Nuova Repubblica - anno II - n. 13 - 5 luglio 1954

8 Pl"'AUSI ·e botte • Il 25 giug,io è stato ·processato alla Pretura di Thie,ie (Vice,iza) il sacerdote do,i Silvio M eneghetti, par– roco di Marana Vicentino, in seguito ad una querela sporta contro di lui per ingiuri• • minacce da Emma Bauer, G iovanni M an/ro11 e Maria Valente, costituiti.si Parte Civile al dibattimento. C ostoro, quali membri dell'Organizzazione int•rnazionale dei e Testimoni di Geova > (una setta teocratica e pacifista, fondata negli USA nella seconda metà del secolo scorso e diffusa anche in Italia dopo la Liberazione), giravano di casa in casa nel Comune di Morano per propaganda biblica, senza molestare alcuno e att.,iendosi all'art. 19 della Costituzioni. Evidentemente tale at– tività. religiosa dispiaceva al prete, che 11 12 febbraio, affrontata per strada la Valente, la ingiurava con volgarissimi epiteti che la decenza vieta di riferire. Il 14 febbraio l'eroi– co reverendo affrontava anche la signora Bauer, e non solo la ingiu– rava da par suo, cioè coi medesimi epiteti, ma, fattosele vicino coi pugni levati, le dava u1>colpo che le faceva cadere l'ombrello. Poco dopo affron– tava ·con gravissime ingiurie, alla pre– ~enza di più persone, il Manfron, intento alla divulgazione biblica. De– nunciato ai carabinieri per ingiurie aggravate e continuate e minacce il dinamico don Menlghetti ammi.s~ i fatti, giustificando il proprio g,sto con l'intento di e difendere le ani– m, affidate alla cura del parroco dal– l'insistente propaganda religiosa in favore della setta >. Al processo erano intervenute le Autorità del luogo e circa 500 «fedeli>, esortati durante la predica domenicale del parroco a Presenziar, al giudizio. Al dibatti– mento, svoltosi in un'atmosfera ec– citat_issima, il sacerdote ammise di aver _pronunziato le ingiurie, ma negò le mrnacce. Anche 1iumerosi testi con. fermarono i fatti. Il P.M. chiese la condanna del prete a 50.000 lire di multa per le ingiurie e l'assolu– zione per insufficienza di prove dalle minacce, Il Pretore di Thiene, dott. Lucio Palange, ha assolto il prete dal reato di ingiurie per aver agito in stato d'ira e provocazione puta– tiva, e dal reato di minacce per insufficienza di prove. In attesa del– la motivazione della sentenza, vien da chiedersi come ha fatto il Pre– tore ad assolvere il prete dal reato d'ingiurie poichi lo stato d'ira deve essere determinato, secondo la legge, da un fatto ingiusto altrui (è fatto ingiusto l'altrui propaganda religio– sa? e può esservi stato d'ira in tre di.stinti episodi?), e la provocazione putativa presuppone che soggettiva– mente fosse per l'imputato una pro– vocazione l'altrui esercizio dei diritti costituzionali. ln definitiva, grazie a questa incredibile sentenza, il molto reverendo parroco di Marana Vicen• tino potrà in futuro ingiurare impu– nement• gli... infedeli, i quali, se oseranno rivolgersi alla Giustizia, do– vranno poi pagare anche le spese di causa. • Dopo che se ne è parlato soltan– to faziosamente o se ne è taciuto per non com promettersi, non sarà il caso di sottolineare l'importanza e il signi– ficato dell'atto compiuto da Charles Spencer Chaplin nell'accettare il pre– mio per la pace, offertogli dal Consi– glio mondiale della Pace? Quell'atto non soltanto suona polemica pei vel– leitari di Sacri Romani Imperi, che vanno gingillandosi con ordini di Car– lomagno, ma soprattutto si oppone ancora una volta al conformismo senza distinzioni, in questo tempo in cui si valuta un uomo non per quel– lo che d ma per quello che si suppo– ne possa diventare, non per le sue idee e le sue azioni ma per quelle -lei gruppo cui per forza lo si vuol assegnare,· e con questa comoda clas– sificazione, e relativa etichetta, si mette in pace la propria coscienza. Chaplin insegna che « in quest'era atomica >, nella quale - come nelle più buie della storia - la pianta. uomo rischia di essere sradicata, « i tanto importante l'umanità>. In tut– ta la sua vita, oltre che nella sua opera d'artista, l'affermazione dei va- A LDO Romano, che già prima della guerra si era chiaramente distin– to nel campo di questi studi con la sua bellissima edizione dell'Epùto/a.