Nuova Repubblica - anno II - n. 13 - 5 luglio 1954

B 2 ria_rmo; essa sarebbe, d'altra parte, ~ pnmo passo verso il raggiungimento dell'unità politica europea. Esaminia; mo ~uccessivamente questi due argo– ment1. Il problema tedesco A BBIAMO veduto che la relazione del governo non pone né tenta di risolvere in nessun modo il J:iro– blema dell"unità tedesca. I fautori della CED partono, infatti, dal presupposto di. una divisione permanente dell'Euro– pa, e quindi della Germania, in due blocchi contrastanti. Ciò potreboe essere vero se la Germania fosse un'arancia· ma è un paese con oltre 70 milioni di abitanti, i Quali potrebbero anche non p_ensarlaco,;;ì, non essere disposti a rimanere se,nrre divisi. Alla prima oc– casione, i Tedeschi, che forse hanno più motivo degli altri di preoccuparsi dell'Ùnità dr! loro paese, la rivendi– ch~ranno in modo sempre più energico, agiranno in maniera sempre più incai– z:rnte y:er =-isolvere,anche senza chie– dere il parere di nessuno, la loro que– stione nazif',•ale. Da questo presupposto della divi– sione permam·nte dell"Europa in due blocchi si sono dedotte a fil di logica alcune conseguenze necessarie, un po' come !lvvieu"!con certe verità propa– gandistiche nei regimi totalitari, che vengono lanciate ad arte per convin– cere gli alt:i e che finiscono per es– sere considtrate buone anche da chi l"ha lanciate. Per quello rhe riguarda la divisione attuale del r:iondo, si comincia con l'affermare che non c· è nulla da fare per sanarla: il mondo deve rimanere permanentemente diviso in due bloc– chi. Da questa affermazione pregiudi– ziale si deducono poi queste conse– guenze: dato che il mondo è destinato a rimanere sempre diviso, conviene operare in uno dei due blocchi come se non vi fosse nulla da fare per sop– primere i blocchi o per farli convivere pacificamente. Quando però i sostenitori di questa tesi, che in verità dovrebbe essere una mera ipotesi di lavoro, cominciano ad accorgersi che le cose non vanno pro– prio com·era stato previsto, che i tede– schi non deflettono dalle loro rivendi– cazioni unitarie, che gl'inglesi non ri– nunciano al dialogo con l"Oriente, specie con l'Oriente asiatico, e che i francesi, coinvolti nella guerra d'In– docina, cercano a loro volta di aprire un dialogo con i loro avversari, essi, invece di rinunciare all'ipotesi di la– voro dalla quale erano partiti, lottano per mantenerla in vita e diventano i di– fensori della divisione del mondo in due blocchi e gli avversari di ogni pos– sibilità di distensione. Anche quando siano in buona fede, anche quando siano animati dalle migliori intenzioni, i sostenitori della CED incorrono in un drammatico conflitto fra la loro co– scienza morale ed una falsa coerenza logica, la quale impone loro di di– fendere come ideale una semplice ipo– tesi, per non vedersi crollare il ter– reno sotto i piedi. Chiunque voglia affrontare , questo argomento con senso di responsabilità deve dunque mettere anche in conto l'ipotesi inversa, che la Germania non sia permanentemente divisa, oppure che sia possibile, compatibilmente con determinate esigenze politiche, raggiun– gere l'unità tedesca. Meno di un anno dopo la firma del trattato della CED moriva il capo supremo del mondo comunista. Non c'interessa ora approfondire se la si– tuazione sia sostanzialmente mutata nel mondo comunista e se sia mutata J" importanza del problema dei rappor– ti fra questo mondo e il mondo non comunista. Nessuno metterà in dub– bio, tuttavia, che la scomparsa del capo del mondo comunista e le lotte che inevitabilmente sono avvenute e debbo– no avvenire per risolvere il problema della sua successione e per ricostituire quella stabilità interna che poggiava sulla sua autorità abbiano rimesso in movimento forze che sembravano sta– bilmente orientate, anche in quel set– tore, nel senso della divisione perma– nente del mondo in due blocchi. Il trapasso dalla situazione che ha preceduto la morte di qi':el capo a quella che è andata formandosi in seguito a quell'avvenimento, dimostra che la distensione è per lo meno al– trettanto possibile quanto la continua– zione della tensione internazionale. Con la distensione, l'unità tedesca che preferiamo ignorare rischia di scop– piarci fra le mani come una bomba : se la distensione