Nuova Repubblica - anno II - n. 4 - 20 febbraio 1954

2 NUOVA REPUBBLICA -~-------------------------------------------------------------------------------------.:.. fascismo che si riscontrano nelle destre « nazionali » e clericali sono anCora lungi dal preoccupare, col travaglio e col fermento che sta agitando in questi mesi il mondo cattolico in Fran– cia e in Italia. Non si tratta nemmeno di lottare contro il fascismo esterno, perché Eisenhower non è Hitler e Churchill non è Mussolini; né i loro av~rsari sovietici o comunisti li de– finiscono come- tali. Si tratterebbe caso mai di lottare a favore della politica estera di una delle grandi potenze con– tro quella delle altre; ma allora il discorso cambia. Anche i democratici ostili alla C.E.D. non ce l'hanno contro l'America più di quanto non ce l'abbiano contro la Russia e quindi questo solo motivo non potrebbe bastare a creare una co– munità permanente d'interessi con _i comunisti: tanto pili che questi sono ostili a tutto quello che fa l'America e sono invece favorevoli a tutto quello che fa la Russia. La politica estera è proprio l'ultimo terreno sul quale sia oggi possibile un dialogo ve~amen-· te fecondo fra comunisti e democrati– ci: poichi questi ultimi, anche quando siano ostili alla C.E.D., per il fatto stesso <he, hanno scelto la posizione più difficile e più impopolare nel c~mpo occidentale, quella dell'indipen– denza non solo dalla Russia ma anche dall'America, difficilmente potrebbero andare d'accordo proprio con chi ma– nifesta l'indipendenza solo a senso uni– co, verso l'America, mentre non sa che cosa sia quando si comincia a parlare della Russia. E un vecchio motivo permanente di divisione, che già esisteva nell'emi– grazione antifascista, quando fu pro– prio il dissidio, non sulla politica estera sovietica (che allora era pi,, accettabile di oggi, almeno fino al l 939), ma sulla possibilità di esprimere qualche riserva nei suoi confronti, se l'occasione se ne fosse manifestata (e si manifestò, e come, poco dopo, cql patto di non-aggressione con Hitler!), che impedì a GiJwizia e Liber1,ì di accordarsi con i comunisti su una co– mune associazione di massa, l'Unione Popolare, e un comune organo quotidia– no, il Corriere degl' /1alia11i. li che non impedì poi a G. L. di trovarsi in lot– ta insieme ,on i garibaldini comunisti nella lotta partigiana. Un dialogo con i comunisti è pos– sibile solo escludendo pregiudizialmen– te senza equivoci qualunque movente di politica estera e ponendosi degli ob– biettivi concreti ma limitati che miri– no a modificare le strutture economi– che e sociali italiane, senza compro– mettere la stabilità del regime demo– cratico e senza preparare l'avvento di sorpresa di un regime di democrazia popolare. Vi è chi potrà dubitare del– la lealtà dei comunisti e dei loro al– leati. Il loro atteggiamento nei paesi dove i democratici si sono fidati di loro non è certo incoraggiante. Ma il p111sch di Praga, i colpi di Stato progressivi e a ritardamento degli al– tri paesi orientali, il monopolio del potere in Jugoslavia e in Albania, non sono passati per niente. Gli elettori italiani, anche non pregiudizialmente anticomunisti, · han~o reagito col l8 aprile. E i comunisti italiani sanno che cosa significa un• 18 aprile. Ma si hanno anche esempi di lealtà comuni– sta, quando l'interesse delle due parti che collab_orano coincida. Lo si è vi– sto nei primi tempi del C.L.N., lo si è visto con Badoglio o con la ·tr~– gua istituzionale. Esiste oggi un interesse che possa in– durre i comunisti a collaborare leal– mente con le altre forze democratiche' Esiste una situazione interna e inter– nazionale che non metta troppo rapi– damente a repentaglio tale lealtà' A prescindere dalla C.E.D., non v, è dubbio che i comunisti affermano di vo– ler lottare contro