• rio di Pisacane, ci ha dato con questo libro un'ottima storia della nascita del socialismo italiano in seno al partito d'azione risorgimentale, in ispecie nel Regno di Napoli, da poco liberato ad opera pi Garibaldi ed a1111esso, fra no• tevoli difficoltà, a quello sabaudo d'lta• lia. Sulla traccia del Popolo d'Italia, fondato a Napoli nell'ottobre 1860 da alcuni fra i capi del partito mazzi– niano, amici peraltro di C'lIIO Cat– taneo {la cui figura viene giustamen• te posta dal Romano al centro del processo di caratterizzazione federali– sta e sociale dell'estrema sinistra d'azio– ne), di documenti ancora largamente inediti che si conservano nell'Archivio di Stato di Napoli, di Libtr1à e Giu• stizia, il raro giornale del 1867 final• mente rintracC1ato nella Biblioteca co• munale di Avellino e di una larga messe di memorialistica e di lettera• tura politica contemporanea, il Roma• no getta nuova luce sul periodo cru– ciale dcli' Unità italiana e arricchisce straordinariamente le nostre conoscen– ze sulle prime lotte di classe nel nuo• vo Regno e sul gruppo di uomini che riesumarono o nscoprirono, e svilup– parono nelle nuove condizioni il so• cialismo libertario di Pisacan~ e in• trod ussero altresl nel nostro paese al• cuoi fra i principi dell'AssoC1azio11e Internazionale dei Lavoraton. Il volume di cui ,discorriamo è so:o !I primo di ben nove tomi, nei quali 11 Romano si propone di narrare la storia del socialismo italiano fino agli anni successivi alla caduta del fasci• smo. 11 secondo e il terzo volume, con cui si giungerà fino all'esaurimento dell'internazionalismo libertario, attor– no al 1880, sono annunciati come im minenti. Nel mentre l'orientamento po litico dell'autore, visibilmente volto al marxismo-leninismo, risulta già ch1a• rissimo dal volume testé pubt>licato, è troppo presto ancora per }!iudicare della sua impostazione storiografica del movimento operaio, di cui il periodo trattegsiato forma appena la genesi. Comunque alcuni punti di dissen• so dobbiamo precisarli sin d'ora. li primo riguarda la figura e il signi• ficato di Bakunin. Attorno al rivo• luzionario russo la polemica ferve per• lomeno da 85 anni circa {da quando cioè il suo « razzismo » provocò le ire di S. L. Borkheim, l'ex-cannoniere della campagna del Baden nel 1849). Polemica c~rto sgradevole, per gli cc• cessi di agiografia e di annerimento cui è giunta, ma tutto sommato bene– fica, dacché le siamo debitori di una più sollecita rivelazione dei tesori di erudizione via via accumulati dal Net• tlau per la parte anarchica e dal Ria– zanov per quella marxista, punto sul vivo quest'ultimo da un primo tenta• tivo di giudizio storico sereno ed equi• distante compiuto dal Mehring. A dire il vero, il Mehring non poteva proprio vantare su quest'argomento l'immensa competenza specifica dei suoi rivali. Tuttavia, nonostante le pro~e a ,arico di Bakunin trovate negli Archivi rus– si, che la rivoluzione aprì, il giudizio che del grande agitatore ci hanno dato degli studiOS\ lucidi e scrupolosi co• me lo Steklov, il Nikolaevski e recen. temente il nostro Franco Venturi, ri- lori della personalità coslltuuce una costante. Per questo infatti egli è ora c~~ noi, in Europa: per l'incompati– b,latà assoluta fra lui e il paese della « character assassination > anche a voler prescindere dalle pr:babili san– zioni del comitato per le attività anti– americane, di quel comitato che basta da solo a caratter-izzare un certo cli'.na e ad apparire degno di far il paio con l'ufficio della e scomunica > pr~J!rio di una società barbara e pri~ m1twa e non di un paese erede della tradizione moderna d,Jla libertà. Ma d forse il caso di parlare di libertà? Anche una società che dalla libertà era b,n lontana, quella di Dante, al– meno nella sua parte migliore e già <umanista> considerava