Nuova Repubblica - anno II - n. 12 - 20 giugno 1954

B 8 PLAUSI e botte Ì: Sebbene non se ne se11tisse il bi– sog,io) specialmente dopo l'esilaran– te lettera pubblicai.a da Tutti, San– dro M ontanelli ha voluto darci, sul Corriere della Sera, un'ennesima. pro– va dell'imbecillità che sembra con– geiiita a certa borghesia italiana e non è un monopolio, evidentemente, del Borghese longanesiano! Dopo aver constatato che il grido « Si mangia, eh? », pronunziato in vari accenti e con diverse sfumature dia– lettali, è uno dei pochi denom.ina– tori com.uni a tutte le regioni italia– ne, l'emerito Girella fucecchiese con– fessa onestamente d'essersi, ur_item– po, lasciato vincere dalla debolezza di credere che quel grido « fosse do– vuto a u11 accumulo secolare di fame ... che ci fosse l'affermazione di 11n legittimo diritto a fare altret– tanto da parte di chi invece non poteva ... e anche un po' di istanza sociale, cioè di insurrezfone degli sto– niachi vuoti contro gli stomachi pie– ni e in via di riempirsi ... ». Ma oggi no, pe,bacco! O per chi l'avete pre– so il Montanelli? doue andrebbe a. finire la sua smaliziata, scanzonata, spregiudicata, ecc. ecc. intelligenza toscana, se accettasse, pari pari, una diag,iosi così banale, così floscia, co– si sbiadita? Istanza sociale? legit– timo diritto? fame secolare? Balle! « Ci sono dei partiti politici i quali su questo grido canipano, e ci han– no ricamato sopra una dottrina .... Non mi vengano a romper le scatole con Marx, Engels, /-{egel, il materialismo storico e la dialettica. Tutto questo si traduce nell'urlo che ogni italiano, nutrito o denutrito che sia, è sempre pronto a lanciare a ognuno degli altri quarantasei o quarantasette milioni d'italiani, qumulo vede che si nutre, e sempre e dovunque sullo stesso tono, mescolato di sarcasmo, di di– sprezzo, di odio e di livore. Ecco perché in questo nostro beato paese ha più fortuna chi promette di a/• famare chi mangia, che non chi pro– mette di dar da mangiare a chi ha fame ». Insomma, considerata la minor fortuna di chi promette pa– "ternalisticamente di « dar da man– giare a chi ha fame>, rispetto a chi ne fa invece un problema di giu– stizia sociale, « in questo nostro bea– to paese » la borghesia italiana di– chiara, per bocca del suo profeta: « non rompetemi le scatole ». In al– tre e men volgari parole, a una qual– siasi soluzione preferisce la nega– zio11e irrespoTlsabile e fascista del pro- blema. · ef::J E in ciò si trova naturalmente in buona compagnia con le forze più intimamente retrive del cattolicesimo. Si legga quanto scriue il settima• 11ale cattolico-sociale La vita del po– polo nel numero del 28 marzo scorso, articolo di terza pagina. Certo non siamo più in presenza dell'argentea prosa montanelliana ( potevamo dire anche aurea, ma rende meno l'idea); tuttavia la sostanza è la stessa. Ec– co qua, in un dialogo scritto in dia– letto ( evidentemente per meglio « an– dare verso il popolo»): « NANE: El Signor permete. el dolor per amor ... Lu sa quel che torna conto al no– stro uero ben. I Santi che se fidaua de la so bol'ttà i dixeua: "oh! che grassia che xe sta disgrassia.1 Oh! che ben che xe sto mal! " - TO– N I: Anche questa xe grossa. Por– cassa niiseria! Ma gran fato che la sia na grassia quando, per esempio, go fame e no go gnente da magnar? - NANE: E se el medego lo proi– bisce, la mama ghe dala da magnar al fiolo che ga fame?» ecc. ecc. Come si vede, tolte alcune trascurabili pecu– liarità di forma, la concordanza so– stanziale è perfetta. Tanto per l'ex– eroico ufficiale del X X battaglione Eritreo, quanto per lo spiritoso ar– ticolista della Vita del popolo,, il problema non consiste - come qual– che cristiano, allontanato dall'Azio– ne Cattolica per errori teologici, po– trebbe credere - nel « dar da man– giare agli affamati», che sarebbe già qualcosa. Per codesti signori il pro– blema è affatto inesistente opJ,ure - IO o se proprio lo si vuol porre, dal momento che esso è il frutto della diabolica invidia degli italiani -, si pone negli elementarissimi termini di convincere gli affamati che essi - a forza di veder mangiare gli altri - credono di auer fame. In realtà, fa– m.e non hanno; che anzi, se per essi un pericolo esiste, è quello di man– giar