Nuova Repubblica - anno II - n. 12 - 20 giugno 1954

2 NUOVA REPUBBLICA TURISMO FEDERÀLISTA A «cancelli chiusi» i federalisti accettano I L trattato CED è stato approvato dai federalisti europei, che lo hanno trovato ottimo sotto ogni riguardo. In pratica non l'hanno neppure di– scusso accettandolo a « cancelli chiu– si », con una maggioranza schiac– ciante. Hanno parlato contro i soli delegati di Firenze, ,quattro in tutti, appoggiati da una lettera che Fer– ruccio Parri ha inviato alla direzione del M.F.E., lettera contraria alla CED, alla direzione dell'MFE e a tutto l'indirizzo politico del movimen– to. « Quattro gatti e una lettera » ha osservato un congressista di Voghera sollevando qualche ilarità. Invece della CED è stato esami– nato l'anticcdismo dei fiorentini, non tanto per fortificare attraverso la con– futazione dei. contrari l'eccellenza del– la tesi, quanto per esprimere biasimo, riprovazione, stupore verso chi non si sentiva di essere d'accordo con la maggioranza. La direzione - con scaltrezza - aveva provveduto a far parlare subito dopo ciascuno dei fio– rentini un oratore scelto, un'ugola d'oro del movirnento al fine di con– fondere quei petulanti. Michele Ci– farelli, Renato Cappugi e I van Mat– teo Lombardo furono i campioni che si scontrarono con i toscani. Cifarelli, opposto a Pavolini (il quale aveva sostenuto come la CED fosse del tutto inutile, poiché un solo missile all'idrogeno era ormai strumento ben più efficace di tutte le divisioni tedesche in programma) usò la maniera forte e i termini . contumeliosi propri delle preture pu– gliesi.· Si dichiarò vecchio soldato del 48° fanteria, divisione Ferrara; si commosse sulla sua vecchia arma secondo lui ancora regina delle bat– taglie; accennò discretamente al fu– cile modello novantuno} protagonista del Carso, dell'Etiopia e di El Ala– rhein. Terminò il suo dire in tono co1loquialc, sintetizzando il proprio pensiero con la domestica frase « Ma che siamo fessi? » cd ottenne ap– plausi. I van Matteo Lombardo, op– posto a Ravà 1 non smentì la sua fama di fine studioso ciel socialismo storico e dialettico, mostrandosi ama– bile, sottile e concreto. Ravà aveva criticato a fondo l'aspetto politico della CED facendo notare come il mecca~ismo della unanimità poteva benissimo eludere le speranze di quan– ti intendevano controllare la Ger– mania riarmata, poiché i tedeschi sa– rebbero stati in grado di usare il di– ritto di veto in tutto ciò che a loro non garbava facendo, ·pratica– mente, i loro comodi. Ivan Matteo ignorò quest'argomento, esaltò l'in– telligenza dei generali americani, in– vocò la « Provvidenza Federalista» per l'Europa Unita sotto la CED e terminò · carduccianamente con « O popolo d'Europa, aiuta, aiuta ». An– che ad I van Matteo toccarono applau– si, che non mancarono nemmeno a Cappugi (l'oppositore dell'altro fio– rentino Ciantelli) il quale non disse assolutamente nulla. . A parte queste schermaglie pole– miche non si può dire che il VI congresso dcll'MFE sia stata una fer– tile fucina di idee. Le relazioni del segretario e del vice segretario fu– rono molto pi,, lunghe di quanto i congressisti potevano immaginare e dalla sesta cartella in poi, l'attenzione generale si volsG alla lettura dei quoti– diani che riportavano notizie del giro d'Italia in bicicletta. Gli altri in– terventi parvero superflui anche ai pili benevoli. Mentre a Genova si tenevano que– sti discorsi, a Parigi cadeva il mi– nistero filo-cedista di Lanicl. Nes– suno dei congressisti se ne accorse finché Carandini ricordò questo even– to .provocando· un'ondata di gelo. Poi il congresso riprese il suo tono lieto e ficlucioso 1 i congressisti salirono sulla motonave Giulio Cesare, gioiel– lo dell'industria cantieristica, si reca– rono al porto per visitarne le attrez– zature e respirarono a pieni pol– moni la sottile aria marina geno– vese appena inquinata dai miasmi propri di qualsiasi grande città di mare. Qualche intemperanza fra i delegati fu sedata dal presidente (un vecchio calvo e un po sordo) il quale pregò di non disturbare gli oratori « che si affaticavano ad cspri- L A sera ,lei 9 giugno I 937, a Bagnolles-de-l'Orne in Nor·mandia, Carlo e N elio Rosselli, attraversan– do un bosco per raggiungere il loro albergo dopo una gita in automo– bile, venivano proditoriamente assas– sinati a colpi di pugnale. Gli as– sassini, come fu dimostrato nei pro– cessi di Francia del 1939 e d'Italia dopo la liberazione, appartenevano al gruppo- dei cagoulards e agirono su mandato di personalità italiane. Certo Emanuele, colonnello dei ca– rabinieri in pensione, già addetto al S.l.M., che fu accusato di aver di– retto l'impresa, interrogato dal giu– dice istruttore nel settembre I 944, disse che « durante la guerra di Spagna, e precisamente nel 1937, i circoli politici vicini a Ciano si preoccupavano dell'attività svolta a Parigi ,la Carlo Rosse/li .... Non so precisamente aggiunse l'Ema– miele - da chi fosse presa a carico del Rosse/li una radicale e feroce de– cisione, ma certo è che un giorno, in occasione di una m.ia visita gior– naliera al capo del S.l.M., l'allora colonnello A ngioy Paolo, fui invi– tato a trasmettere ai miei dipen– denti l'ordine superiore di far uc– cidere Carlo Rosse/li. Sebbene spia– cevolmente sorpreso provvidi a co– municare le decisioni al maggiore Navale Roberto, allora capo del co11- tros_pionaggio .di Torino, per la ese– cuzione». Non riferiremo qui le vicende dei processi e dei personaggi che vi furono coinvolti. Rileveremo solo che uno dei maggiori implicati nel de– litto, ex· ambasciatore a Berlino ed ex ministro degli esteri della repub– blica di Salò, Filippo A11fuso, è ora deputato alla Cam,era democratica della Repubblica italiana. Perché i Rosselli furono uccisi? Nello, insigne storico, professore universitario, alieno per temperamen– to dalla politica attiva, pur essendo per convinzione, per educazione e per cultura fermamente antifascista, fu travolto casualmente nella tra– gedia. Si era recato in 'Francia a tro– vare il fratello, cui era legato da pro– fondo affetto, e nel viaggio fatale ne condivise la sorte. Carlo fu l'ideatore e l'ardimen– toso esecutore, con Ferruccio Parri e Sandro Pertini, della fuga di Tu– rati dall'Italia; fu il primo a racco- a o la CED mere il proprio pensiero ». Un dialogo particolare fu intavo– lato alla tribuna fra Ugo La Malfa e l'on. Benvenuti. La Malfa aveva' deplorato il raffreddarsi di tutti i cedisti più accessi che divenivano tiepidi nei confronti della CED ap– pena riuscivano ad occupare poltrone ministeriali. Benvenuti, sospirando, rispose a La Malia che fra l'idea e il suo realizzarsi c'era di mezzo la realtà. Vale a dire che i ministri rimanevano in cuor loro ccdisti fer– vidi, ma il voto parlamentare sulla CED appariva problematico. « Ci so– no a Montecitorio una ventina di franchi tiratori pronti a votare con– tro la CED a scrutinio segreto. Noi non riusciremo mai a imporre il voto palese, così, proponendo la CED, non soltanto questa istituzione cara al nostro animo non passerebbe, ma saremmo costretti a dare le dimis– sioni. Non pretenderete che si giun– ga a tanto ». Queste furono le pa– role del rappresentante del governo. Anche La Malfa comprese la de– licatezza dell'argomento e non in– sisté. Del resto parlamentari e mi- gliere il grido di allarme di Ca/osso dalla Spagna, quando Franco, in col– lusione con ì nazi-fascisti, portò i marocchini in gu.erra contro i suoi concittadini repubblicani per instau– rare la dittatura. Rosse/li comprese che la -lotta armata antifascista co- 111,inciaua in Spagna; andò a combat– tere e, tornato in Francia dopo essere stato ferito, reclutò partigiani e li inviò per passi clandestini a rinfor– zare le milizie della libertà. Era stato il fondatore del movimento « Giu– stizia e Libertà » e prodigava il suo patrimonio per sostenere i movimenti e la stampa di resistenza al fascismo, · e le imprese e la propaganda an– tifascista in Italia. Rosselli « dava fastidio» perché come Matteotti, ob– bediva a una concezione volonta– ristica, fanatica, dura e intransigente della lotta contro i nemici della de– mocrazia e del