imprescin– dibile il diritto all'integrità morale (i morti della Commedia, anche dan– nati, sentono il bisogno di esser ricor– dati nel mondo dei viventi, difendono anch'essi il loro e nomen >). < Non permetterò che altri usi il mio nome per diventare famoso; il nome di Ca/vero vale ancora qualcosa!. Sono parole di Limclight, che ci sembra valga la pena di ricordare, perché sintetizzano una linea morale di di– fesa e mettono in guardia, insieme, dalla speculazione e dall'oltraggio. OGNUNO NUOVA- REPUBBLICA LIBRI E PROBLEMI Storia delmovimento ,socialista n Italia conferma la giustezza dell'equidistan1.a fra gli estremi dell'apologia e della de• molizione. Il Romano invece fa proprio, senza riserve, la polemica più violenta degli avversari di Bakunin. Più che al Ria• zanov, cui premeva soltanto dimostra– re, in sede storica (in polemica con i grossi volumi di ricordi del Guillau• me, oltre che con il Nettlau, il Brupba– cher e il Mehring), la responsabilità di Bakunin negli intrighi che avevano condannato la Prima Internazionale al• la scissione, il Romano si ispira alle circolari e agli opuscoli marxisti del 1870·73, scritti nell'ardore di una lotta politica e organizzativa senza quartie• re. Cosi, Bakunin è trattato clo. « me• gafono » di idee altrui {p. 106), cui l'autore riconosce a volte sincerità e temerarietà, ma cui rimprovera vi– gliaccheria, ottusità morale, ciarlata• neria da fiera {p. 108); da strumento, nelle file stesse del socialismo, della parte avversa, al quale si deve dunque « il vizio d'origine del socialismo ita– liano » {p. 126 e 234); da naziona• lista borghese {p. DI); da avventu• riere (p. 242) e nemico dc « l'unità della classe operaia• {p. 245 sg.). Perché poi tanta furia e accani• mento di polemica? ll vero bensl, ed è noto da più di tre decenni, che Bakunin, nella solitudine e durezza dell'ergastolo, che l'ospitò per ben 8 anni, scrisse una « Confessione » ad uso di Nicola I, e poi una supplica ad Alessandro Il. Quei suoi compagni di lotta che sono morti in galera, sen– za aver mai tentennato, avrebbero certo avuto il diritto di indignarsene, se l'avessero saputo, benché poi la « Con• fessione » costituisca una tale testimo• nianza di profondità di passione e di umanità senza veli, demoniaca se si vuole ma vergata col sangue di chi l'ha scritta, da non potersi legsere sen• za emozione. li tono da Catone censore non s'addice però allo storico del Ri• sorgimento, che non può non ricor• dare altre suppliche, scritte da altri martiri, affranti dalle catene, dalle tor• ture fisiche e morali. Che bisogno c'è del resto di dimo• strare che Bakunin non fu {p. 230) il « geniale creatore di un pensiero nuovo e audace»? Nello Rosselli, col quale, come vedremo, il Romano se la prende continuamente, pur apprezzan– do il culto di Bakunin per l'idea di libertà, ne sottolinea («Mazzini e Bakunin » p. JS4) « l'inorganicità di pensiero ». Quanto al Nettlau, che in– vece esalta Bakunin oltre ogni limite, dobbiamo pure a lui la prima dimo• strazione erudita del fatto che se le idee dell'anarchismo, indi'1idualistico o collettivistico, precedenti l'anarco-comu• nismo di Kropotkin e compagni, sono già in S. Maréchal, Godwin, Proudhon, Sllrner, anche la fusione di queste idee con il metodo dell'insurrezione violenta può dirsi effettuata, tra il 1848 e il 186o, da Cocurderoy, da Pi• sacane {il Nettlau fu il primo a ri• cordare che Bakunin aveva preso co• noscenza a Napoli degli scritti di Pi– sacane e che Pisacane a sua volta ave– va letto Proudhon e conosciuto Cocur• deroy), da Dejacque e da altri mili– tanti dcli' International Association me• glio studiata poi dal Rothstein ~ dal MUller-Lehning. Ma se Bakunin non può esser col• locato, per originalità di pensiero al• la pari con Proudhon o con He;zen né per chiarezza economico-politica co~ Cernisevskij {tanto per riferirlo, co• me il Romano giustamente vuol fare ai suoi compatrioti) e neppure co~ Lavrov, ciò non toglie ch'egli avesse personalità propria