troppo. Onde la cura migliore è un'ulteriore riduzione del menù, co– me infatti fa il medico coi suoi ma– lati. E se el medego /i{' proibisce, la mama ghe dola da magna, al fiolo che ga fame? Interrogazione retorica. No e poi no, porcassa miseria! I Il modo in cui si sono svolte le celebrazioni dell'ottavo anniversario della Repubblica, soprattutto nel Me– ridione, è un'ennesima conferma del dogmatismo che pesa funestamente sulla scena politica italiana, persino nelle occasioni in cui non vi può essere conflitto di idee o di interessi. Così, si veda quanto è successo a Bari, dove U.P. e il P.S.J. inutilmente hanno tentato di organizzare per il due giugno una commemorazione uni– taria dei martiri a,itifascisti. Quella democrazia cristiana, che nelle ultime elezioni ammùiistrative non ha esitato ad apparentarsi con monarchia e fascisti in nove comuni su dieci e che non trova difficoltà ad accordarsi con gli stessi comunisti ogni qualvolta vi sia da spartire una torta, questa stessa democrazia cristiana non ha provato vergogna ad assentarsi - _perché vi partecipavano anche i co– munisti - da cerimonie pubbliche in cui si doveva solo manifestare il co– mune rispetto -;ra-- uomini che, pur professando differenti ideologie, so– no morti per combattere un regime tirannico. Simile atteggiamento ( né occasionale, né sporadico) rivela an– cora una volta il carattere intima– mente reazionario della Democrazia Cristiana, che mentre al centro ma– nifesta, sia pur debolmente, il pro– prio attaccamento a determinati va– lori ideal() e storici, tali valori teme perfino di rammentare in quella pe– riferia, dove essa ama proteggere gli interessi delle vecchie classi dirigenti. II: la bivalenza che già il Tasca, trat– tando del partito fascista, indicò come tipica dei partiti reazionari: bivalenza aggravata, nel caso specifico, da u,1 plurisecolare costume gesuitico. Cer– to è triste constatare che neppure nella celebrazione di uomini come Rosselli, Gramsci, M atteolti, A men– dala, Don Minzoni si trovano oggi concordi i partiti che delle rispettive ideologie si proclamano i continua-. tori. Ciò tuttavia iion ci induce a considerazioni troppo pessimistiche sul futuro; ché anzi una ben diversa con– vinzione siamo portati a trarre dai sintomi che spontaneamente prorom– pono dagli uomini di buona vo– lontà e soprattutto dalla nuova e razionale coscienza che di quei va– lori vanno acquistando le genera– zioni più giovani. ~ L'attuale sinistra del PSDI è pro– prio quella che ci uuole per Saragat. Una sinistra, cioè, che abbaia e non morde e che può anche addirittura non abbaiare, se si ha l'accortezza di buttarle un osso in bocca al mo– mento opportuno. Ora poi che il PSDI è al governo, ci spieghiamo me– glio certi improvvisi cedimenti, certe fulminee defezioni dal corpo di quel– la che ancora al Congresso di Ge– nova era una sinistra sul serio, e non per burla. Con quali commossi accenti avevano dichiarato la loro fe– deltà alle tesi della sinistra di Genova alcuni nostri autorevoli ex compagni. L'han giurato! Ma si sa: giurare è facile, mantenere è difficile. Soprat– tutto quando in un congresso si re– sta minoranza, e non minoranza di comodo (com'è la sinistra di oggi), ma minoranza di scomodo (com'era la sinistra di allora). In questo caso, non c'è da a.spettarsi gratifiche, dop– pi stipendi, tredicesime menvlità dal padrone del vapore; nell'altro, invece, tutto è possibile: anche essere pro– posti a Presidenti del Consiglio su– periore delle miniere, come sembra sia avvenuta ultimamente per l'ex– deputato Cavinato, già acceso leader della sinistra autonomista, caldeggiato oggi per tale rispettabile carica dal vice-presidente del Consiglio on. Sa– ragat presso il mi,listro dell'industria on. Villabruna. NUOVA REPUBBLICA LIBRI E PROBLEMI LA « Non è senza esitazione che affido alla stampa una così modesta opera sopra un così ricco tema ». Queste parole, poste dall 'A. in cima al vo– lume, ben più si addicono - 11111/a– tis 11111tr111dis - a chi si è assunto il non facile compito di presentare que– st'opera a una larga cerchia di lettori. Anche se lo ]emolo ritiene infatti che « l'analisi della crisi dello Stato moderno potrebbe avere ricchissima documentazione», non v'ha dubbio che di