popolo. RIUORDA~DO ROSSELLI Disse. parlando di Matteotti: « Anch'io spesso ho sognato di po– ter finire cosl utilmente la mia vita per una così grande causa .... Mat– teotti non voleva e non cercava la morte. Volle e cercò la lotta, volle e cercò i posti di responsabilità nelle ore più dure; seppe vincere tutti i giorni, e perdere tutti i giorni la sua piccola battaglia. I o ammiro in lui la fede di tutte le ore, la tenacia, la costanza, l'ottimismo contagioso 1 il volontarismo sfrenato. Il resto è leggenda» . Il suo sogno doveva essere appagato anche lroppo presto. Tra il destino suo e quello di i\,{ atteotti, conclusi per ordine degli stessi mandanti a tredi– ci anni di distanza, vi è una iden– tità spaventosa e sublime. Ambedue giovani, sono sensibili alle impa– zienze della loro generazione nei ri– guardi delle ingenuità di certe cor– renti tradizionali, che si attardano a rimasticare una insulsa insalata di positivismo, materialismo storico e materialismo dialettico, attendendo dal fato e dallo spontaneo disgre– garsi dell'economia capitalistica l'av– vento del socialismo. Venuto il ino- niS'tri liberali, repubblicani, social– democratici e democristiani appari– vano perfettamente affiatati, com– prensivi e pieni di cordialità Puno per l'altro. La direzione dcll'MFE aveva rifiutato di far partecipare ai lavori congressuali gli esponenti di Unità Popolare e di Autonomia Socialista, e così erano rimasti padroni del cam– po soltanto i « lc_adcrs » di quei partiti che governano questo paese con un regime che somiglia tanto alla de– mocrazia. La popolazione genovese è ap parsa del tutto indifferente ai lavori del congresso, al movimento fede~ ralista e all'Europa unita e così pu– re la stampa. Era presente un solo in– viato speciale di un giornale to– scano, gli altri hanno fatto conto che il congresso non esistesse. Quest'as– senza dell'opinione pubblica nr•!1 ha turbato i dirigenti dell'MFE. Essi non si preoccupano molto della scarsa po– polarità che il federalismo suscita fra la popolazione italiana in particolare e quella europea in genere. Sono molto più «atlantici» che « eu~opei– sti ». Non li tenta l'idea di un grande stato europeo libero, indipendente e sovrano, tena forLa internazionale fra Stati Uniti e U.R.S.S. Il loro sguardo è purtroppo più lontano, è diretto a Washington più che a Pa– rigi, a Londra, a Strasburgo e a Ro– ma. Per la stragrande maggioranza dei federalisti italiani il confine della nuova patria non è nell'Atlantico, ma nel Pacifico, dove vivono popoli che essi aspirano ad imitare: i nativi del Giappone, delle Filippine e della Papuasia. FILIPPOJU.NCINI mento della lotta, di una lotta nella quale la posta è la vita, passano alla offcnsiva 1 armati soltanto del loro co– raggio. Sanno quel che li attende, sanno che l'avversario è incommen– surabilmente più potente di loro,· san– no che la viltà li attornia ed è loro più nemica degli stessi nemici: van– no incontro sorridendo al loro de– stino. Vogliono essere di esempio al– le nuove generazioni. Carlo Rosse/li si distaccò dal so– cialismo tradizionale e con i socia– listi in esilio ebbe non dimenticate polemiche, peraltro intonate sempre ad affettuosa pacatezza. Le tesi es– senziali del suo « socialismo liberale» (non vi può essere Libertà senza giu– stizia, né giustizia senza libertà), par– tono dal presupposto critico che il «sistema» marxista implica una po– sizione deterministica, ma il revi– Sionismo ha eroso alla base la dimo– strazione di Marx della necessità del– l'avvento socialista. La tesi socialista e socializzatrice, abbandonata come conclusione di un teorema scienti– fico, è stata. reintrodotta come pre– messa di fede. Bisogna ritornare, pur col decisivo apporto dell'esperienza marxistica, a posizioni volontaristiche e illuministiche.' Resisterebbe la critica rosselliana alla pressione degli avvenimenti odier– ni - vogliamo dire: manterrebbe inalterato Rosselli, senza una revi– sione coraggiosa, corrispondente al suo coraggio anche intellettuale e mo– rale, alcune sue pregiudiziali riguardo al marxismo, che