un'involuzione rea– zionaria della società italiana, che essi propugnano obbiettivi di riforma so– ciale da attuare_ nell'àmbito del regime democratico su cui sono concordi tut– ti i democratici, che infine il perico– lo, seppure ormai più distante, di una involuzione neofascista o monarchica, può costituire un terreno d'intesa. Ma è evidente che finché il terreno inter– nazionale non sarà sgombrato dalle macerie della guerra e d~ll'immediato dopoguerra un dialogo sarà difficile, anche in politica interna. Quel "!omento può tuttavia venire e non ci deve cogliere impreparati. Se è vero che non si può fare una politica di sinistra con una metà sol– tanto della sinistra (che in Italia è fors' anche meno della metà), è anche • vero che la metà della sinistra che in Jtalia è fuori dal giuoco attivo della politica italiana lo è per colpa delle 1 ella situazione che SJ è venuta a creare dopo la crisi del governo Pella e dopo l'effimero tentativo Àrnfani, in un momento in cui il problema della direzione politica del paese si presenta particolar– mente difficile, e quando ormai ap– pare a tutti chiaro che qualsiasi soluzione porterà il segn@ della provvisorietà e del compromesso, Unità Popolare sente il dovere di esaminare le più recenti esperienze, e di precisare, in base ad una va– lutazione dei fatti, la sua posizione. Nonostante le incertezze e le dif– ficoltà del momento, dagli avveni– menti svoltisi dopo le elezioni del 7 giugno Unità Popolare è indot– ta a riaffermare la propria fedel– tà ai motivi che determinarono la sua partecipazione alla lotta eletto– rale e a constatare che le conse– guenze del responso delle urne han– no almeno in parte corrisposto alle previsioni che hanno accompagnato quella partecipazione. L'appello che Unità Popolare ri– volgeva agli elettori muoveva da una decisa ripulsa della politica del quadripartito; ravvisava in tale politica la causa di un atmosfera di equivoco e di confusione nella qua– le uomini e tendenze smarrivano la chiarezza dei loro tratti distin– tivi e la loro ragione d'essere; de– nunciava il pericolo della trasfor– mazione della Democrazia Cristiana in un regime qualificato dalla' sua intolleranza confessionale e dal suo sostanziale conservatorismo, mala– mente nascosto sotto la maschera di una demagogica sollecitudine per i problemi sociali; rimproverava ai partiti minori di centro la loro abdi– cazione di fronte al maggiore allea– to e la loro rinunzia a una pro– pria specifica funzione politica; am– moniva contro i pericoli di una po– litica di divisione del popolo ita– liano, che un malconsigliato arti– ficio ·elettorale tendeva a rendere piit profonda e definitiva. L'eletto– rato ha dimostrato cli approvare queste posizioni, contenendo la vo– tazione riportata dalla Democrazia Cristiana in I imiti che non le con– sentivano l'attuazione dei suoi dise– gni e pronunciando una severa con– danna contro i partiti apparentati. L'esperienz-a successiva ha dimo– strato che U.nità Popolare non aveva errato nel mirare a questi risultati, come condizione impresdndibile del soddisfacimento di alcune fonda– mentali esigenze. Da essi _ha pre– so origine un processo di chiarifi– cazione della situazione politica ita• liana: nella Democrazia Cristiana e fuori di essa. gruppi e tendenze stanno mostrando più chiaramente il proprio volto. stanno portando dinanzi all'opinione pubblica le lo– ro particolari posizioni e i loro <ontrasti. I partiti minori, grazie al provvido intervento delle cosiddette « liste di disturbo », hanno riacqui– stato una parte di quel peso poli– tico che era venuto scomparendo a causa di una lunga serie di errori e che essi avrebbero definitivamente perduto con la conquista della maggioranza assoluta da parte della Democrazia Cristiana. E se, in se– no al cosiddetto centro laico, al- Bi