sarà stata preceduta oteca Gino dalla CED, la bomba la farà saltare :J. aria o ne cambierà completamente -la natura. O la Germania unita riti– rerà le sue divisioni dalla CED, che l'Occidente avrà riarmato nella spe– ranza di controllare quel riarmo, per formare un più importante esercito te– desco unificato; oppure la Germania unita rimarrà nella CED, imponendo il mutamento di quel complesso di disposizioni che era stato architettato per controllarne il riarmo, in quanto non è possibile mantenere la forza militare di un paese di 70 milioni di abitanti nei limiti previst! per un paese di 45. Partendo dall'ipotesi di una tensio– ne permJ.nente, d'altra parte, si era ammessa la necessità di un riarmo della Germania occidentale per com– pendiare uno sforzo difensivo che era superiore alle forze riunite della Fran– cia, dell'Italia e del Benelux. Il pri– mitivo piano Pleven era stato anzi escogitato per impedire che gli Stati Uniti riarmassero la Germania bilate– ralmente e per ottenere che tale riarmo avvenisse sotto il controllo "delle na– zioni che nel passato erano state in– vase ed occupate dalle truppe germa– niche. Ma- anche questo concetto dell'ine– vitabilità del riarmo tedesco era un'ipo– tesi di lavoro, in origine. quanto l'ipo– tesi della divisione permanente del mondo in due blocchi; anzi era un'ipo– tesi che conseguiva da un'altra ipotesi. Come nel caso della prima ipotesi, an– che quella del riarmo tedesco si è a po– co a poco trasformata in tesi e guai oggi a chi si permettesse di sostenere che la Germania, dopo tutto, potrebbe anche rimanere disarmata. Se qualcu– no si permettesse di sostenere che l'unità tedesca non è impossibile e che per raggiungerla si potrebbe anche accompagnarla con una clausola di neutralità, da tutti i fautori della CED questo qualcuno verrebbe immediata– mente additato come nemico della de– mocrazia. Ancora una volta, l'ipotesi divora chi l'ha elaborata. Comunità militare e co– munità politica M A la CED non è destinata, col riarmo tedesco, a contribuire so– lamente alla soluzione del proble– ma della difesa del mondo occltlentale; chi più, chi meno, tutti i federalisti fautori della CED sostengono che la Comunità difensiva europea costituisce il primo passo obbligato verso una co– munità politica. Questo motivo, tuttavia, parte ve– ramente d. un complesso dei vinti. Dopo dieci anni di sforzi in gran parte infruttuosi per raggiungere un minimo di unità europea, vi è chi è stanco di aspettare ed è disposto ad accettare per buona, dal punto di vista fede– ralista, anche la CED. Molti di quelli che alcuni anni fa s'inferocivano da– vanti al « funzionalismo » dei labu– risti inglesi o ali'« unionismo » di marca churchilliana, sono non solo disposti a unificare oggi l'Europa fun– zione per funzione, ma anche a uni– ficarla alla rovescia, partendo dalle braccia e dalle gambe, e lasciando la testa per ultima. Da una serie di comu– nità più o meno supernazionali si pensa cioè di giungere un bel giorno a una comunità politica europea, ossia all'unificazione vera e propria delle idee e dei sentimenti, all'unificazione delle sovranità e delle istituzioni. Basta ricordare però che il proget– to di Statuto della Comunità Politica, elaborato dall'Assemblea ad hoc desi– gnata dal Consiglio d'Europa, per ri– vestire del manto austero della sua au– torità e della sua legittimità il pro– getto di esercito europeo, è ora in frantumi e che i sostituti dei mini– stri degli esteri chiamati a esaminarlo - di quegli stessi ministri che, come fautori della CED, pretendono che que– sta sia un primo passo verso la federa– zione europea - le hanno sostituito un rapporto che elenca tutte le loro divergenze e che definisce una sola concomitanza fondamentale di opinio– ni: ossia la negazione di ogni aspi– 'razione federalista a superare, sia pure in modo limitatissimo, il concetto di sovranità nazionale. Il contenuto stesso del trattato isti– tutivo della CED dimostra ancor più chiaramente la scarsa fiducia che si può nutrire in uno sviluppo di questa comunità in senso federalistico. Si af– ferma che gli eserciti sono uno dei bastioni principali dietro i quali si ri– fugia il nazionalismo e che abbattere a o NUOVA REPUBBLICA ------------------------- gli eserciti nazionali