Nuova Repubblica - anno II - n. 20 - 25 ottobre 1954

2 in questo settore e non faranno mai nulla, pur essendo perfettamente consapevoli che lo stato italiano, di modello umbertino-[ascista, non può risolvere compiutamente t problemi odierni nei vari settori della vita pubblica. Ma il sistema poliziesco e incostituzionale dei pre– fetti, questori, segretari comuna– li, dei regolamenti di polizia e , del codice di procedura penale è tutt'uno con la pigra b·urocrazia protocollare ed archivista, giuri• dica e non economica, pletorica invecchiata ·e inetta. Se si tocca l'apparato dei settori tecnici ed economici, l'estensione a quelli po• litici è inevitabile: « si11111l stabrmt et simul cade11t ». Meglio lasciare le cose come stanno pur di non pregiudicare lo strumento che do– vrà servire a realizzare il potere quando alla camera e al senato siederanno maggioranze assolute di cattolici. E poi perché intrapren– dere azioni d1e, pregiudicando ine• vitabilmente piccoli ma diffusi in• teressi, alienerebbero le simpatie e , i voti di tanti modesti buro– crati? I suffragi di questi ultimi sono, nei piani cattolici, altrettan• to necessari dei milioni e della stampa confindustriale: come è stato facilè l'accordo con i grandi baroni del monopolio, altrettanto è possibile trattare con i modesti sta· tali, scambiando posti e salari con Yoti e fedeltà. Il supremo vertice della mano• vra cattolica resta sempre il gioco sulla legge elettorale. Alla fine del 1952 un altissimo esponente del– !' organizzazione democristiana ri• ferì a un convegno segreto di pro• pagandisti cattolici· gli obbiettivi fissati dal partito per le elezioni generali ormai imminenti. Parlò d1iaro. Il sistema dell'apparenta• mento rendeva la D.C. sicura di conquistare la maggioranza asso– luta : il grande gioco stava per chiudersi. Per disgrazia. del rela– tore vi fu nella platea chi riportò le sue parole ad orecchie capaci di valutare il pericolo e, per di– sgrazia ancora maggiore, il sette giugno 1953 il popolo italiano mandò in frantumi quegli ambi– ziosi propositi. Ma se hanno per– duto una battaglia i cattolici sono ben lungi dal dichiararsi sconfitti definitivamente : devono tentare an– cora, in caso contrario sono spac• ciati. Seguitano perciò a girare in– torno alle leggi elettorali: Fan• fani in gennaio cadde per non aver risposto in maniera netta ai laici, i quali si did1iararono disposti" ad and!3-real governo in cambio della proporzionale. Scelba fu più scal• tra, promise e non promise, si im– pegnò genericamente ma non as• spnse alcun obbligo preciso. I lai– ci credettero alle sue•parole ed ora si trovano davanti un progetto di legge elettorale in cui i demo• cristiani sono rimasti fermi ai due princìpi che rendevano inaccetta· bile la legge del '48: le circoscri• zioni ristrette e la lista .nazionale NUOVA REPUBBLICA congegnata m modo da garantirf' alla D.C. e al P.C.I. un cospicuo premio di maggioranza. Può darsi che, per timore del peggio, i lai– ci debbano subire la nuova legge elettorale; è certo però che i catto• lici li hanno giocati nuovamente. L'ASSASSINO DITROT I laici hanno l'abbi igo politi• co di guadagnare voti per evitare maggioranze assolute di chiunque: per ottenere questo il comportarsi da « dei:nocristiani di complemen– to » è del tutto controproducente. I laici atterrano voti solo se sa• pranno distinguersi dai cattolici, impegnandosi fin d'ora in una lotta le posizioni de!Ja quale non si trovano sui ·banchi del governo ma nel Parlamento e in piazza. Chi spera ancora di portare alla demo– crazia senza aggettivi l'anima cat· tolica è un illuso : dato e non con• cesso che tale proposito fosse rea– lizzabile occorrerebbero forze assai più massicce di quante non ne di– spongano oggi i laici. Ai laici occorre una buona Cli· ra di opposizione, da proseguire magari per anni, con animo infles· sibik; al loro modo di vivere, di' concepire i rapporti umani, di fis– sare un limite fra autorità statale e libertà individuale, i cattolici non si piegheranno se non costretti. Giorni addietro un caso fortut– to mi obbligò ad accompagnarmi ad un prete per un breve tratto di strada. Mentre camminavamo ci incontrammo con due giovani stranieri, un ragazzo e una giovi– netta, capitati a Firenze in gita di piacere. Erano entrambi su una macchina minuscola, fermi per un guasto che tutti e due riparavano ridendo ad alta voce. Il prete ral– lentò i I passo esclamando : « E inutile, il mondo' moderno non è nostro, è stato costruito senza di noi e contro di noi ». Lo spetta– colo di quella coppia, fidilciosa, libera e felice, era il simbolo di un mondo contro il quale lo spiri– to medievale non aveva più molto da dire. I'AOLO PA\'OLINI E RA d'una generazione as• sai lontana da noi : ma aveva conservato, ancora nei tardi