o ec no B1 sut connessioni internazionali con for– ze e con paesi dove si è constatato recentemente che l'obbiettivo principa– lé dei comunisti nelle loro alleanze democratico-popolari era quello d'im– padronirsi del potere assoluto, metten– do fuori legge ogni avversario, non esclusi gli alleati che li avevano sor– retti nella ascesa al potere. Se l'estre– ma sinistra vuole rientrare nel giuoco democratico, oggi, deve dare senza chie– dere, perché ogni sua richiesta fareb– be nascere il sospetto di essere rivolta a quel fine, anche se deve dare, na– turalmente, solo quando valga la pena di dare, dimostrando così di essere di– sposta a partecipare al giuoco democra– tico senza secondi fini. Comincino i socialcomunisti ad ap– P(?ggiare a fondo, con i loro voti in Parlamento e con la loro azione nel paese e nella stampa, un'iniziativa ri– formatrice di qualche ministro demo– cristtano o socialdemocratico, indichi– no chiaramente di essere pronti a forni- cuoi dimostrano di non a,·ere nulla appreso dalle elezioni del 7 giugno, altri sembrano dare qualche segno, sia pure senza una linea logica e coerente, di una maggiore consape– volezza della propria funzione po– litica. li bilancio che essa crede di po– ter trarre dalle esperienze post– elettorali non impedisce però a Unità Popolare di vedere i gravi pericoli della presente situazione, la quale sembra talvolta irrigidirsi sempre più nell'alternativa tra una direzione politica di destra, che pre– cluderebbe al nostro Paese qualsiasi possibilità di rinnovamento, e un esperimento di estrema sinistra, de– stinato a troncare sul nascere ogni tentativo di ripresa démocratica e a imporre all'Italia un processo di sovvertimento, estraneo alla coscien– za del popola italiano, sollecitato e diretto da forze esterne. Non si creda di trovare un ripa– ro a questi pericoli in troppo facili 61UNTd NBZIONBLE . DIUNITd POPOLBBE Dichiarazione sulla crisidigoverno (Ro~u · 6 Febbr. 1954) coalizioni, prive della necessaria ba– se di sincerità e di chiarezza, quale era il superato quadri'partito; né in altre coalizioni, altrettanto equi– voche, che paiono talvolta suggeri– te da richiami a schemi di fronti popolari, privi di una concreta ri– spondenza nell'attuale situazione po– litica, La sola possibilità di sottrarre il nostro Paese all'alternativa degli estremismi e al trasformismo cor• ruttore delle artificiose e mutevoli • alleanze sta, a giudizio di Unità Popolare,. in una concentrazione del– le forze democratiche di sinistra, che consenta a queste di divenire un fattore determinante della direzione politica italiana. Funzione per la quale non mancherebbe ad esse una base adeguata di consensi e di vo– lontà. Larghi strati della popola– zione sono sinceramente affeziona– ti, per temperamento e per tradi– zione, o in grazia alla lezione del– le nostre tristi esperienze, alle isti– tu~ioni democratiche e sono quindi alieni da avventure totalitarie di destra o di sinistra; sono sensibili alla necessità di difendere lo Stato dagli attentati di un clericalismo intollerante; sanno quanto le no– stre strutture politiche e ammini– strative siano logore e inefficienti, e le vorrebbero rinvigorite e ram– modefnate; sentono la necessità di una profonda trasformazione della nostra società, decisi ad attuare le riforme eh~ essa richiede. Ma uno schieramento di sinistra re una maggioranza di ricambio, se non alla politica generale di un governo, per lo meno a quegli atti politici che una parte della debole maggiocanza governativa potrebbe osteggiare, faccia– no, i deputati del P.S.J., quando i co– munisti non siano d'accordo, quello che hanno fatto tante volte i deputati sin– dacalisti democristiani quando si sono divisi dal loro stesso partito, e allora il dialogo diventerà concreto, ogni so– spetto di un doppio fine