Nuova Repubblica - anno III - n. 2 - 25 gennaio 1955

L A Z. fu fondata intorno al 1910 dal vecchio Z., un arti– giano che forniva su ordina– zione oggetti in ferro battuto, nel clima di una piccola città artigiana e contadina come I. Bottega, lavoro sicuro, giro d'affari limitato. Prima guerra mondiale. Su un brevetto che si dice essere ame– ricano, la Z. si mette a fab– bricare valvole cave al sodio per camion e motori in genere su or– dinazione statale. Impiantare una officina è ancora cosa molto si– mile alla condizione artigianale; comunque le commesse belliche pagano bene e tutto. Finisce la guerra; il lavoro riprende più o meno nelle proporzioni di pri– ma, senza però che la nuova la– vorazione venga interrotta. Fasci– smo: otto milioni di baionette e i camion per trasportarle da qual: che parte. Perciò candele e .can– .dele-prodotto-nazionale, indipen– dentemente da quanto çiò possa costare. 1935, guerra d'Abissinia, 1936, guerra di Spagna. L'Impe– ro, il Mare Nostrum, le Quadra– te Legioni, i regni fasulli che vengono ad arricchire la corona del re piccolo. La Z. il suo posto al sole non ha bisogno di andarselo a cer– care oltremare; lo trova a casa sua, bello e comodo, con le for– .niture militari, i prezzi ministe– riali, i profitti enormi, la produ– zione garantita, la protezione dal– le agitazioni operaie. Finisce la guerra, ma sulle piaz– ze le folle oceaniche ·gridano la loro passione e strillano che vo– gliono la vita péricolosa. La Z. - modestamente in tanto àrraffa– arraffa - riceve la traduzione di patriottismi così elevati in nuove ordinazioni e commesse belliche. Passare dalla condizione di offici– na a quella di industria anche modesta richiede, nei dirigenti e nella organizzazione, una _çonsa– pevolczza e una quadratura non comuni: sono questi infatti i mo– menti delicati nella vita di un'azienda. Ma il mestiere di di– rigente - d'industria o d'altro - è tra i più semplici : basta pensare con costanza e convin– zione che gli operai sono. dei trinariciuti, che all'industriale - che infallibilmente crea il benesse– re del paese - spetta comunque un riconoscimento tangibile da parte dello stato e che quando va male la colpa è sempre dei sov– versivi. Il fascismo ha creato a centinaia questi irresponsabili bo– riosi e gatés che. hanno poi tran– quillamente continuato a reggere le sorti dell'economia italiana. LeBmblZIDDI SbBUIIBte L A guerra. La modesta officina . del vecchio Z. è ben lontana nel passato; davanti stanno destini non meno radiosi di quelli imperia– li dell'Italia fas~ista. 1943: i diJ?en– dent1 sono g1a 1500, la ·produ– zione tocca il vertice. E se, con 1'8 settembre, si sentirà una scos– SJI, sarà -sufficiente iscriversi al fa– scio repubblichino per rice.vere le commesse dalle fabbriche tedesche ed essere dichiarati sotto la pro– tezione del grande Reich. Ma, ahimé, il depositario di tanti sogni e tante speranze fini– sce a piazzale Loreto. I fratelli Z. finiscono in prigione e i loro beni sono coiifisèafi:ìl ·consiglio· di ge:· stione sotto il controllo commissa– riale, assume la direzione deUa fabbrica e trova dopb tanta greppia, una cassa di circa un ·milione, un discreto magazzi(lo _mat~ial_i e UQ_ NUOVA flEPUBBLICA Il <<loro>> parassitismo habisogno diintrighi e disituazioni eccezionali STORIA ESEJ !IPLA.RE di una fabbrica migliaio di operai che si chiedono cosa fare. La saggezza dei padroni non aveva infatti lasciato loro al– cun piano di riconversione per una produzione di pace. Patrioti di provata fede, la mag– gior parte degli industriali ita– liani, si sono infatti sempre. ben guardati dal supporre che alla guerra potesse succedere la pace e ancor meno dal pensare che, in questa eventualità, si sarebbe potuto ricorrere al loro cervello per escogitare sistemi e produzio– ni e sbocchi di vendita diversi dai soliti. Enfants gatés fino in fon– do, hanno - nei casi migliori - condotto un abile doppio gio– co ma sempre nella· ferma con– vinzione che qualsiasi .governo si sarebbe ben guardato dal discutere le loro prerogative. Hanno avu– "to ragione. Uno stabilimento attrezzato per la produzione di valvole e can– dele difficilmente può mettersi, dall'oggi al do- tamente; la produzione non basta a coprire la capacità della fabbri– ca, le spese generali sono enormi, una buona parte degli operai è comunque inattiva. Bisogna sfol– tire. Con il sistema dei licenzia– menti con premio, si scende a 700 operai; ancora troppi. Quante volte l'abbiamo sentita - e la sentiamo - questa storia? Siete in troppi, andatevene, permetteteci