spiccatissima e non di uomo d'azione soltanto, sibbene di creatore di miti destinati a lunga vita, capaci d'infiammare durevolmente al– tri uomini d'azione. Dal punto di vi– sta speculativo, non vi è molto negli splendidi articoli che Bakunin scris• se nel 1843 sul comunismo di Wei• tling (dando anche prova di quella comprensione del problema· della na• zione moderna, che il Romano ritiene gli facesse difetto), che non sia già nella letteratura liberale o socialista. francese e tedesca del tempo. Non vi è nulla, forse nelle sue lettere del 1848 a Herwegh {sulla necessità del– l'anarchia rivoluzionaria), e nei suoi articoli sulla Dresd11er Zeit1111g del 1849, che non sia già in Proudhon, Stirner, Herzen oppure in Blanqui e Marx. Ma non c'è che da Jegsere spas• sionatamente quei testi, per scorgere che si tratta di ben altro che di « al• cuoi attegsiamenti esteriori e di fugaci simpatie per socialisti e per correnti di idee socialiste », che è tutto quanto il Romano vuol riconoscere a Bakunin (p. 125) in fatto di orientamento so– cialista, prima del colloquio con Marx nell'autunno del 1864. « Con questa Repubblica, invece - scrive Bakunin nella Dresd11er Zeitu11g del 15•4-1849 a proposito di quella francese, fattasi conservatrice dopo le giornate di giu• gnO e che tuttavia costituisce un mirag• gio per numerosi repubblicani liberali tedeschi - con un sollevamento pu• ramento politico, non vogliamo avere nulla a che fare; essa non rappresenta la vittoria della democrazia, ma delle caste privilegiate, del Capitale». E, ri• ferendosi alla rivoluzione tedesca non meno che a quella francese del '48, sogsiunge: « Questa timidezza della Rivoluzione deriva precisamente dalla ALDO DOMANO Storiadel mo\'imento socia– lista m Italia Volume I FRA.TEl.,U BOOOA., 19$4 riluttanza a toccare i diritti storici » e cioè, spiega, i diritti dello Stato e della proprietà, la cui negazione gli sembra indispensabile per conseguire il sollevamento del proletariato e la vittoria nella « lotta finale » fra « Ca. pitale e Lavoro». Del resto, l'aveva già detto l'anno prima, nelle lettere a Herwegh. Naturalmente, in Marx c'era sin d'allora, molto maggiore ma– turità storica e politica, maggiore co– noscenza soprattutto delle leggi di svi– luppo della società « borghese ». Ma Bakunin non era poi privo di meriti socialistici, diffondendo queste idee nel. l'ambiente dei repubblicani indifferen• ziati, che costituivano allora la gran• de maggioranza dei combattenti della rivoluzione. Non c'è che da confrontare i testi del 1848-49 con il catechismo rivolu– zionario del 1866, con il programma segreto della Pra1ella11za russa del 1873 e con la famosa Appendfre A a Stata– /iJmo e anarchia, per vedere come Bakunin avesse, in fatto di rivoluzio• narismo populista, agrario ma delibe– tamente socialista, enti-capitalista (e senza ch'egli condividesse le illusioni altrui sul « mir • ), alcune idee direi• trici costanti. Questo gli permise di farsi conoscere nei momenti critici, fra la gioventù « ardente » di Russia, Ita• lia, Spagna {financo di Francia, per qualche mese, e poi di Svizzera, Au• stria e Boemia, Serbia), di farsi largo insomma nei paesi nei quali fermen– tava un movimento social-rivoluziona.rio senza che fossero già maturate le con• dizioni di sviluppo di un proletariato industriale compatto, capace di pren• dere effettivamente la direzione della lotta per la nuova società, nel senso postulato da Marx. Indubbiamente, la forza e la debolezza insieme•di Bakunin era di essersi formato spiritualmente prima del movimento operaio moder– no, di cui Marx ed Engels avevano in– vece profeticamente intravvisto la ge– nesi materiale, prima ancora del 1848, alla luce dell'esperienza inglese e an• che francese. Soltanto dopo gli scio– peri del 1866-67 Bakunin giunse a comprendere il significato dell'organiz. zazione operaia e anche allora non per• severò a lungo nelle conclusioni quasi sindacaliste che ne aveva tratto. Ma contrario all'unità operaia egli