propagandi– stico sarà fugato, e la democrazia ri– comincerà a funzionare. Jn altri termini, i democratici pos– sono accettare la collaborazione dei co– munisti per cambiare ogni cosa al mondo, fuorché modo stesso di cam– biare le cose, che è quello democra– tico. Le esperienie dei comunisti a I potere, in questè anni, indicano purtrop– po che la cosa principale che li inte– ressa è precisamente di cambiare il modo di cambiare le cose. PAOLO VIHOIIEl,1,1 democratica che si rendesse inter– prete di queste diffuse aspettative avrebbe oltre al merito di rendere politicamente attive larghe corren– ti dell'opinione pubblica, quello di rafforzare, anche fuori del proprio seno, le tendenze più aperte a svi– luppi democratici. Una concentra– zione di forze democratiche di si– nistra, capace di concrete e imme– diate realizzazioni, creerebbe una situazione favorevole per una evo- 1 uzione del Partito Socialista Jta– liano verso posizioni più consone ai reali interessi delle classi lavo– ratrici e del paese mettendo in ogni caso alla prova i propositi delle sue sfere dirigenti. In quel mondo di– scorde e contradditorio che è la De– mocrazia Cristiana sono d'altra par– te rappresentate genuine forze pQ– polari, che da un saldo schieramen– to di sinistra democratica trarreb– bero conforto e sostegno, per una loro più decisa affermazione di fronte agli interessi che premono sul Partito e alle tendenze retrive che in esso si muovono. Il Partito Liberale, il repubblica– no, il socialdemocratico vorrebbero assumere una simile funzione, ma sono impari al loro compito. Le cause di questa insufficienza devono essere ravvisate, ora nell 'inammissi– bile connubio cli forze sinceramente democratiche con tendenze illibe– r;ili e conservatrici; ora in una scar– sa aderenza dei gruppi dirigenti al– la tradizione del partito e allo spi– rito che ·ne anima la base; ora in una inadeguata coscienza della fun– zione che queste formazioni politi– che sarebbero chiamate ad assol– .vere. Ma la causa principale della incapacità dei tre partiti del cosid– detto centro laico ad esprimere le istanze delle forze democratiche di sinistra sta nel loro particolarismo, nella loro mancanza di forza espan– siva, nei loro metodi di azione, che inaridiscono, con la sterilità degli schemi organizzativi, qualsiasi fer– vore di vita all'interno dei partiti e qualsiasi spontanea corrente di adesione. Unità Popolare pur augurandosi che queste cause di debolezza della sinistra democratica italiana possa– no essere superate e pur dichiaran– dosi disposta a collaborare con quel– le più ampie formazioni che appa– rissero possibili su una base '\:li sin– cerità e di chiarezza, si propone di continuare a raccogliere intorno a sè tutte quelle forze democratiche e socialiste che non trovano nell'at– tuale schieramento politico italiano una adeguata espressione, offrendo ad esse, al di sopra di sterili con– troversie ideologiche, di contingen– ti contrasti di tendenze o di tempe– ramenti, di ingiustificati partico– larismi, .un comune terreno di la– voro. Forte dei consensi che ha finora raccolti e di quelli che con– fida cli ottenere Unità Popolare con– tinuerà a far sentire, nella vita po– litica italiana, quella voce che es• sa ha levato, non senza frutto, nel– le elezioni del 7 giugno: una voce coraggiosa e sincera, schiva di de– magogia e di comproniessi, ispira– ta alla severità e alla fermezza che l'attuale momento richiede. I gio'1ani nella società Que.rli d11e articoli, da cui risaltano dut' divers-i atteggiomulli, ini:ia110 uno rubrira che si re11dcva ormai ,1ecessaria. Non cer– to per ripetere 11tme querele, ma />er tsa• mi,,are e dibattere con la massima atten· :ione i problemi spui/ici di 11110 genera· .:ione, il suo 1·ario atteggiarsi rli,w,i:i ed e11tro la società, ove « dt've » muoversi indiSJolubilme11te l,zata al più largo destino del J1aese e della classe lavoratrice. La rnbrica darò inollre 1111 notiziario sulle forme di vita assorialii:a nel campo stude11tesco come i,l o,:11i altro che veda i 1:iovm1i im/Jt'J:11ali con i loro moltepliri interessi e bisogni. UGI, CO!IPITI NUOVI L ' ADESIONE degli studenti di base alle att;.,ità degli organismi rap– presentativi universita.ri si è fa't– ta man mano più ampia, da quando si è precisato l'impegno di chi alla Rap– presentanza è preposto per quel che concerne l'azione e lo studio dei pro– blemi che assillano quanti vivono la loro quotidiana esperienza negli Ate– nei italiani. Lo stretto nesso esistente tra i di– versi problemi universitari ed il com– plesso dei problemi dell'intera vita na– zionale potrebbe indurre a ravvisare quale freno a più ampie iniziative quei gruppi che si distinguono in quanto specificatamente universitari. Si potreb– be ritenere cioè che i gruppi facenti ca– po all'Unione Goliardica Italiana, svin– colati da tutte le organizzazioni che di– rigono ( e soffocano) la vita politica e culturale del nostro Paese e contrad– distinti solo dall'istanza laica, rifug– gano dall'impostare problemi a più am– pio raggio. Viceversa, in seno agli organismi rap– presentativi di sede e nella Unione Nazionale Universitaria Rappresentati– va Italiana, i goliardi sono stati i pri– mi a porre l'esigenza del collegamen– to con Ja realtà extra•universitaria, vuoi proponendo un piano d'attività cul– turali idoneo a portare nel mondo ac– cademico alcune espressioni della cul– tura moderna che ne sono tuttora ban– dite (ed una notevole benemerenza si sono già acquisiti, ad esempio, i Centri Universitari Cinematografici), vuoi attraverso lo studio dell'organiz– zazione delle varie facoltà con I' esa– me della loro rispondenza alle esigen– ze professionali, il parallelo con l'or– gani.zzazione delle scuole di lavoro e l'esame comparativo della disoccupa– zione intellettuale e di quella della mano d'opera. .E evidente che, impostando in base a questi criteri la propria azione po– litica, l'Unione Goliardica Italiana do– veva precisare la sua posizione critica nei confronti dell'ordinamento attuale della società italiana. A questo com– pito si è appunto accinta l'U.G.I.• nel suo ·ultimo congresso (Milano, dicem– bre u. s.): ebbene, gli universitari laici si sono posti come forze di rinnova– mento della società italiana e, come tali, hanno operato un'apertura n<;i confronti <li tutte quelle organizzazio– ni che agiscono con un certo peso nel paese e possono concorrere ad uno sblocco della situazione presente, deter– min~ta dall'insufficienza e dalla chiu– sura ·mrntale della nostra classe diri– gente. Quest"ansia di rinnovamento oggi in– comincia a farsi sentire anche nella scuola media e non è senza sig11ificato che i giovani che fondano giornali, cir– cpli, associazioni di istituto si rivol• gano all'U,G.J.; i motivi ispiratori sono comuni e l'U.G.I. intende impegnarsi anche in questo nuovo settore, come è apparso a Milano dalla calorosa rela– zione congressuale di Paolo Ungari. Su questo terreno, però, uno strettissimo collegamento sarà pure necessario con i professori laici, insie,ne ai quali va combattuta la battaglia per la difesa della sc;1ola.· Un collegamento con i docenti sarà pure necessario per quel che còncer– ne la riforma cieli'insegnamento uni– versitario: gli universitari dell' « Inte– sa » non fanno che ripresentare pro– poste di esponenti della cultura catto– lica, esposte Ù' altra sede. Queste pro– poste, il più delle volte, hanno susci– tato le reazioni di parte laica; ma le reazioni non bastano, occorrono dei pro• getti e controprogetti e perciò cresce l'urgenza di frequenti incontri tra gli

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