di prendere fiato, dopo tornerete. I rldlmens1on~meot1 lii A quel periodo rimane nella 111 storia come quello in cui tut– ta la classe dirigente dimostrò la sua incapacità, la sua noh-volon– tà di risolvere effettivamente un problema sul quale verteva tutta la ricostruzione - una ricostru– zione che andasse a beneficio di tutti e non soltanto di alcune ca– tegorie come è stato fatto. Si do- sa che gli operai chiedono il loro ritorno. Il Consiglio di Gestio– ne si dimette in blocco ed esco– no dalla fabbrica i tecnici e i di– rigenti minori che ne costituivano l'ossatura. tome prlmn C ON il ritorno degli Z. le ban– che aprono le casse; .i salari corrono, per alcuni mesi. I con– tratti di lavoro rimangono però più o meno quelli procurati dal Cunsiglio di Gestione ed anche il tentativo di produzione di un bloc– co motore senza valvole fallisce. Pare che questa fosse la famosa chiave. Dimostratasi inservibile, si dovrebbe rinsavire, abbandonare i sogni, vedere di restringersi. Gli Z. invece inseguono ancora l'am– bizione di una grande fabbrica : assumono nuovo personale, nel– l'intento di rinnovarlo tutto e non si impressionano affatto che i sa- lari ricomincino mani, a pro– durre altre cose. Il Consiglio di Gestione _s'arra– battò, tentò la produzione di ferramenta, cer– cò finanziamen– ti, studiò il mo– do di ottenere ordinazioni. Il salario non ve– niva corrisposto c h e saltuaria– mente; gli ope– i=,,==IIIIIIIIIIIIIIIIIHIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII i Si è parlato in questi ultimi mesi di una fabbrica - la Z. - che è stata teatro di un'occupazione operaia e di una vicenda mai chiarita completamente, nemmeno dai giornali cli sinistra. Eppure i racconti degli operai tracciano una storia breve ma estremamente indicativa cli tutto un periodo; una storia che investe il padronato e anche lo stesso sindacalismo italiano; ima storia che spiega molte delle cause dell'involuzione politica nella quale ci stiamo dibattendo. a sbagliare gli appuntamenti. Arrivano in compenso g I i aiuti ERP, sotto forma di mac- ;il111111111111111111111111111111111111111111'11111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111 rai scesero in sciopero. I Slndntnll E' RA il momento di tentare, da parte sindacale, un esperimen– to che veramente incamminas– se gli operai alla gestione socia– lizz_ata dell'azienda. Il Consiglio di Gestione doveva essere sorret– to in ogni modo, qui come altro– ve, dovunque la carenza padrona– le permettesse subito di gettare alcuni esempi e di farsi le prime esperienze. Si doveva, se neces– sario, ricorrere a forme di soli– darietà tali da impegnare altre industrie a fornire ordinazioni e lavoro ai compagni della Z. La solidarietà invece si mani festa con collette e invio di somme natu– ralmente ins~fficienti sia a pagare i salari sia ad alimentare la produ– zione. Il sindacato - uno e trino sin da allora --: non ha tempo per queste cose e i partiti anche me– no; bisogna. pensare alla conqui– sta del potere, bisogna dimostrare che non esista· altra possibilità che questa, p_erla massa operaia. Dopo si risolverà ~tto, ma per ora poli– tique d' abord. Il dopo lo stiamo -arièorà aspetfando. La Guzzi, nel 1946, invia fi. nalmente una ordinazione di can– dele; si ottiene un credito da una banca e si distribuiscono i salari. . Ma i _soldi se ne vanno __ immedia,- veva ridimensionare e ripulire un terreno ingombro di erbacce pa– rassite, cominciando dalle grandi ed inutili industrie che avevano lavorato soltanto per la guerra; si doveva pianificare, si doveva creare un mercato interno mai esi– stito malgrado l'autarchia e la sua propaganda, come premessa per il rifiorire delle industrie medie e piccole ancora in condizione di riprendersi da sole. Ma allora co– me oggi - con la çomplicità de– magogica di sindacati e di par– titi chiusi nella volontà di far tutto crollare rapidamente - la sola soluzione parve quella delle sovvenzioni e, quando queste non bastarono più, dei licenziamenti e dei salvataggi operati sulla pelle degli operai. Tutta l'eredità del passato fu mantenuta puntando gli uni sulla guerra fredda e le com– messe americane, gli altri sulla guerra fredda e sul disf11cimento delle. vacillanti impalcature poli– tiche italiane. Il risultato, alla Z. - come in tutta Italia - era logico : la vecchia dirigenza po– litica ed economica, temporanea– mente minacciata ma mai vera– mente eliminata, si rinsedia, nel quadro di una involuzione tale da far riparlare di fascismo. Amnistia Togliatti. Gli Z. sono assolti in