siRnifica perciò abbattere la forza fondamentale die– tro la quale si trincerano i conservatori. del nazionalismo, aprendo così una breccia dalla quale potrà poi passare il grosso delle truppe federalistiche, che conquisterà soldamente la piazza. Perché questo ragionamento filasse fino in fondo bisognerebbe ancora di– mostrare che l'esercito europeo istituì• to dalla CED è capace di convin– cere anche i più scettici di essere un esercito più efficiente della coalizione di sei eserciti nazionali e che lo è grazie al fatto che è europeo, cioè su– pernazionale, superiore, nei motivi che lo animano, agli eserciti nazionali e quindi più energico e più potente ai fini della· tutela dell'autonomia, del– l'indipendenza dell'Europa e di ogni sua singola parte componente rispetto alle altre potenze, amiche o avver– sarie potenziali. La ( ED non è efficiente E . la CED il modo più efficiente di organizzare la difesa dell'Euro– pa? E la CED un organismo atto a tutelare l'autonomia della politica europea? Non ci dilunghiamo in un'analisi degli organismi della CED. Sarebbe una lezione su un argomento giuri– dico, su un argomento di diritto po– sitivo, che però è ancor meno posi– tivo del diritto internazionale consue– tudinario, in quanto I; assai dubbio che, in quella forma, diventi mai vera– mente diritto positivo. Ci basti ricor– dare che il trattato istitutivo ,della CED prevede la formazione di quat– tro organi, un Consiglio dei Ministri degli Esteri a carattere internazionale, un Commissariato a carattere superna· zionale, un'Assemblea per controllare quest'ultimo e una Corte di Giusti– zia per risolvere le vertenze che po– trebbero sorgere in occasione dell'ap– plicazione del trattato. L'organo al quale si attribuisce la maggior importanza, dal punto di vista dei possibili sviluppi in senso fede– ralistico, è il Commissariato superna• zionale, uno . dei cl ue .governi della CED. Purtroppo la CED ha anche un altro governo, che è la somma aritmetica dei governi nazionali, ed è il Consiglio, il quale è molto più po– tente del Commissariato. Nei confron– ti del Consiglio, .anzi, il Commissa– riato sta un po' nello stesso rapporto di un direttore di ministero verso il suo ministro. L'Assemblea, poi, è un doppione leggermente più largo dell'Assemblea della CECA e, secondo il Trattato, dovrebbe continuare ad essere designato a suffragio indiretto. Per dare soddi– sfazione alla maggioranza dei socia– listi francesi, si pensa ora di emen– dare in questo punto il trattato, fa. cendo designare l'Assemblea diretta– mente a suffragio universale: ma men– tre la designazione popolare di tale assemblea discrediterebbe per sempre, data l'incapacità dell'assemblea stessa di deliberare, l'idea dell'unità europea in seno alle masse. essa costituirebbe pure la pietra tombale su ogni ulte– riore sviluppo in senso politico della Comunità europea, segnando subito la parola « fine ». Nelle questioni più import~nti, il Commissariato è subordinato al Con– siglio. Questo delibera in 64 casi al– l'unanimità dei votanti e solo in 29 casi alla maggioranza dei due terzi. Ma il complesso sistema di votazione, che tiene conto, nella formazion~ dei due terzi, non solo dei votanti effetti– vi, ma anche dei contributi finanziari e militari che i loro paesi hanno ver– sato alla CED, impedisce d'imporre una decisione ad uno qualunque dei tre maggiori Stati, quando abbiano l'appoggio anche di uno solo dei mi– nori. Anche i diversi. sistemi di controllo istituiti non hanno placato i timori della Francia nei confronti del riarmo tedesco. Partendo dall'ipotesi della ine– vitabilità del riarmo tedesco, che sta alla base del progetto francese di eser– cito europeo, i fautori francesi della CED hanno mirato, oltre che a conte– nere entro certi limiti questo riarmo, a ottenere una serie di scappatoie at– traverso le quali mantenere un com– plesso di forze militari francesi assai più imponente delle dodici divisioni tedesche versate nella CED. A questa preponderanza militare francese do– vrebbero aggiungersi la garanzia ame– ricana e l'associazione britannica; in– vocate dai socialisti. Grazie soprattutto ali' art. 10, la Francia avrà il potere, accanto alla forza di 450.000 uomini che dovrà versare nella CED, come la Germania e l'Italia, di