non fu; basta ravvicinare, in proposito, il testo della sua lettera a G. Vogt prima del• l'adesione all'Internazionale nel 1868, alla sua lettera di « dimissioni » del 1873. Lo stesso Marx gli rimproverò del resto, violentemente, di mettere una setta. al disopra del movimento ope• ra10 reale, ma solo forzando il sensi' della polemica marxista si può identi– ficare quella contro Bakunin con quella contro coloro che, mettendosi alla co– da di Gladstone o di altri esponenti della borghesia, cercavano di climi- nare dall'organizzazione operaia la ve, lontà di costituirsi in classe antago• nistica al dominio del capitalismo. ll naturale che i marxisti-leninisti non possano avere tenerezze per l'anar• chismo di Bakunin. Era ovvio {seb– bene ingiustificato) che ai me,mevfrhi {alcuni dei quali, come Axelrod, e un po' lo stesso Plekhanov, provenivano personalmente dal bakunismo) e con essi ai social-<lemocratici tedeschi ed austriaci {che avevano rappresentato, per tanto tempo, con Kautski e Hil• ferding, l'ortodossia marxistica), con– venisse nel 1917-20 di accusare i bo/. scevfrhi di continuazione de farlo del– l'opera di Bakunin. ll anche compren– sibile, tanto per evocare una polemica del tutto diversa, come Antonio La• briola fosse portato a prendersela dura• mente, tra il 1890 e il 1898, con coloro che riteneva gli eredi di Bakunin e di Gambuzzi .... Ma uno storico spas– sionato, quale il Romano dichiara di voler essere, e quale del resto sovente sa egregiamente essere, ci sembra deb• ba trasformare il calore in luce {per dirla con i Webb) anziché gettare olio sul fuoco. Al Manacorda per es. il suo comunismo militante non ha impe– dito, nel suo recente voiurne. sul mo• vimento operaio, di tratteggiare con equanimità anche l'operato dei baku• nisti, così come, al polo opposto, quel• lo dei riformisti. In ogni modo, all'attivo del Roma• no va messo che nell'esame dettaglia– to dell'azione di Bakunin, specie a Napoli, sa dire molte cose nuove e importanti. Che l'influenza ideolo– gica dei primi socialisti n:rpoletani su Bakunin fosse maggiore, nel 1865· 67, di quella di costui su di loro, ci pare finalmente provato dal Romano e questa è una constatazione non priva di peso, più che per il giudizio su Bakunin, per quello sulle origini reali del socialismo italiano. lo generale, l'opera di Aldo Ro– mano avvia a soluzione una serie di problemi che Max NettJau e elio Rosselli avevano appena sollevato. Tut– tavia la polemica del Romano con il Rosselli ci sembra esagerata, trattan• dosi di un libro {«Mazzini e Baku· nin ») uscito nel 1927, quando il no• stro compianto autore aveva appena compiuto i 26 anni di età, sicché non poteva certo dare digià la piena mi• sura delle sue capacità di scrutatore di archivi, per le quali si veda invece il suo lavoro postumo su « Inghil– terra e regno di Sardegna». Ciò non pertanto quella prima opera del Ros• selli aprì una tale breccia, che ancora oggi il Romano medesimo la cita, come fonte, decine di volte. Alcuni degli stessi giudizi di merito del Romano furono del resto come anticipati dal Rosselli, cosi a pp. 171·2 del « ~faZ7ini e Bakunin » e a p. 389 del « Pisa• cane», benché al Rosselli stesso man• cassero gli elementi di documentazio• ne occorrenti. Ci preme di segnalare ancora gli interessantissimi articoli di Bakunin e di Flourens, su Libertà e Giustizia e sul Popolo d' IJa/ia, che il Romano ha rintracciati e che pubblica in appen– dice. u:o \'ALIANI NUOVt REPUBBUC l'111ltllJICINAI.• POt,fTICO Esce il 5 e il 20 di opi ■es, i■ ottoo pi6pqine Comilfllo Dlrauioo: P. Cll!ffl • T. COOJGNOU • I. GREPPI • P. YITTORELII Saar.tar~ di red■1ione: G.FAJATI RH01i.on•1 Fi-.o, Pluu dello Ubtttl. 15 (50998) ,4,..,..ini1,r•sl•n•: Fùtue,Plaao hdlpn,de ... ,29 (183~07-08) Abb. annuo (Italia e Francia): L. 850, semestrale L. 450, trimestrale L. 250 (Estero, ris-pcuivame.ntc, 1100, 600, 300). Abb. sostenitore: L. 5000. Sottoscrizione mensile: L. 200. 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