Cassazione e fanno sa– pere che hanno la chiave per h soluzione del problema. La s\tl;la– zion~ è d'altra parte. così disas_tro, I chinari Chi li nuovi. abbia c o n c e s s i, su quali basi, se– condo qua I i progetti, non si sa. Ma quante industrie italia– ne hanno godu– to di questi a1ut1, alla chetichella? Nel 1952, finalmente, tt1tto pare giustificarsi in una trovata : la Z. fabbricherà un nuovo tipo di velo– motore - il P. - che assicurerà quei profitti che le lavorazioni in conto terzi non potevano garan– tire. · Bisogna fare grossi debiti. Si lancia un prestito obbligazionario al 7% che, pare, non frutta mol– to. In compenso gli operai che entrano per fresca assunzione sot– toscriveranno. - di propria ini– ziativa, naturalmente. Tra il 1949 e il 1951 i licenziamenti si era– no succeduti - con una coeren– za davvero impressionante; viste le premesse; ma ora si riaprono le porte non si sa bene se a nuo– va manodopera _o a nuovi fondi. PfOUID di prima A NCHE in questo caso ci si tro– va di fronte ad un passaggio estremamente delicato della vita aziendale. Tra una fabbrica che produce candele e valvole per con– to di terzi_e una che produca mac– chine complete, in un mercato fortemente concorrenziale come quello dei motoscooters e dei ci– clomotori, passa un'enorme diffe– renza. -Non si tratta soltanto di una nuova organizzazione della produzion.e, che va dalla proget– tazione sirio al feparto esperimen- Biblioteca Gino Bianco 3 ti e a quello di controllo; occor– re ora tutta un'organizzazione com– merciale che non può limitarsi alla ricerca d i ordinazioni, ma deve studiarsi i l mercato, cercarselo, con– quistarselo . Non p are che questi pensieri abbiano e ccessivamente distu_rbato la vita dei fratelli Z. Il ciclomo– tore si doveva fare e si fece e venne distribuito a concessionari che si sarebbero incaricati loro di venderlo. Ma le catene non ten– gono, il motore è troppo rumoro– so e funziona male, gli ingranag– gi hanno limiti di tolleranza ine– satti, i concessionari reclamano specialisti per le riparazioni più urgenti, il prezzo - probabilmen– te anche per le alte percentuali ai rivenditori che rappresentano sempre lo scotto, in questi casi - è troppo alto. I ciclomotori ri– cominciano a tornare indietro e bisogna modificare a destra e a sinistra, progett_i, organizzazione,· produzione. I profitti sperati tardano a ve– nire; i salari da tempo sono pa– gati con anticipi in ragione di 1000-1500 lire per settimana, i debiti si accwnulano, la fabbrica è comunque sproporzionata alla produzione e le spese generali so– no soffocanti. Comincia così la ridicola poli– tica degli scambi in natura. Gli operai sono già stati « cointeres– sati » all'andamento aziendale - chiarissimo esempio, se ne occor– reva uno, di che cosa significhi– no in realtà le teorie sulla parte– cipazione operaia su modello ca– pitalistico. Parecchi sono i casi di lavoratori che si sono venduti il pezzo di terra o la casetta per com– prarsi le cartelle obbligazionarie e l'impiego. Ora la direzione pro– pone che essi si rivolgano quando abbiano bisogno di un ferro da stiro, di una radio, di elettrodomestici ed altro, ma non di roba da mangiare o di vestiti - al negozio tale o tal' altro_ che volturerà il debito alla ditta. Even– tualmente gli operai possono ac– quistarsi un ciclomotore a prezzo di costo, per portarsi a spasso più comodamente la loro miseria. tbl PBUB L A mensa è cessata da un pez– zo; due case popolari costrui– te per i dipendenti in altri tem– pi, sono vendute. Si vende anche del macchinario ( quello ERP gra– ziosamente concesso sul denaro pubblico?); ma le cose rotolano lo stesso. IRI e FIM non inter– vengono; che ci possono fare? E tutto ricade sulle spalle degli ope– rai, colpevoli di avere persino ver– sato i loro risparmi perché l'azien– da tirasse avanti. Infine, nell'autunno 1954, la si– tuazione è tale che lo sciopero con occupazione viene dichiarato. C'è da chiedersi che cdsa attendesse– ro le organizzazioni sindacali che da anni conoscevano la situazio– ne; che cosa facevano le rappre– sentanze operaie all'interno e per– ché sia stato permesso che dei di– pendenti potessero impunemente essere depredati dei loro gruzzoli. Ma frattanto gli operai hanno ver– sato tra i 50 e i 70 milioni di lire e hanno un credito, in salari arretrati, di circa 40 milioni di lire. E si tratta ormai soltanto di 200/300 persone, ché questo è quanto rimane di tutte le ambizio– ni padronali. Uno sciopero con (seg1tc a pag. 5)

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