino, quando il potere di questi ultimi due partiti sia ridotto a troppo scarsi seggi per poter patteg– giare. Resta la socialdemocrazia. Nei pa– scoli di quale elettorato le piacerebbe recarsi a brucare? Anche ai socialde– mocratici si rivolgerà senza dubbio qualche voto dell'elettorato liberale di sinistra, destinato a disperdersi tra PRI, PSDI, e UP. Ma il luogo dove il PSDI vorrebbe attingere i suoi vo– ti, e cioè presso l'elettorato social– nenniano, gli resta interdetto, sia che Nenni accentui elettoristicamente il suo autonomismo, sia che non lo accen– tui e lasci le cose come sono. Nel secondo caso, che è quello tattica– mente più conveniente per il PSDI, il PSI serberà egualmente i suoi elet– tori, proprio per aver saputo intrat– tenere in loro una attesa e una spe– ranza, che corrispondono tristemente ed esattamente allo stato d'animo di gran parte dei lavoratori non comu– nisti italiani. In queste condizioni, quale sareb– be l'interesse del PSDI? Quello di non attendere maggio, o molto ol– tre maggio. Quanto più si avvera il raf– forzamento organizzativo della DC, quanto più si rinsalda il fanfani– smo, tanto meno sarà possibile alla socialdemocrazia dettare condizioni per la sua sopravvivenza, per una legge elettorale, per una politica di laici– tà e di controlli democratici, che le consentano di non essere a sua volta diminuita dal PSI alle prossime prove. L'on. Saragat crede alla politica o agli spilli' Lo giudicheremo dai suoi atti di questa primavera; se la fal– lirà, se a poco a poco, per non essere più depresso, sceglierà di solleticare la DC con la capocchia anziché impor– tunarla con la punta degli stecchini di Tanassi; se il PSDI proseguirà ad associarsi alla creazione di una poli– tica di discriminazione politica e di « roll-back » verso le forze sindaca– li; ebbene, in questo caso non con– terà nulla il nostro pronostico sulla ulteriore falcidia dei suoi voti: i fat– ti la imporranno da soli - i fatti che si facessero luce alla fine di mag– gio, quando si accettasse dai « laici » quello che è sin d'ora il proposito del fanfanismo: il monocolore dentro il quadripartito. CONTRO LE BIETOLE DI PARIGI ' MENDES-FRANCE « HA VINTO» Non si dirà: è caduto il riarmo tedesco. Si perchè dirà: è voleva caduto perchè voleva le riforme nel Nord-Africa. e ON 319 voti contro 273, la notte del 4- 5 febbraio, l'Assemblea Nazionale ha negato la fiducia al governo. Il governo Mendès-France è caduto. Mendès-France ha vinto. Già da tempo la caduta del gover– no francese era prevista. « Il suicidio di Meodès-France », scriveva il 23 dicembre il corrispondente parlamen– tare di France - Oburvateur a propo– sito della ratifica degli Accordi di Parigi. « Marciamo a grandi passi ver– so la Restaurazione », scriveva il 22 gennaio l'editorialista de L'Expreu. Se nei primi tempi della sua co– stituzione l'immensa maggioranza del Paese l'aveva sorretto con il suo entu– siasmo, ed aveva imposto lo stesso en– tusiasmo all'Assemblea Nazionale (tanto che il 18 giugno P.M.F. aveva ottenuto l'investitura con 419 voti fa– vorevoli e 4i contrari, e il 26 giugno per la presentazione del ministero la maggioranza era salita a 421 voti e l'opposizione era scesa a 8 voti sol– tanto), già da qualche mese in qua l'entusiasmo era alquanto scosso e la maggioranza governativa era ridotta al minimo. Il 17 dicembre, sul bilan– cio dell'Indocina, il governo Mendès– France fu messo per la prima volta in minoranza con 291 voti favorevoli e 301 contrari, e riuscl con un notevole sforzo a portarsi nella seconda vota– zione dello stesso giorno a 295 voti favorevoli e 293 contrari. Se la politica economica del go– verno ( e in particolare la lotta contro i produttori di barbabietole