politicamente si tra– dussero nell'« aclassismo» del Par– tito d'Azione? Non v'è tentativo più banale e inane di quello di inter– pretare il pensiero « attuale » dei morti: ma osiamo riten.ere che egli, di fronte alla « vocazione organica al fascismo » della classe dirigente italiana, dimostratasi clamorosamente anche in questi anni di governi « an– tifascisti», egli, così vivo e pronto alla interpretazione dei fatti, non esiterebbe a riconoscere ed assegna– re ancora una volta e preminente– mente alla classe lavoratrice il gran– dioso compito di difendere per sé e per tutti la libertà contro l'iniquità e la sopraffazione, perché solo la classe lavoratrice è profondamente interes– sata a conservare la libertà per avere giustizia. PU:RO CALEFFI SUELTA SBAGLIATA (c01ttinuazionedalla pa1. l) dirizzi nei riguardi della politica in– terna italiana. Prigionieri dei vostri a p,iori dogmatici. rimpis.ngete il fa). limento del 7 giugno, come sé a fab– bricare la democrazia europea, dalla quale attendete messianicamente la vo– stra salute, possano servire indifferen– temente regimi cli monopolio, destre politiche ed economiche, ecc. Avete ri– dotto il Movimento federalista ad una formaz_ione ausiliaria del Quadriparti– to a direzione democristiana; ad uno strumento di politica interna. Questo è l"errore che più ha dispiaciuto e più ha nociuto e nuoce al Movimento, ed al suo avvenire. Il mercato comune Accenni così sommari non mi consen– tono spazio per altre considerazioni re– lative - ad esempio - alla politica del mercato comune. La politica eco– nomica germanica vi è direttamente contraria; quella americana dimostra il suo disinteresse sostanziale, se non la sua opposi:t:ione : cioè per la seconda l'Europa ha un senso solo militare, per la Germania di Adenauer un limitato senso diplomatico. E credete di po- · tervi giovare per la costruzione euro– pea dell'appoggio di quei gr~ppi in– dustriali e finanziari francesi e tedeschi, ed anche americani, ed anche italiani, che combattono la CECA ed applaudo– no la CED? Non insisto nel discorso sulla CED. ll stato fatto e rifatto molte volte. ll una istituzione nata storta, e non mi pare più raddrizzabile; sono noti il suo costo. i suoi difetti, i suoi peri– coli e massimamente tra questi la cri– staHizzazione della separazione tede– sca, e la costituzione di una nuova zo• na critica in Europa, con due eserci– ti tedeschi, schierati uno contro !"al– tro lungo l'Elba. Conosco bene le dif– ficoltà di soluzioni alternative. Ma non posso non riconoscere che nella valu– tazione della maggior pericolosità sta il criterio decisivo di una scelta fede– ralista . Né posso arrendermi alle vostre il– lusioni sul valore strumentale in sen• so europeista della CED, il cui unico e serio avallo democratico - vi è stato detto da molte parti - poteva nascere dalla presenza di un parlamento de– mocratico e di un governo europeo. Tra i due problemi e le due soluzioni vi è profonda ed organica differenza: voi avete dato la prelazione al riarmo ger• manico, non alla comunità europea di cui l'esercito è un dato variabile e successivo, non un dato fisso ed a priori. Due contraddizioni E la CED, per la quale combattete, renderà più difficili ·e prob,lematici gli r.viluppi europei che dovevano essere il vostro scopo primario. Se lo fosse– ro stati è alla campagna per la comu– nità ~he avreste in questo momento dato tutto il vostro impegno. Alla contraddizione di un Movimen• to superiore ai partiti che si riduc~ a monopolio di alcuni partiti, avete aggiunto la contraddizione di un Fe– deralismo che al momento decisivo non dà la battaglia federalista. Io ho reso omaggio molte volte ai meriti, alla tenacia, alla capacità di• lavoro dei vostri dirigenti. b con ram• marico profondo che sono costretto a rendere pubblico ed aperto il mio dissenso perché non possa essermi rimproverato il mio silenzio. Mi augu– ro che una seria revisione possa ri• stabilire le condizioni del lavoro co– mune. Vostro t't:RRllctlO PARICI Romfl, 9 giugno 1954.

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