anni, un certo spiri– to garibaldino, un linguaggio caustico e penetrante, un amo– re senza equivoci per la liber• tà, che ne facevano un liberta• rio ancor prima che un socia– lista. Ricordo che uno dei pri– mi incontri con lui lo ebbi du· rante una delle tante crisi di scissione del socialismo demo· cratico. « Sono tutti beccamor• ti » mi disse dei papaveri della socialdemocrazia nostrana. Cosl egli, che.socialista e democrati– co era sul serio, non si piegò al– la maggioritaria: aveva già .ab– bandonato il P.S.D.I. e rischiò senza esitare la sua posizione di senatore, schierandosi subito con noi. Il primo comizio di Autonomia. Socialista a Milano lo vide sul palcoscenico: e non furon le cose che disse, ma la sua presenza stessa, a significare una continuità ideale, alla quafr non vuol lasciare la N ON esiste un solo assassino dei nostri tempi intorno al quale si siano intessute fantasie e leggen– de quante intorno all'assassino cli Trotsky. La stessa personalità della vittima, il fatto straordinario che dopo 15 an• ni l'assassino mantenga ancora il se– greto della sua identità, hanno fatto cli lui un personaggio singolare. Non bisogna dunque meravigl.iarsi se cronist~ e giornalisti in mancanza di notizie autentiche pubblichino su Jackson Mornard una quantità di fan• tasticherie. Sono arrivati anche a di– re che aveva chiesto la libertà, in base alla legge messicana. Un'inchiesta fat– ta dall'autore di questo articolo pres• so le autorità messicane della « Sicurez. za sociale» (il Dipartimento da cui dipendono i condannati) permette di stabilire i fatti nel modo seguente: 1) Mornard fu condannato a 19 anni e 6 mesi di prigione nel 1940. 2) Secondo la legge messicana, ogni condannato che tenga una buo• na condotta in prigione ha diritto a chiedere la « libertà preparatoria » al• lo scadere dei due terzi della pena. Se le autodlà della « Sicurezza sociale » non lo considerano pericoloso per la società, egli può ottenere la libertà ma deve presentare Ja cauzio[!C di una persona solvibile, che si renda respon• sabile della sua buona condotta e ga• rantisca che non lascerà il paese. Tut• te le settimane inoltre egli dovrà pre• sc:ntarsi all.i. SlCurezza sociale» per la firma, e per rendere conto dei suoi mezzi di esistenza. 3) Mornard, a decorrere dal .di• cembre 1953, ha il diritto di chiedere la « libertà preparatoria ». Egli ha CO· minciato le pratiche, ma dopo due settimane ha abbandonato ogni azione tendente a ottenere la libertà. Aveva delle possibilità eccellenti, ha anche ottenuto un premio dal Ministero del– l'Educazione perché nel 1943 ha inse• gnato a leggere e a scrivere al maggior numero di adulti (tutti i suoi allievi erano evidentemente dei detenuti). Ma nel frattempo il suo permesso di sog• giorno nel Messico, concessogli nel 1940 per sei mesi, come turista, è abbiamo sempre cercato di man• tenerci fedeli. Questa continuità era fatta, soprattutto, di straordinaria di- Ricordando F. ZANARDI dittura morale, di senso con– creto dell'amministrazione pub– blica, di dedizione assoluta alla causa della povertà, senza alcun «atteggiamento» né di carità né di paternalismo. Aveva sem– pre dato tutto il suo agli altri; era vissuto in una certosina modestia; non esprimeva ecce– zionale vivacità di cultura o di ingegno. Il suo genio era sta• to quello dell'amministrazione minuta ed integra delle cose di tutti, delle cose del popolo: sindaco di Bologna durante la guerra del 1915-18, aveva com• piuto uno sforzo gigantesco per dare pane, ospedali, bibliote• scaduto. Legalmente, non appena egli uscirà di prigione, dovrà essere depor– tato, in quanto si trova nel Messico illegalmente. Ma venendo deportato, egli si sottrarrà automaticamente alla giustizia messicana e non potrà presen– tarsi ogni settimana alla « Sicurezza so– ciale». E questo un impedimento, giuridi– camente insolubile, al riacquisto della libertà eia parte cli Mornarcl. D'altra parte, da 10 anni il suo processo pende in appello davanti all'Alta Corte: egli ricorse non colla speranza di avere una diminuzione della pena, ma per re• stare sotto la giurisdizior_ie cli un'auto• rità giudiziaria e impedire in tal mo– do d'essere trasferito alle Isole Maries, il penitemiario messicano del Pacifico, dove egli, per la sua condanna, do– vrebbe trovarsi; il giorno in cui desi– stesse da questo ricorso, sarebbe tra• sferito alle Isole M,ries, e fintanto che il ricorso è in atto egli non può ot• tenere la « libertà preparatoria». Ci sono solamente due libri seri sul– l'assassinio di Trotsky; quello di Julian Gorkin e del generale Sanchez Sala· zar, e quello (non ancora pubblicato) del dottore Alfonso Quiroz Cuaron, lo psichiatra messicano chiamato a giu– dicare sullo stato di sanit_à mentale del Mornard. Il primo libro prospettava