ed i di– stillatori d'alcool, e la progressiva li– beralizzazione degli scambi) gli ha fat– to perdere l'appoggio dell'Assemblea, la sua politica estera dopo il fallimen– to della C.E.D. gli ha fatto perdere l'appoggio del Paese. Se l'Assemblea non aveva osato sfi– dare l'impopolarità facendo cadere il governo, fin che questo poggiava sulla fiducia, o sulla speranza, delle masse; se anzi l'Assemblea aveva ritenuto di dover tollerare Mendès-France perché ricadesse su di lui, e non su un al– tro, la responsabilità del riarmo tede– sco; ora che il riarmo era passato, Lettera 22 Inautoe in treno in aereo e in albergo sulleginocchia, sultavolo d'unbar, ·esatta e leggera scriverà .lavostra corrispondenza gli appunti di viaggio i ricordi dellevacanze. olivetti ora che la ratifica· degli accordi - non preceduta né accompagnata da seri negoziati con J'U.R.S.S. il èui fal– limento avrebbe dovuto dimostrare la necessità del riarmo della Germania - aveva allontanato dal governo tan– ta parte delle masse popolari; ora che il governo si apprestava a lanciare li– beramente quell'offensiva economica per la quale l'Assemblea, nell'euforia generale, gli aveva concesso il 10 ago– sto i poteri speciali; ora che infine l'Assemblea non rischiava più l'im– popolarità, che infine non aveva più ragioni di tollerare Mendès-France, che finalmente poteva « bruciarlo» col peso del riarmo tedesco sulle spalle, il momento era giunto per la rivinci– ta dell'Assemblea Nazionale: l'e,peri– mento Mendè,-France era durato ab– bastanza, ogni ulteriore attesa sarebbe stata un errore. Mendès-France lo sapeva. Egli sa– peva che cosa significava per lui la ratifica degli accordi di Parigi. Colo– ro che gli sono vicini sanno che egli avrebbe desiderato cadere il 20 di– cembre, quando chiese la fiducia sul– la terza votazione sul bilancio del– l'Indocina, sperando che l'Assemblea gliela negasse. Ma l'Assemblea che voleva far cadere Mendès-Prance do– po il voto IIII riarmo tede,co gli ac– cordò la fiducia con 310 sl e 172 no. Col voto favorevole del 20 dicembre, l'Assemblea Nazionale condannava il governo. L'evoluzione della maggioranza e dell'opposizione nell'Assemblea Na– zionale, nella misura in cui l'Assem– blea è uno specchio sia pure defor– mante dell'opinione pubblica, era ab– bastanza indicativa fin dagli ultimi me– si della diminuita popolarità di P.M.F. La maggioranza costituzionale era (p(ima della riforma costituzionale del dicembre scorso) di 314 voti: la maggioranza governativa è sempre sta– ta al di sotto di questa cifra dopo il 9 novembre. La ratifica degli accor– di di Parigi, e, prima ancora, gli ac– cordi di Londra, hanno profondamen– te diviso quella parte dell'opinione che appoggiava il governo. Nel suo tentativo in extremiJ di creare attorno a P.M.F., a François Mauriac e ad André Malraux uno schieramento politico di sinistra libe– rale-cristiana, il settimanale L'Expreu nel suo primo numero di gennaio lan– ciava un appello all'opinione pubbli– ca, ov' era detto che, se la ratifica ave– va diviso la maggioranza « mendesi– sta », se P.M.F. era stato obbligato a fare appello « ai suoi nemici » per far passare il riarmo tedesco, ora la questione doveva considerarsi supera– ta, la maggioranza « mendesista » do– veva ricrearsi, P.M.F. doveva ritro– vare l'appoggio di quell'opinione pub– blica che l'aveva portato al governo. ·•Ma la questione non era superata : il riarmo tedesco non era stato ( e non è ancora) accettato, gli accordi di Pa– rigi non erano stati ( e non sono ancora) accolti dal Consiglio della Repubblica. E a ricordare che la questione non era superata sorj,leva, attorno al setti- '"'"' a po,. 5)

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