documentazione nel volume ce n'è, e ricca e varia e probantè'. Né poteva esser altrimenti, dal momento che l'A. si è precluso volontariamente ogni compito di riformatore o di profeta, per limitarsi (ma i limiti son dav– vero ampi) a una descrittiva, diremmo a una sintomatologia della crisi dello stato, nel suo aspetto morale, econo– mico, politico e amministrativo. Proprio per questo, non ci pare del lutto legittimo il dubbio avanzato da un recensore, secondo jl quale, di fronte a opere come questa, il lettore non provveduto resterebbe disori'entato e non trovando indicato alcun rimedio alla vastità e 1,>rofondità dei mali de– scritti, sar,i,bbe indotto alla rassegna– zione fatalistica e al timore opprimen– te del peggio. Perché è evidente, da una parte, rhe ]emolo non è per sua natura un pessimista o un rassegnato, ma che anzi, lui, uomo di studio co– me altri mai, non disdegnò e non di– sdegna di inserirsi nell'agone più ac– ceso della lotta politica; dall'altra, che ugualmente non è nella mentalità di ]emolo « far politica» condizionan– do o quanto meno commisurando le proprie idee e le proprie azioni alle ripercussioni che possano avere sugli altri, sull'opinione pubblica e sia pure sulle "masse" (che è - se non an– diamo errati - una forma, se pur me– no grave, di demagogia). Il suo at– teggiamento, in questa e in ogni altra occasione, non è di malintesa superio– rità o disinteresse: è piuttosto quello di chi, come uomo, si sente di poter additare agli altri anche i11 politica non un c_redoo un'ideologi_a. ma piut– tosto la rinuncia a ogni sorta di mito– crociata, cioè al conformismo, e - po– sitivamente - di indicare la via del– la sincerit:\ e dell'onestà, anche se que– sta, per avventura, sia fatta di dubbi o appena di presentimenti. Il discorso, che pur ci porterebbe lon– tano, non è poi così fuori tema come potrebbe sembrare. ]emolo infatti - onestamente - ha creduto di poter sug– gerire alla riflessione altrui i sintomi, i fatti e fors'anclie le ragioni che pon– gono in crisi il funzionamento o ad• dirittura l'esistenza dello stato moder– no, anche se da un punto di vista che, nonostante ogni apertura sociale (o forse proprio per questo), resta pro– fondamente liberale. E si augurerebbe anche che la stessa indagine da lui con– dotta potesse esser ripresa e ampliaia da altri con diversi punti di vista (ve– di in proposito la premessa). Quanto ai rimedi, va da sé che, qualora si fossero chiarite le cause della crisi e si fosse d'accordo su al– cune fondamentali tr:!,.di esse, si sa– rebbe già molto avanti. E mentre non era intenzione né compito dell'A. deli- CRISI STATO neare un nuovo tipo di stato futuro o ideale, né offrire un programma defi– nito di azione politica (a chi poi? a se stesso, o a quei pochi altri che condi– vidono la sua impostazione?), ha tutta– via cercato ,di vedere alcuni capisaldi sui quali potrebbe basarsi una ripresa non fittizia o apparente della vita ed efficienza dello stato. Ma vediamo più da vicino. Stato moderno - egli chiarisce pili volte in un lungo esame storico-istitu– zionale dei grandi organismi politici dell'Europa occidentale - è quello nel quale si è instaurato un deciso, effet– tivo potere cen1rale, una indiscussa unità d'interessi dei suoi associati, una sovranità assoluta dei suoi organi ri- ~RTIJBO (). .JEIIIOLO La cr1s1 dello Stato moderno Laterza - Bari t 9 S 4 spetto a ogni .altro potere interno o, esterno (la Chiesa, per es.). Stato mo– derno è soprattutto quello, dal punto di vista giuridico, che ha assunto su di sé, senza complessi di dipendenza, la facoltà di sceverare e stabilire i propri fini. Ciò si è verificato sto– ricamente, anche se in un lasso di tempo piuttosto ampio nelle varie zone europee, dopo la fine delle guerre di religione, proprio con_ l'instaurazione nel suo interno del principio della tolleranza. Ora è accaduto che, mentre nel suo sorgere, ogni maggior potere assunto dallo stato nei riguardi dei cittadini, della loro el.onomia, dei loro stessi co– stumi, ha costituito un suo rafforza– mento e una sua maggiore funziona– lità .