gi:ì la ipotesi che Mornard fosse uno spagnolo, figlio della « leader » comu• nista catalana Caridad Mercader; il secondo libro conferma questa ipotesi riproducendo le impronte dattilosco• picl:le di Morn,rd nel 1940 e di Ramon del Rio Mercader, giovane comunista catalano arrestato a Barcellona per riu• nione clandestina nel 1935. Le.due im• pronte sono identiche, e questo è con– fermato dagli esperti. Il libro; del medico messicano chia– risce inoltre alcuni aspetti interessan– ti della personalità dell'assassino. In– dica l'esistenza di un complesso di Edipo, di una irritabilità patologica, unita ad una intelligenza mediocre e a una straordinacia capacità di consi– derare realtà i desideri più assurdi. Questo aiuta a comprendere l'anor– male tenacia di Mornard a nascondere la sua vera identità, e spiega la vicen– da di questo ragazzo, ferito durante che al suo popolo: e il popolo l'aveva ricambiato col nomigno– lo di « sindaco del pane ». Que• ste erano le cose che continuava a sentire: nemico giurato dei «discorsi», delle frasi ad ef. fetto, del socialismo bandito dai trafficanti, dava giudizi sem– plici ed immediati, e non attri– buiva ai partiti se non il limi• tata ruolo di macchine per sod– disfare ambizioni. Questo spie– ga anche la totale assenza di preoccupazioni, da parte sua, di « compromettersi » nel prende– re via via delle posizioni : era un galantuomo e un ammini– stratore, più che un politico. Della sua vita dolorosa, che vide la fine tragica dell'unico figlio, Libero, e del fratello · Giulio, l'uno e l'altro uccisi dal fàscismo, altri parlerà più am– piamente su queste colonne. Ma valga intanto questo saluto ad esprimere il compianto di tutti i compagni. T. t. • • pr1g1one la guerra di Spagna e inviato àalla ma• dre a Mosca dove ebbe un addestra• mento speciale per divenire un agen• e della N.K.V.D. - e fo~di già per divenire l"assassino di Trotsky. Questo spiega anche la sottomissione di Mornard agli ordini della N.K.V.D. finché sua madre era a Mosca, e la sua silenziosa rivolta (poiché egli ri– mane un buon staliniano) dacché sua madre non. è più un ostaggio, poiché essa vive attualmente a Parigi, con Ja figlia, sposata a un dirigente comuni– sta di secondo piano. Questo atteggiamento è interessan– te perché illumina le caratteristiche psicologiche dell'agente esecutore del XX secolo, assai diverso eia quello di epoche passate. Ma esso ci aiuta an• che a comprendere perché Mornard non vog~ia, realmente, uscire di prigione. Egli gode in prigione di una posi– zione privilegiata; essendo un bravo meccanico elettricista, ha una piccola officina d'apparecchi radio che gli for– nisce il denaro necessario per pagarsi tutte le comodità possibili in una pri• gione; riceve le visite di una com– pagna - un·irlfermiera, apparentemen– te non politica, che egli ha conosciu• to in prigione. E, soprattutto, in prigione egli è al sicuro. Non sarebbé difficile trovare tra i detenuti qualcuno che per de• naro lo uccidesse. Ma sarebbe im• possibile, in un mondo chiuso quale una prigione di 4.000 detenuti, he la polizia non arrivasse a ~coprire l'iden– tità di coloro che eventualmente pa• gassero il delitto. E questa, giustamen• te, la migliore, la sola protezione di Mornard. Questa protezione non ci sarebbe più se egli venisse trasfe– rito alle Isole Maries, dove degli agen• ti potrebbero arrivare e ripartire segre• tamente senza·essere visti dopo aver uc– ciso Mornard, e dove, inoltre, S3reb– be facile organizzare un attentato. E questa senza dubbio la ragione per cui egli temeva tanto un trasferimento alle Isole, dove pure la vita è più comoda e più libera che in una prigione. Il giorno in cui uscirà dalla « Peni– tenciarìa » Mornard sa bene .che non potrà sottrarsi agli agenti della N.K.V.D., che vorranno o ucciderlo o farlo partire per la Russia, che sa– rebbe poi lo stesso. Egli sa anche cne fino a che sarà vivo, il segrfto sull'as– sassinio di Trotsky non sarà minima– mente svelato. Fu per questa ragione che nel 1943, ifornard, venuto a conoscenza che certi comunisti americani, con a capo una redattrice del « Daily Worker » di New York, avevano preparato la sua evasione, fece di tutto per lascia– re il posto di fiducia che aveva, per essere rinchiuso in una cella di si– curezza. on sapeva che la F.B,l. ave– va già scoperto i I piano.... Dobbiamo dunque arrivare a que– sta conclusione: Mornard non vuole uscire di prigione. L'esecuzione di Beria - che fu il capo suo e di sua madre - non fa che aumentare i suoi timori. Se Mornard un giorno esce di prigione potete essere automa• ticamente certi che lo fa obbligato da un ricauo cli cui sen,a dubbio non conosceremo i termini, ma la sui esi– stenza sarà innegabile. \'ICTOlt Al,IIA

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