mantenere in piedi for– mazioni d'oltremare per un complesso di ben 550.000 uomini. Se uno dei paesi dove la tradizione nazionale ha più forti radici e dove questa tradizio– ne si connette a una lunga storia mi– litare riesce a sfuggire così al proces– so d'integrazione delle varie nazionali– tà, è assolutamente vano di parlare di superamento delle sovranità nazionali attraverso la CED. Del resto, se i territori francesi d'ol– tremare sono serviti a offrire alla Fran– cia un pretesto per sfuggire alla reale integrazione della sua sovranità mili– tare in una· sovranità supernazionale europea, essi continuano ad offrirle un pretesto per sfuggire alla Comunità politica, trovando fin troppo comodo il pretesto degl'impegni d'oltremare col quale finalmente la Gran Bretagna ha· declinato ogni invito ad aderire a qualche forma di federazione euro– pea di no.tura supernazionale. Ottenendo il diritto di mantenere in piedi due eserciti, uno integrato e l'al– tro nazionale, di forza pressoché ugua– le, i fautori é:ancesi della CED si sono dati tuttavia la zappa sui piedi, per– ché l'allarme che hanno cercato di fu, gare in chi si preoccupava di tenere a bada le dodici divisioni tedesche ha messo in stato d·allarme ogni persona di buon senso, in Francia, che sa che peso umano e finanziario implica il mantenimento sotto le armi di un mi– lione di uomini. Non è soltanto la prospettiva del riarmo tedesco che preoccupa dunque gli avversari fran– cesi della CED: è la prospettiva di un riarmo, il cui ·controllo costerà alla Francia uno sforzo che è incapace di sostenere, uno sforzo che progressiva– mente la dissanguerà, mettendola in ba– lia, nel suo impero e anche altrove, di chiunque voglia assestarle un colpo. L'avvento al potere di Mendès-France è la conseguenza diretta della consta– tazione che la Francia non si può permettere il lusso dell'attuale politica cedista, che non può assumere impe– gni che è incapace di mantenere. Ma le preoccupazioni suscitate in Francia dal riarmo tedesco hanno crea– to un'altra causa d'inefficienza della CED. Per impedire alla Germania di ricostituire la sua marina, anche l'Eu• ropa non avrà marina. Il blocco dei sei paesi dell'Europa occidentale, ba– gnato da tanti mari, avrà una marina composta esclusivamente di formazioni per la difesa costiera, mentre le forma– zioni di alto mare restano nazionali. La marina europea sarà cioè una ma• rina di piccolo cabotaggio. Può darsi che in tal modo si riesca a impedire •i tedeschi, per qualche tempo, di rico– stituirsi una flotta. Ma la CED è de– stinata a durare cinq~anfanni, ha l'am– bizione di dar vita ad una comunità politica e serve a riportare la Germa– nia alla piena sovranità. Si è visto quanto tempo sono durate le limitazio– ni imposte all"Italia dal trattato di pa– ce in merito alle forze armate. In mol– to meno tempo non è escluso che, at– traverso la stessa scappatoia che con– sente alla Francia di conservare una flotta d'alto mare, riescano a infilarsi anche dei sommergibili tedeschi, specie se l'equilibrio politico interno tedesco si spostasse ancor più a destra. Purtroppo, l"inefficienza dell'esercito europeo verrà imputata non già al con– trasto tra Francia e Germania, all'in– capacità degli attuali dirigenti italiani o tedeschi, ai parlamenti che avranno ratificato la CED, al governo inglese o a quello americano che l'hanno favo– rita con le loro promesse di associa– zione o di garanzie; l'inefficienza Q.el– l'esercito europeo verrà imputata non già alle sue manchevolezze come eser– cito, come coalizione militare, come pat– to di alleanza, bensì alla sua natura europea, a quel tanto d'infarinatura supernazionale che ha senza dubbio contribuito ad appesantire gli organi. E a rafforzare questa responsabilità contribuiscono in primo luogo quei fe– deralisti che hanno puntato le loro speranze di raggiungere l'unità poli– tica europea passando per la via ob– bligata della CED. La CED non è autonoma V I è in6ne un'ultima considerazio– ne da fare : per persuadere della sua bontà un fautore dell'unità europea, la CED dovrebbe apparire li sistema più efficace per tutelare le esi– genze di una politica europea veramen- te indipendente, dovrebbe cioè manife– stare nei suoi intenti come nelle sue strutture, la sua