(né si può dimenticare una sua grande forza morale: l'idea di nazio– nalità, operante incontrastata per quasi tutto l'ottocento), in seguito, l'allar– garsi e il rafforzarsi di un potere cen– trale ha dato luogo a una sempre maggiore burocratizzazione e isterili– r~ento della vita civile, amministrativa e giudiziaria (la burocrazia si è addi– rittura sostituita ai ministri, l'econo– mia controllata o diretta dallo stato ha sostituito l'impresa privata, la clas– se politica è andata sempre più sca– dendo), mentre il sorgere di nuovi vin– coli e di nuove ideologie a tipo ri– gido e l'irreggimentarsi dei cittadini in partiti a struttura chiesastica, ha incrinato la saldezza morale che fu già dello stato ottocentesco, col con– seguente affievolimento del senso della comunità e la perdita di qualsiasi mito o idea-forza dello stato stesso. Troppo note ai nostri lettori sono d'altro canto le critiche dello ]emo– lo allo stato dei nostri giorni (cri– tiche volte soprattutto a mettere in evidenza le conseguenze disastrose per la vita del paese della partitocrazia, dei connubi delle /orze politiche con interessi industriali e finanziari, ·della decadenza di istituti fondamentali come quello della giustizia, della scuola, della libertà di stampa e di propa– ganda), perché valga la pena di fer– marcisi oltre. Ma ci piace menzionare, se non riferire, certe proposte che egli avanza per la soluzione dei tre pro– blemi che attualmente sembrano di più geòerale interesse: quello dei partiti, quello della formazione della pubbli– ca opinione, quello dei rapporti fra lo stato e i suoi dipendenti. Che è come dire - come ]emolo stesso di– ce- il problema di un costume poli– tico « di tolleranza, di discussione, di convincimenti fermi, ma alieni d~ dog– matismo»: in una parola, di libertà e di democrazia nel senso più vero dell'espressione. E se il problema è questo, c'è oggi qualche speranza che se ne avverta al– meno l'urgenza della soluzione? Un passo soprattutto sembrerebbe lasciarci nell'imbarazzo della negativa. Di fron– te al formarsi 'di una coalizione che non ha che un nemico da combattere e che non si scioglierà se non dopo averlo debellato (anche se per caso - ci sia concessa l'aggiunta - dovesse insieme al nemico distruggersi anche la casa stessa in cui viviamo) « rimar– rà - scrive l'A. - un certo numero di uomini che non metteranno limiti alle loro critiche, che rifiuteranno di · sacrificare alle esigenze di una coali– zione i loro convincimenti radicati, che crederanno nella forza della verità, di tutta la verità, che rifiuteranno la scelta tra due sistemi che credono en– trambi cattivi, che penseranno che anche in certe ore pericolose la sola cosa che conti sia di "salvare l'anima". Ma - conclude - saranno individui isolati, dei quali i partiti riterranno di potersi disinteressare». Alla punta di sfiducia che sembra affacciarsi da tali parole, vorremmo contrapporre, ce lo consenta l'amico e maestro }emolo, la convinzione, suf– fragata dall'esperienza, che i « senza partito», ma spiritualmente liberi e perciò -critici verso l'attuale nostra si– tuazione, non si scoraggiano per l'esi– guità del loro numero, né pensano che la loro sia una « resistenza » per– duta: anzi son certi che mai come in questo momento, nel quale la chiusu– ra e il dogmatismo dei partiti rischia• no di condurre il paese a una nuova catastrofe, è importante ed utile la loro presenza. E c· è di più: vorrem– mo ripetere all'amico ]emolo che l'aver– lo e il sentirlo con loro, non sarà per essi cosa di poco conto. 0 JIAUCELLO TltENTANO\'t: NUOVA .REPUBBLI @VINDICINAI.B POI.ITICO Esu il 5 e il 20di opi mest inottoopiùpqine Comilalo DircUi1Jc>: P. cmm . !. CODIGNOLA • A.GREPPI •P.IITTORElll Se&rtlaria di redaaio,u: G.UVATI R•daaion•r Flrenae, Piana della Libertà, 15 (5099f) .Ammini.,, .. wn•: Fi1·enze,Plaua lndiptndtnza, 29 ( 103207-08) Abb. annuo (Italia e Francia): L. 850, semestrale L. 450, trimestrale L. 250 (Estero, rispettivamente, 1100, 600, 300). Abb. sostenitore: L. 5000. Sottoscrizione mensile: L. 200. Un numero ordinario: L. 35 (Este,o, 45) Un numero arretrato: L. 40 (Estero, 55) Un'annata arretrata: L. 1000 (Estuo, 1200) o/o po1taJe S/6261 (L• Nuo110 /udia) Firense A11to,\11.lltl Ttlb. di Flrtn1t n. 1!17811•180-12-1962 ~tabilimcnti tipolitografici Vallecchi Firenze, Viale dei Mille, 90 Respon,_abilc: Tri1111no Codiznola

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