autonomia. Purtroppo, questo è il lato per il quale la CED pecca maggiormente. L'articolo 5 del trattato stabilisce in– fatti che « la Comunità coopera stretta– mente col NATO». L'articolo 18 ne trae poi la conseguenza che il comando del NATO esercita sulla CED « i po– teri e le responsabilità che detiene in virtù delle proprie attribuzioni >>; esso stabilisce inoltre « r articolazione e la dislocazione delle sue forze », impar– tendole le necessarie « direttive tecni– che »; in tempo di guerra, infine) il Comandante del NATO « esercita nei confronti delle forze di cui sopra i pieni poteri e le responsabilità di Co– mandante Supremo conferitigli dalle sue attribuzioni». Nessuna persona di buon senso potrà sostenere che la subordinazione della CED al comando supremo di un gran– de blocco militare, di uno dei due grandi blocchi mili1ari del mondo, sia cosa di poco conto, che non sfiora l'autonomia delle singole nazioni ade– renti alla CED o di tutto l'esercito eu– ropeo; nessuno potrà neppure legitti– mamente sostenere che i poteri del co– mando supremo del NATO sulla CED siano paragonabili a quelli che già esercita sulle forze armate delle nazio– ni aderenti al NATO. li Comando Supremo del NATO, d'altra parte, non è più l'organo col– leg,ale che era il Commissariato o il Consiglio dei Ministri degli Esteri, dove ogni potenza aveva virtualmente il di– ntto di veto; e in mancanza di uno Stato europeo, e quindi anche di· orga– nismi capaci di definire in modo re– sponsabile una politica europea, i po– teri del Comando Supremo del NATO sulla CED sono ancor più gravi di quelli che poteva esercitare sui singo– li eserciti nazionali facenti parte del NATO, in quanto esso non incontra davanti ai suoi ordini la resistenza di nessuna esigenza nazionale o SJJper– nazionale. Nessuno ignora che il Comandante Supremo del NATO è un ufficiale americano, il quale prende gli ordini dal governo degli Stati Uniti e li ap– plica, nell'ambito della sua competenza, a tutti gli organismi dipendenti, com– presa la CED. Il governo americano tiene senza dubbio conto anche delle esigenze dei suoi alleati. Ma quando tali esigenze siano in contrasto con quelle americane, non è difficile pre- ' vedere la scelta che esso farà. Non c·interessa attualmente di sapere se la futura politica americana, in connes• sione con l'esercito europeo, sarà buo– na o sarà cattiva. C'interessa solamente di osservare che sarà americana e che non sarà europea, anche se spesso ci sarà coincidenza assoluta fra le fina– lità di queste due politiche. Essendo una politica americana stabilita dal go– verno americano, la politica che si ap– plicherà all'esercito europeo non sarà stabilita dagli europei e non avrà ca– Jattere europeo. E difficile, in tali con– dizioni, che nasca l'Europa: nel mi– gliore dei casi non nascerà nulla, nel peggiore nascerà una colonia america– na, probabilmente contro la volontà de– gli stessi americani. La CED ha voluto maritare due esi– gen;e che, pur non essendo contradit– tO\ie, non possono conciliarsi contem– poraneamente attraverso la formazione di un solo organismo. Non è possibile fare l'Europa e fare un esercito europeo se non ,facendo prima l'Europa e or– ganizzandone immediatamente dopo l'esercito. Non si può organizzare l'eser– cito di qualcosa che non esiste, spe– rando in .tal modo di generare quella cosa, come per incanto. Le alternative alla CED esistono e offrono anche una grande varietà di scelta. Si tratta di cercarle non già in una falsa sintesi fra unità europea e sicurezza europea, sintesi che lasciava da parte le sue singole parti compo– nenti, come l'unità tedesca e il riarmo della Germania, bensì affrontando se– paratamente ognuno di questi proble– mi e ponendo al centro di ogni preoc– cupazione, come problema più urgente da risolvere, il problema dell'unità po– litica europea. Senza odio e senza settarismi, abbia– mo tentato di riproporre i termini rea– li dei problemi che la CED non ha saputo risolvere. Non pretendiamo di aver trovato le soluzioni, ma solo di aver contribuito a dimostrare the que– sto è un argomento che val la pena di discutere e che non si risolverà con l'urto drammatico di due posizioni fideistiche. PAOLOl'ITTORELLI

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